Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 27-02-2013, n. 9302

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Gip presso il Tribunale di Potenza, con sentenza del 19/1/2012, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di S. S. in ordine al reato di cui all’art. 323 c.p., perchè estinto per intervenuta prescrizione.

Nella imputazione si contestava al prevenuto, quale pubblico ufficiale, dipendente del Comune di (OMISSIS), che, nell’esercizio delle proprie funzioni, in violazione del Piano di Fabbricazione, nonchè delle Norme di Attuazione del Piano Particolareggiato delle zone B2 del predetto Comune, aveva rilasciato a C.L. la concessione edilizia n. 31/B del 22/5/2001, procurando a quest’ultimo un ingiusto vantaggio patrimoniale.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, che nel corpo dell’atto, in via preliminare, riporta la volontà del ricorrente di rinunciare alla prescrizione, con i seguenti motivi:

– la sentenza impugnata è caratterizzata dalla totale assenza di motivazione, visto che il decidente ha ritenuto di dichiarare estinto il reato per maturata prescrizione, in difetto di ogni indagine sul merito. Tale omissione, peraltro, determina la impossibilità per la difesa di contestare l’iter argomentativo, del tutto assente, al fine di censurare le ragioni che hanno determinato il decidente a ritenere la insussistenza di elementi per una pronuncia di assoluzione piena;

– erronea valutazione delle perizie in atti, le cui conclusioni permettono di ritenere infondata la tesi accusatoria;

– violazione e falsa applicazione delle previsioni per le zone B2 contenute nelle norme di attuazione annesse al piano regolatore delle zone B del Comune di (OMISSIS), nonchè falsa applicazione della L. n. 10 del 1977, art. 4, e della L.R. Puglia n. 56 del 1980, artt. 19 e 29; violazione dei principi in materia di distanze tra costruzioni: la corretta lettura delle disposizioni richiamate avrebbe indotto il giudice di merito a ritenere la insussistenza del reato contestato all’imputato.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile. La argomentazione adottata dal decidente è logica e corretta.

In via preliminare è da esaminare la rinuncia alla prescrizione da parte dell’imputato, manifestata con l’impugnazione proposta dai difensori di fiducia.

Osservasi che la decisione di rinunciare alla prescrizione è un diritto personalissimo dell’imputato: esso non può essere esercitato in nome e per conto dello stesso dal difensore. L’esercizio di tale facoltà presuppone che la causa estintiva sia maturata, non avendo effetto una rinuncia a futura memoria, e una volta espressa è irretrattabile ed ha effetto per l’intero procedimento.

Va rilevato, inoltre, che la rinuncia proveniente dal difensore non munito di apposita procura speciale, come nella specie, è inefficace (Cass. 21/9/2004, n. 15388), e peraltro tardiva, in quanto proposta in sede di impugnazione, dopo che la causa estintiva è stata già dichiarata con la sentenza del Tribunale.

Il Collegio non può che ribadire, in proposito, il principio enunciato con sentenza del 7/7/2009, n. 37583, da questa stessa sezione, secondo cui la prescrizione dichiarata con sentenza non può nei gradi successivi essere oggetto di rinuncia.

Di poi, non possono trovare ingresso le ulteriori censure, formulate in impugnazione, in quanto l’esame di esse comporterebbe un accertamento in fatto, precluso in sede di legittimità.

Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il S. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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