T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 24

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 Con atto consegnato per la notifica il 27 gennaio 2004 – depositato il 2 marzo 2004 -, il ricorrente impugna il provvedimento con il quale il Questore della provincia di Latina ha revocato la licenza di porto di fucile per uso caccia, deducendo: violazione e falsa applicazione artt.10, 11, 42 e 43 del T.U.L.P.S. – mancata ed insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 3 L. 241/90 – violazione e mancata applicazione artt. 7 e 8 della L. 241/90 – eccesso di potere per travisamento dei fatti – erroneità manifesta.

2 Con atto di stile depositato il 12 marzo 2004, si è costituita l’Avvocatura dello Stato che ha prodotto in giudizio documentazione interessante la vicenda.

3 Con ordinanza n. 206 del 15 marzo 2004, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare.

4 Il ricorrente ha prodotto memoria conclusiva in data 26 ottobre 2010.

5 Alla pubblica udienza del 18 novembre 2010 il ricorso è stato chiamato ed introdotto per la decisione.
Motivi della decisione

1 Il ricorrente agisce per l’annullamento del provvedimento in epigrafe indicato opponendo: (a) la violazione delle rubricate disposizioni mancando ogni valutazione della personalità e della condotta dell’interessato, nonché la circostanza per la quale la vicenda presupposta non è ancora stata definita in sede penale; (b) il difetto di motivazione, non essendo sufficiente il richiamo alle presupposte vicende privo di ogni motivazione quanto alla riscontrata inaffidabilità nell’uso delle armi; (c) la violazione delle garanzie partecipative stante il limitato accesso alla documentazione "secretata" nonché l’eccesso di potere rispetto alla "non ancora provata responsabilità penale". In prossimità dell’udienza di trattazione ha poi depositato memoria e versato la sentenza resa in sede penale.

2 Occorre premettere alla definizione dei motivi una sintetica ricostruzione delle circostanze che emergono dalla documentazione in atti. Dalla nota n. 653/1 – 3 di prot. in data 7 ottobre 2003 della Stazione Carabinieri di S. Felice Circeo si desume che il ricorrente, non da solo, sparava "… a ridosso di abitazioni ed in direzione di pubblica via con fucili da caccia entrambi di proprietà del CORBANESE…" e che veniva "… sporta nei loro confronti denunzia querela da parte di… attinta dai pallini esplosi dai prevenuti…" i quali avevano "… ammesso, senza reticenza alcuna di sparare per divertirsi…"; l’informativa conclude per la proposta dia revoca del porto di fucile ad uso caccia nonché per l’adozione del divieto di detenzione di armi. La questura ha pertanto adottato l’impugnato revoca, previa comunicazione di avvio del procedimento di cui alla nota dell’11 ottobre 2003, alla quale l’interessato ha fatto seguire istanza in data 31 ottobre 2003 di accesso accolta, con eccezione degli atti relativi al procedimento penale sottratti a tale facoltà, stante la preclusione di cui all’articolo 3, lettera a) del D.M. n. 415 del 10 maggio 1994. La revoca, nel richiamare anche il deferimento per i reati di "esplosione pericolose e lesioni personali colpose", testualmente contempla che l’interessato "… per i suddetti motivi, allo stato attuale, non riunisce più i requisiti soggettivi richiesti dalla vigente legislazione in materia di armi in quanto con il comportamento posto in essere nella circostanza su menzionata, tra l’altro verificatasi nelle vicinanze di abitazioni ed in direzione di pubblica via, ha dimostrato grave negligenza e irresponsabilità e pertanto, non offre più il necessario e sufficiente affidamento nell’uso e detenzione delle stesse…". Il predetto atto promuove altresì il divieto di detenzione armi da parte della competente prefettura.

3 Il ricorso è infondato. È costante in giurisprudenza (T.a.r. Lazio Latina, sez. I, 14 luglio 2008, n. 877; Consiglio di Stato, VI, n. 3700 del 28 luglio 2008) l’affermazione per la quale, in materia di autorizzazioni di polizia inerenti il porto e l’uso delle armi, l’autorità di pubblica sicurezza dispone, ai sensi degli articoli 10, 11, 42 e 43 del TULPS, di una ampia facoltà di discrezionale apprezzamento della persona del richiedente il titolo, in ragione delle evidenti ricadute sulla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Quanto alla revoca della licenza di porto di fucile per uso caccia, sempre in generale, è affermazione costante quella per la quale la stessa, non presuppone un verificato e riscontrato abuso, essendo sufficiente che l’interessato, in base ad una discrezionale valutazione, non susciti un obiettivo affidamento di non abusarne (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 616 del 14 febbraio 2007), anche mediante un impiego non adeguatamente prudente dell’arma. Il che implica che, il provvedimento di revoca, pur dovendo essere congruamente motivato in ordine alle ragioni ostative alla permanenza del titolo, resta pur sempre astretto ad un giudizio prognostico circa il non corretto uso delle armi che possa farne il titolare della licenza.

4 Tutto ciò premesso le riprodotte doglianze vanno disattese perché: (ì) contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente, l’amministrazione ha fatto corretto uso del potere ad essa conferito dalle norme invocate, avendo rassegnato il proprio giudizio su evenienze, autonomamente valutabili rispetto all’allora pendente procedimento penale, di significativa gravità (esplosione di colpi "… a ridosso di abitazioni ed in direzione di pubblica via "… per divertirsi…" e che hanno prodotto lesioni personali) alle quali si raccorda il contestato giudizio di inaffidabilità fondato su accadimenti concreti e per tanto immune dalle censure di cui al primo motivo di ricorso; (ìì) va escluso che l’intervenuta misura sia priva della motivazione richiesta in quanto da essa emerge in maniera evidente la rappresentazione degli elementi partecipati dalla locale Stazione dei Carabinieri e la valutazione degli stessi ai fini del doveroso riscontro sulla persistente affidabilità; (ììì) alcuna favorevole indicazione può trarsi dalla sentenza resa nel procedimento penale in quanto: – l’intervenuta assoluzione per prescrizione del reato di cui al capo A) dell’imputazione non elimina il fatto, suscettivo di autonomo apprezzamento, per come acquisito al procedimento amministrativo e che ha condotto, nelle more, alla revoca del titolo di polizia; – l’impossibile accertamento ai fini dell’imputabilità del capo relativo alle lesioni personali non può incidere sulla rassegnata valutazione di inaffidabilità, indiscutibile essendo il fatto che entrambi i soggetti, quindi anche il ricorrente, hanno sparato a bersagli mobili in prossimità di abitazioni e di una pubblica via; (ìv) alcun rilievo può esser accordato alla lamentata violazione delle garanzie partecipative in relazione all’accesso agli atti del procedimento in quanto, in disparte la rilevanza dell’articolo 21 – octies della legge 241 del 1990 e la mancata contestazione del provvedimento che ha garantito l’accesso limitato, nel corso del giudizio non sono emerse circostanze ulteriori rispetto a quelle valutate ai fini della revoca.

5 Il ricorso va quindi respinto. Le spese di giudizio possono esser compensate in ragione della mancanza di attività difensiva da parte della Avvocatura dello Stato, che si è limitata a depositare la relazione della questura e la documentazione del procedimento.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Latina, nella camera di consiglio del 18 novembre 2010, con l’intervento dei magistrati:

Francesco Corsaro, Presidente

Santino Scudeller, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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