Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-07-2012, n. 12921 Azioni a difesa della proprietà rivendicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 25 novembre 2005 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere respinse la domanda di rivendicazione proposta dalla s.p.a.

Moccia Irme nei confronti della s.r.l. Pietre Bianche, relativamente alla porzione di un fondo acquistato nel 1990 dall’attrice, adiacente a quello che era stato acquistato nel 1973 dalla convenuta; dichiarò quest’ultima, in accoglimento della riconvenzionale, proprietaria dell’area in questione per intervenuta usucapione; estromise dal giudizio la s.p.a. Aurunca Litora, dante causa di entrambe le parti, la quale era stata chiamata in causa dalla convenuta.

Impugnata dalla soccombente, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Napoli, che con sentenza del 17 marzo 2008 ha condannato la s.r.l. Pietre Bianche a rilasciare alla s.p.a. Moccia Irme l’immobile oggetto della controversia e a risarcirle il danno conseguente alla sua occupazione, liquidato in 2.000,00 Euro. A tali conclusioni il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo tra l’altro (per quanto ancora rileva in questa sede): – che non era stato dimostrato l’asserito possesso esclusivo utile all’usucapione per il ventennio anteriore all’inizio della causa; – che le prove testimoniali in proposito dedotte erano del tutto generiche e frustranee; – che la quantificazione del pregiudizio, insito in re ipsa, doveva essere compiuta in via equitativa, per la mancanza di elementi oggettivi, come il valore locativo del bene, tenendosi comunque conto dello scarso interesse dimostrato dalla s.p.a. Moccia Irme, la quale si era avveduta soltanto occasionalmente dell’effettiva estensione del fondo da essa acquistato.

La s.r.l. Pietre Bianche ha proposto ricorso per cassazione, in base a cinque motivi, poi illustrati anche con memoria. La s.p.a. Moccia Irme si è costituita con controricorso, formulando a sua volta un motivo di impugnazione in via incidentale.
Motivi della decisione

Con i primi due motivi del ricorso principale la s.r.l. Pietre Bianche lamenta, rispettivamente, che la sentenza impugnata è affetta da violazione e falsa applicazione degli artt. 947 e 948 c.c., dell’art. 1158 c.c. e segg., dell’art. 2700 c.c., dell’art. 2712 c.c. e segg., artt. 61, 115, 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e da motivazione insufficiente, superficiale e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte d’appello erroneamente e ingiustificatamente respinto la domanda riconvenzionale di usucapione dell’area oggetto della causa.

In realtà, a sostegno dei due motivi in considerazione vengono addotte e illustrate identiche ragioni, sicchè si tratta in sostanza di una unitaria censura, la quale è riconducibile soltanto ai dedotti vizi della motivazione, relativamente al punto che è stato specificamente indicato nel momento di sintesi che chiude l’esposizione del secondo motivo di ricorso: l’avvenuta dimostrazione del possesso ventennale ad opera della società ricorrente e del comportamento inerte della società Moccia. Impropria risulta quindi la denuncia di inosservanza di norme giuridiche, poichè il giudice a quo non ha affatto negato, in diritto, che a norma dell’art. 1158 c.c. la proprietà dei beni immobili si acquista con il possesso per vent’anni dimostrato a mezzo di prove documentali e dichiarazioni rese dalla stessa controparte – come la s.r.l. Pietre Bianche chiede a questa Corte di affermare, con il quesito formulato a conclusione del primo motivo di ricorso – ma ha invece escluso in fatto che sussistessero i presupposti necessari per l’usucapione.

E’ sotto tale profilo, pertanto, che unicamente possono essere prese in esame le argomentazioni svolte dalla ricorrente.

Esse sono fondate, nella parte in cui viene criticata l’assiomaticità dell’assunto della Corte d’appello circa la totale mancanza di ogni elemento da cui desumere sia l’asserito possesso esclusivo utile ad usucapire, sia l’arco cronologico utile all’usucapione relativamente all’inizio del possesso accreditando.

Sono stati trascurati dal giudice di secondo grado i vari dati che la s.r.l. Pietre Bianche aveva prospettato, sulla scorta dei documenti prodotti e delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio (il cui contenuto è stato riportato nel ricorso, in ottemperanza alla regola dell’autosufficienza), a dimostrazione che l’area in questione era di fatto inclusa ab initio nel comprensorio adibito a camping da essa acquistato nel 1973 e da allora utilizzato globalmente in maniera esclusiva, in un unitario complesso caratterizzato da omogeneità di strutture e di arredi.

Con il terzo motivo del ricorso principale la s.r.l. Pietre Bianche, denunciando motivazione insufficiente, superficiale e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si duole del mancato accoglimento della sua richiesta di ammissione della prova testimoniale che aveva dedotto a proposito dell’esercizio da parte sua del possesso per oltre venti anni.

La censura è fondata, poichè la valutazione della Corte d’appello, secondo cui si tratta di prove generiche e frustranee risulta incongrua, alla luce del tenore dei capitoli che erano stati articolati dalla s.r.l. Pietre Bianche (testualmente e integralmente trascritti nel ricorso, in ottemperanza anche qui della regola dell’autosufficienza): vi sono enunciate, con precisione e puntualità, fatti e circostanze il cui accertamento in ipotesi avrebbe potuto essere determinante per la decisione della causa, poichè attengono specificamente alle modalità e all’epoca in cui il potere di fatto sulla porzione immobiliare in contestazione è stato esercitato dalla società ricorrente.

Accolti pertanto, nei limiti che risultano da quanto si è osservato, i primi tre motivi del ricorso principale, restano assorbiti sia il quarto e il quinto, sia il ricorso incidentale, che rispettivamente riguardano i temi dell’accessione nel possesso, dell’an e del quantum del risarcimento accordato alla s.p.a. Moccia Irme: si tratta di questioni che in sede di rinvio potranno in ipotesi porsi, secondo l’esito di quanto sarà deciso in ordine al punto cui si riferiscono i primi tre motivi del ricorso principale.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corte d’appello di Napoli, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale nei sensi di cui in motivazione; dichiara assorbiti il quarto e il quinto e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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