Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 27-02-2013, n. 9303 Alimenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Vasto, con sentenza del 21/2/2008, resa a seguito di rito abbreviato condizionato, ha dichiarato P.N. colpevole del reato di cui alla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b) e d), perchè, quale legale rappresentante della Nuova Food srl, deteneva all’interno di un magazzino aziendale materie prime ed additivi destinati alla produzione di gelati, in cattivo stato di conservazione ed insudiciati da escrementi di roditori, e lo ha condannato alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda, interamente condonata ex L. n. 241 del 2006.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, con i seguenti motivi:

– insussistenza di prova della responsabilità del P. in ordine al reato ascrittogli, visto che alla data dell’eseguito accertamento, (OMISSIS), l’attività produttiva della società era sospesa, sospensione iniziata dall’ottobre 2003, che si sarebbe protratta fino al marzo 2004; sulla merce oggetto della imputazione era apposto apposito cartello con la dicitura "prodotti scaduti – non utilizzare"; peraltro i locali ispezionati non erano destinati alla produzione, bensì a deposito del materiale inutilizzabile, da smaltire.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, si palesa logica e corretta.

Con il motivo di impugnazione la difesa del prevenuto eccepisce vizio di motivazione per contraddittorietà e omessa valutazione della prova, evidenziando che il Tribunale è pervenuto ad affermare la responsabilità del P. a seguito di una non corretta lettura delle risultanze istruttorie.

Orbene, dal vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta la impugnata pronuncia, è dato rilevare che il giudice di merito ha proceduto ad una analisi puntuale di tutti gli elementi costituenti la piattaforma probatoria, richiamando gli esiti degli accertamenti effettuati nell’opificio del prevenuto dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Pescara, dal personale dell’Ufficio Igiene-Epidemiologia e Sanità Pubblica, dal Servizio Veterinario di (OMISSIS) e dall’ARTA di (OMISSIS): nel magazzino in cui venivano custodite le materie prime e gli additivi necessari per la produzione dei gelati gli agenti accertatori riscontravano, nella parte superiore delle varie confezioni, una notevole quantità di escrementi di roditori;

nei campioni analizzati dall’ARTA si rinveniva una significativa carica di lieviti sulle scorze di agrumi, nelle gocce di pan di spagna e nei biscotti per gelati.

Ad avviso del decidente, a giusta ragione, le emergenze probatorie hanno dato pieno riscontro ai fatti oggetto della imputazione mossa nei confronti del prevenuto e, conseguentemente, hanno permesso di ritenere integrata la ipotesi contravvenzionale al medesimo ascritta.

Rilevasi che la L. n. 283 del 1962, art. 6, punisce i contravventori delle disposizioni di cui al precedente art. 5, che vieta la vendita o la detenzione per la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, prevedendo un aggravamento di pena per coloro che contravvengono a quanto disposto al citato art. 5, lett. d) che vieta la vendita o la detenzione per la vendita di sostanze alimentari insudiciate, invase da parassiti o comunque nocive, con la finalità di tutelare la genuinità e la buona conservazione delle sostanze alimentari per garantire l’igiene e la salute del consumatore; peraltro, non è necessario che il cattivo stato di conservazione abbia effettivamente alterato o danneggiato il prodotto.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha specificato che ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dalla L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. b), un prodotto alimentare deve considerarsi in cattivo stato di conservazione per il solo fatto dell’obiettivo insudiciamento, anche della sola confezione, conseguente alla custodia in locali sporchi e, quindi, igienicamente inidonei alla conservazione (Cass. 21/1/2005, n. 9477).

In conseguenza di quanto rilevato, appare del tutto corretto il giudizio di colpevolezza formulato dal giudice di merito, visto che l’imputato ha violato specifiche norme sanitarie non avendo adottato misure idonee a mantenere le materie prime, gli additivi e tutti gli altri prodotti, detenuti nel suo magazzino e necessari per la produzione dei gelati, in un adeguato stato di conservazione.

Va rilevato che con il ricorso vengono mossi rilievi in fatto, non proponibili in sede di legittimità, che, in ogni caso, non valgono ad incidere la argomentazione sviluppata dal decidente, rivelatasi logica e giuridicamente corretta.

Tenuto conto, de poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il P. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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