Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 05-03-2013, n. 10219

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 15.7.2011 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza emessa In data 13.5.2010 dal GUP del Tribunale di Napoli, con la quale C.S. e T. F. erano stati condannati, rispettivamente, il primo, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e delle circostanze attenuanti speciali di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 7 e L. n. 203 del 1991, art. 8 prevalenti sulla contestata aggravante, applicata la diminuente del rito, alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione ed Euro 10.000,00 di multa, ed il secondo, con le circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante, con la diminuente del rito, alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (associazione finalizzata all’importazione in Italia di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo "Ketamina" e "olio di hashish" e per varie ipotesi di reati-fine D.P.R. n. 309 del 9190, ex art. 73 dichiarava assorbiti per il T. i reati ascritti ai capi C21, C46, C51, C66 e C86 in quello di cui al capo C10, rideterminando la pena in anni 5, mesi 8 di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa, e confermava nel resto l’impugnata sentenza.

2. Ricorre per cassazione T.F., a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione ed alla quantificazione della pena. Come confermato più volte dalla Suprema Corte non è sufficiente, nel motivare l’esercizio del potere discrezionale nella determinazione della pena, il richiamo di formule stereotipate e generiche. La Corte territoriale, con motivazione apparente, ha ritenuto apoditticamente insussistenti elementi positivi di valutazione, senza tener conto di quanto evidenziato nei motivi di appello.

3. Ricorre, a sua volta, per cassazione C.S., denunciando la violazione ed erronea applicazione degli artt. 132 e 133 c.p. ed il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena comminata, avendo la Corte territoriale fatto un generico riferimento alla gravità dei reati ed alle condotte ascritte ad entrambi gli imputati.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono manifestamente infondati.

2. E’ pacifico che, ai fini della determinazione della pena, il giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso far riferimento. La quantificazione del trattamento sanzionatorio è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, la sua valutazione. Non è necessario, quindi, scendere alla valutazione di ogni singola deduzione difensiva, dovendosi, invece, ritenere sufficiente che il giudice indichi, nell’ambito del potere discrezionale riconosciutogli dalla legge, gli elementi di preponderante rilevanza. Il preminente e decisivo rilievo accordato all’elemento considerato implica infatti il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali restano implicitamente disattesi e superati.

Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata motivazione In ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" (cfr. Cass. pen. Sez 2 n. 36245 del 26.6.2009).

3. Tanto premesso la Corte territoriale ha ritenuto che andasse confermato il giudizio di equivalenza delle concesse circostanze attenuanti generiche il GUP invero, pur rilevando che l’apporto fornito dal T. era meramente esecutivo (il che giustificava la concessione delle circostanze attenuanti generiche), aveva evidenziato che a carico del predetto risultavano annotati precedenti penali; di qui il giudizio di comparazione in termini di mera equivalenza.

La Corte territoriale, nel rinviare per relationem a detta motivazione condividendola, si è limitata a rideterminare la pena, stante l’avvenuto assorbimento di alcuni capi di imputazione, ritenendola congrua in relazione alla estrema gravità dei fatti (con la stessa motivazione riferita al coimputato C.).

4. Per quanto riguarda il C., la Corte di merito nel rigettare l’appello attinente solo al trattamento sanzionatorio con motivazione adeguata e non certo apparente, ha rilevato che la pena infinta in primo grado non era suscettibile di riduzioni di sorta, tenuto conto della gravità delle condotte poste in essere (il C., unitamente al T., importava in Italia medicinali in ingenti quantitativi, da considerarsi sostanze stupefacenti, che venivano somministrati ai bovini per incrementare la produzione del latte).

5. I ricorsi debbono quindi essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti ai pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 marzo 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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