Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 27-02-2013, n. 9301

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza del 23/4/2009, dichiarava L.C. responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), di violazione delle normative sulle edificazioni in c.a. e antisismica, per avere realizzato tre manufatti ciascuno di mq. 30,7 e 56 ca., e lo condannava alla pena di mesi 1 e giorni 15 di arresto ed Euro 7.000,00 di ammenda, pena sospesa e ordine di demolizione delle opere abusive.

La Corte di Appello di Salerno, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse dell’imputato, con sentenza del 9/3/2012, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi;

– ha errato il giudice di merito nel ritenere concretizzato il reato di edificazione abusiva in quanto i manufatti in questione non sono soggetti ad alcuna autorizzazione, vista la natura precaria degli stessi;

– insussistenza di prove in ordine alla responsabilità del L. per la realizzazione delle baracche in questione;

– vizio di motivazione in relazione alla data di edificazione delle opere, che potrebbe risalire ad epoca anteriore all’acquisto da parte dell’imputato del terreno su cui le stesse insistono.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La sentenza impugnata si palesa fondata su una argomentazione logica e corretta, individuante gli elementi concretizzanti i reati in contestazione e la ascrivibilità di essi in capo al prevenuto.

Con il primo motivo la difesa dell’imputato censura la pronuncia resa dalla Corte di Appello di Salerno, col denunciare vizio di motivazione in ordine alla affermata responsabilità del L. per le contravvenzioni contestategli: i manufatti in questione non sono soggetti ad alcuna autorizzazione, essendo destinati a fini specifici, contingenti e limitati nel tempo.

L’assunto è totalmente privo di pregio.

Dal vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta la impugnata pronuncia, emerge, in maniera in equivoca, la giustezza del discorso giustificativo, sviluppato dal decidente a riscontro del motivo di appello con cui si muoveva la medesima contestazione: non può, ad avviso del giudice di merito, attribuirsi la qualifica di precarie alle opere la cui edificazione è stata contestata all’imputato, per la stabile destinazione dei manufatti a deposito di masserizie, indispensabili per l’esercizio della pastorizia, che l’imputato conduce sul fondo in questione, circostanza questa che esclude in nuce il requisito della temporaneità dell’uso, essendo la costruzione finalizzata ad una specifica attività economica, non cronologicamente delimitabile.

Sul punto, la Corte territoriale richiama la giurisprudenza di legittimità, secondo cui la precarietà del manufatto, ai fini della esenzione dalla concessione edilizia, non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all’opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti, eventualmente, di un manufatto somontabile e/o non infisso al suolo (ex multis Cass. 3/6/2004, Mandò).

Il secondo motivo di ricorso è del pari manifestamente infondato, rilevato che i giudici hanno svolto una analisi valutativa delle emergenze istruttorie pienamente esaustiva e compiuta, evidenziando che l’imputato aveva realizzato le opere in questione al fine di destinarle a deposito di quanto necessario per l’attività ut supra specificata.

Immeritevole di accoglimento è da ritenere il terzo motivo di ricorso, relativo all’epoca di realizzazione dei manufatti in questione, visto che la Corte territoriale rileva come in epoca di poco anteriore all’accertamento, eseguito il 13/6/2007, dai sopralluoghi effettuati non era stata rilevata la presenza di alcuna edificazione.

Va osservato, peraltro, che le censure sollevate tendono ad una rivisitazione della emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimità è precluso procedere a nuovo esame estimativo.

Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il L. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, ai sensi dell’part. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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