Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1.1. La Industrie Cotto Possagno spa conseguì decreto ingiuntivo del 7.9.99 per L. 22.114.200 a saldo della fornitura e posa in opera del manto di copertura di un fabbricato sito in (OMISSIS);
seguita l’opposizione del condominio, basata anche sulla denunzia di vizi della merce fornita, intervenne atto di transazione del 12.11.11, con rinunzia del condominio all’opposizione e contestuale rinunzia dell’opposta al monitorio, ma a patto del pagamento, entro il 28.2.02, della somma concordata. Mancato tale pagamento, fu intimato all’ingiunto precetto in data 7.6.02, cui seguì notifica di altro precetto, in data 18.2.04, ai condomini B.M. T. e Simion Giacomo & C. s.n.c., e fu poi dato corso a pignoramento nei loro confronti in data 30.4.04, iscritto al n. 51/04 della sezione distaccata di Borgo Valsugana del tribunale di Trento.
1.2. Avverso tale esecuzione proposero opposizione gli esecutati con atto del 25.10.04, contestando a vario titolo la pretesa avversaria:
reietta l’istanza di sospensione e disposto "accertamento tecnico preventivo" sullo stato e condizioni della copertura del Condominio, all’esito dello scambio delle memorie ai sensi degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., la causa fu ritenuta compiutamente istruita e decisa con sentenza n. 71 del 7.6.06, con rigetto dell’opposizione e condanna solidale degli opponenti alle spese.
1.3. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, affidandosi a cinque motivi, B.M.T. e la Simion Giacomo & C. s.n.c.; resiste con controricorso la Industrie Cotto Possagno spa; e, per la pubblica udienza del 19.6.12, i ricorrenti depositano, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Motivi della decisione
2. In via preliminare:
2.1. va rilevato che alla fattispecie si applica si applica l’art. 366-bis cod. proc. civ.:
– norma che è stata introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e che resta applicabile – in virtù del comma 2, art. 27 del medesimo decreto – ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006, senza che possa rilevare la sua abrogazione – a far tempo dal 4 luglio 2009 – ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), in virtù della disciplina transitoria dell’art. 58, comma 5, di quest’ultima (con ultra-attività ritenuta conforme a Costituzione, tra le altre, da Cass., ord. 14 novembre 2011, n. 23800);
– norma l’elaborazione della quale, in merito ai criteri per la valutazione della rilevanza dei quesiti, va applicata anche dopo la formale abrogazione, nonostante i motivi che l’avrebbero determinata, attesa l’univoca volontà del legislatore di assicurare ultra- attività alla norma (per tutte, v. espressamente Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194);
2.2. è infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso; ed infatti:
– il regime di impugnazione di una sentenza – e cioè la facoltà di impugnativa, i modi ed i termini per esercitarla resta regolato dalla legge processuale in vigore al momento della sua pubblicazione (tra le altre: Cass. Sez. Un., 20 dicembre 2006, n. 27172; Cass. 27 luglio 2007, n. 16618);
– di conseguenza (tra le molte: Cass., ord. 17 agosto 2011, n. 17321;
Cass. 12 maggio 2011, n. 10451): se la sentenza sull’opposizione dispiegata ex artt. 615 o 619 c.p.c. è stata pubblicata prima del 1.3.06, essa resta esclusivamente appellabile (cfr. Cass. 20 settembre 2006 n. 20414); se essa è stata pubblicata a partire da tale data, ma fino al 4.7.09, qualunque sia l’epoca di instaurazione del processo sia stato iniziato, non è più ammissibile il rimedio dell’appello, in forza dell’ultimo periodo dell’art. 616 cod. proc. civ., come introdotto dalla L. n. 52 del 2006, ma solo quello del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7 (Cass., ord. 22 settembre 2009 n. 20392); se infine essa è resa in un giudizio pendente ancora in primo grado al 4.7.09, essa torna ad essere appellabile (Cass. ord. 27 settembre 2010 n. 20324);
– pertanto, essendo stata pubblicata la gravata sentenza il 7.6.06, il ricorso per cassazione con cui essa in via diretta ed immediata è stata impugnata era il solo mezzo di impugnazione esperibile.
3. Per passare all’esame dei singoli motivi di ricorso, presenta carattere pregiudiziale il quarto:
3.1. con esso – rubricato "omessa (rectius, apparente) motivazione su un fatto decisivo: azionabilità del decreto ingiuntivo. Violazione e, comunque, falsa applicazione di legge, con riguardo al disposto degli artt. 474, 479 e 633 c.p.c. sotto il profilo della ritenuta opponibilità in sede esecutiva del titolo concretamente azionato.
Ricorribilità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3" – i ricorrenti si dolgono della reiezione della loro eccezione di non diretta azionabilità del decreto ingiuntivo, conseguito nei confronti di un condominio, contro il singolo condomino, oltretutto essendo mancata la previa notifica del titolo ai singoli debitori poi in concreto esecutati e non essendo applicabile in tal caso l’art. 654 cod. proc. civ.;
3.2. la controricorrente richiama la giurisprudenza sull’azionabilità del monitorio contro i singoli condomini ed argomenta sulla sufficienza della previa notifica al condominio e di un precetto ai condomini esecutandi in cui si dia menzione dell’esecutività del titolo ai sensi dell’art. 654 cod. proc. civ.;
3.3. la doglianza (che non può estendersi – come prospettato specificamente nella memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. dai ricorrenti – anche al diverso ed ulteriore profilo del carattere soltanto parziale dell’obbligazione del singolo condomino, siccome non prospettato nei gradi di merito e nel ricorso, del resto essendo la relativa soluzione giurisprudenziale intervenuta soltanto successivamente) è, però, in parte infondata ed in parte inammissibile:
3.3.1. è infondata, nella parte in cui pretende che il titolo esecutivo formatosi nei confronti del condominio non sia azionabile nei confronti del singolo condomino: al riguardo, il giudicato formatosi in un giudizio in cui sia stato parte l’amministratore di un condominio fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti nel giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini (per tutte: Cass. 22 agosto 2002, n. 12343); ed anzi non avrebbe il creditore del condominio interesse ad agire nei confronti del singolo condomino, ove abbia conseguito sentenza definitiva di condanna al pagamento di una somma di denaro nei confronti del condominio, perchè disporrebbe già di un titolo esecutivo relativo all’intera somma, azionabile nei confronti del predetto condominio o dei singoli condomini, e verificandosi, in caso contrario, una inammissibile duplicazione di titoli esecutivi (Cass. 14 ottobre 2004, n. 20304);
3.3.2. quanto alla necessità di previa notifica del titolo esecutivo, conseguito nei confronti del condominio, al singolo condomino nei cui confronti si voglia porre in esecuzione: a prescindere dal merito della questione si osserva che tale doglianza, per consolidato insegnamento di questa Corte (Cass. 4 luglio 2006, n. 15275; Cass. 24 novembre 2005, n. 24812; Cass. 12 novembre 1993, n. 11196), integra un’opposizione agli atti esecutivi: ed è evidente – potendo e dovendo tale preventiva verifica operarsi anche in sede di legittimità – che essa è stata formalizzata con atto di gran lunga successivo alla notifica dell’atto di pignoramento, essendo il primo del 25.10.04 e la seconda del 30.4.04.
4. Sempre carattere pregiudiziale rispetto agli altri assume il quinto motivo:
4.1. con esso – rubricato "ulteriore profilo di violazione di legge, con riguardo al disposto dell’art. 1965 c.c., e segg., e art. 1353 c.c., e segg.. Violazione e, comunque falsa applicazione degli artt. 1667-1668-1669 c.c.. e art. 631 c.c., e segg., con riguardo alla ritenuta non valorizzabilità dei vizi oggetto del giudizio di opposizione poi estintosi. Ricorribilità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3" – i ricorrenti ripropongono la tesi della definitiva sostituzione, quale fondamento del credito, dell’intercorsa transazione al monitorio poi azionato, dovendo essa qualificarsi novativa e comunque in dipendenza della rinuncia della creditrice alla spettanza della maggior somma ingiunta e del conseguente travolgimento del decreto monitorio;
4.2. ribatte la controricorrente che la transazione, tutt’altro che novativa, è comunque rimasta senza effetto per la mancata ottemperanza all’obbligazione del pagamento della somma ivi pattuita e per il mancato avveramento dell’altra condizione, consistente nella sua ratifica da parte della assemblea del condominio; e contesta la necessità, prospettata ex adverso, di un giudizio ad hoc per il ripristino dell’efficacia del decreto ingiuntivo;
4.3. la censura è inammissibile, sotto almeno due concorrenti profili:
4.3.1. in primo luogo, la ratio decidendi della gravata sentenza, nella parte in cui ha escluso la rilevanza della dedotta transazione, si identifica chiaramente (pie di pag. 4 e inizio di pag. 5) nella duplice circostanza del mancato tempestivo pagamento della somma ivi convenuta e nella carenza di prova dell’eventuale ratifica della transazione da parte dell’assemblea: contro tale espressa ratio non risulta articolata alcuna autonoma e specifica censura, con la conseguenza che risulta inammissibile la doglianza che si appunti su altri aspetti della decisione, che risultano però effettivamente pregiudicati in senso negativo dalla soluzione, nel senso indicato, della preliminare questione della inefficacia della transazione;
4.3.2. in secondo luogo, la tesi del carattere novativo della transazione, dell’immediata rinunzia al monitorio e dell’ambito della correlativa rinunzia dell’opponente all’opposizione, come pure di ogni altro effetto favorevole al committente condominio ed ai condomini, non è suffragata dalla trascrizione integrale dell’accordo transattivo, invece indispensabile per comprendere il reale contenuto di quest’ultimo e non bastando il suo riepilogo per punti e certo neppure la sua interpretazione data negli atti di parte (Cass. 4 luglio 2003, n. 10576) a consentire il riscontro delle tesi sul carattere novativo o meno di quello o sulla natura sospensiva o risolutiva delle condizioni pure pacificamente apposte o su ogni altra pretesa fondata sull’accordo stesso; pertanto, non è al riguardo rispettato il consolidato principio in forza del quale, quando le parti controvertono sull’interpretazione di un documento, ne è indispensabile la trascrizione in ricorso (oltre che l’indicazione della sede processuale di produzione; per tutte, con principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. civ., comma 1: Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915), a maggior ragione allorchè tra le parti persista divergenza proprio sulla ricostruzione degli effetti del contratto ed il giudice del merito abbia aderito ad una delle tesi contrapposte.
5. Vanno ora congiuntamente esaminati, per la loro intima interconnessione, i primi tre motivi di ricorso.
5.1. Con essi i ricorrenti:
– si dolgono, con il primo motivo (rubricato "nullità della sentenza ex artt. 132-112 c.p.c., omessa pronuncia. Travisamento del fatto, a sua volta, determinante difetto e contraddittorieta di motivazione.
Ricorribilità della sentenza à sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e art. 360 c.p.c., n. 5"), della mancata considerazione formale – per omessa riproduzione nelle conclusioni nell’epigrafe o intestazione della sentenza – e sostanziale – per omessa motivazione sul punto – del fatto che l’opposizione si fondava, da un lato, sulle domande proposte dal condominio e non espressamente rinunciate e, dall’altro, sull’adduzione dei vizi della copertura del tetto, nel frattempo sfaldatasi, indicati come riconosciuti dall’opposta e soprattutto come successivi alla conclusione del giudizio in cui si era formato il titolo;
– deducono, con il secondo motivo (rubricato "violazione e, comunque, falsa applicazione degli artt. 1667-1669 c.c., anche con riguardo all’applicazione in combinato disposto con l’art. 615 c.p.c., e segg., in relazione alla ritenuta non applicabilità degli stessi al giudizio di opposizione all’esecuzione ed all’affermata applicabilità unicamente del rimedio oppositivo di cui all’art. 645- 650 c.p.c.. Ricorribilità della sentenza à sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3"), di aver fatto valere ragioni di controcredito venute in essere successivamente alla definitività del titolo esecutivo giudiziale, tra cui la corresponsione di tutto quanto previsto nella transazione intercorsa, nonchè i vizi scoperti successivamente; e sostenendo comunque la possibilità di insistere sulle ragioni di merito non attinte dal titolo giudiziale, perchè dotate di efficacia causale autonoma nella determinazione del sinallagma contrattuale;
– censurano, con il terzo motivo (rubricato "ulteriore profilo di deficit motivazionale. Violazione e comunque falsa applicazione degli artt. 1667-1669 c.c. e art. 1460 c.c., e segg.. Ricorribilità della sentenza à sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5"), l’incongrua equiparazione tra ragioni per vizi di formazione del provvedimento azionato come titolo e doglianze relative ai vizi sopravvenuti e comunque per omessa pronunzia sulla diversità, rispetto a quelli anteriori, di questi ultimi, come accertati in parte dopo la definitività del titolo ed assistiti da garanzia decennale;
sostenendo l’invocabilità anche in sede di opposizione ad esecuzione dell’eccezione di inadempimento (pur facendo riferimento, a pag. 49 del ricorso, alla scoperta dei difetti in tempi successivi al promovimento del giudizio di opposizione e non alla definitività del decreto derivante dalle vicende di questo).
5.2. Sul punto, la controricorrente: contesta la distinzione ontologica tra le due serie di vizi, essendo la seconda nient’altro che la conseguenza della prima e comunque preclusa dall’intervenuta prescrizione, il cui decorso era iniziato a far tempo dall’epoca di estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (identificata con la data della transazione); nega che gli stessi fatti possano rilevare in sede di opposizione ad un’esecuzione fondata su titolo esecutivo giudiziale, in quanto coperti dal giudicato; rileva che pertanto il tribunale, ritenendo già proposte nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo le doglianze sui vizi del materiale fornito, non era incorso nella lamentata omissione di pronunzia o di motivazione; esclude l’applicabilità degli artt. 1667-1669 cod. civ., invocati ex adverso, dinanzi al decreto ingiuntivo passato in giudicato.
5.3. Va ricordato che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (per un riepilogo ed un approfondimento della questione, v. per tutte Cass. 17 febbraio 2011, n. 3850), il titolo esecutivo giudiziale non può essere rimesso in discussione dinanzi al giudice dell’esecuzione ed a quello dell’opposizione per fatti anteriori alla sua definitività, in virtù dell’intrinseca riserva di ogni questione di merito al giudice naturale della causa in cui la controversia tra le parti ha avuto, ha potuto avere o sta avendo pieno sviluppo ed è stata od ha avuto la possibilità di essere od è tuttora in via di esame ex professo o comunque in via principale; pertanto, qualora a base di una qualunque azione esecutiva sia posto un titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell’esecuzione non può effettuare alcun controllo intrinseco sul titolo, diretto cioè ad invalidarne l’efficacia in base ad eccezioni o difese che andavano dedotte nel giudizio nel cui corso è stato pronunziato il titolo medesimo, potendo controllare soltanto la persistenza della validità di quest’ultimo e quindi attribuire rilevanza solamente a fatti posteriori alla sua formazione o, se successiva, al conseguimento della definitività (salvo il caso dell’incolpevole impossibilità, per il debitore, di farli valere in quella unica competente sede).
5.4. Si tratta di stabilire allora se i fatti dedotti a base dell’opposizione ad esecuzione si sussumano entro quelli riservati al giudice del merito oppure no:
5.4.1. e subito va esclusa la possibilità di considerare le ragioni di opposizione "non espressamente rinunciate" dall’opponente condominio, per almeno due distinti profili di inammissibilità:
manca l’integrale trascrizione in ricorso sia dell’atto di transazione (per quanto rilevato sopra, al punto 4.3.2), sia degli atti del procedimento di opposizione nella parte in cui si è consacrata la "rinuncia espressa", da cui desumere, a contrario, quella cui non si riferirebbe;
– di norma, la definitività del decreto ingiuntivo opposto comporta una preclusione prò iudicato su ogni questione dedotta o deducibile in sede di opposizione, precludendo definitivamente le eccezioni relative a fatti anteriori, i quali andavano fatti valere esclusivamente nel giudizio di opposizione (per tutte, v.: Cass. 25 febbraio 1994, n. 1935; Cass. 28 febbraio 1999, n. 9061; Cass. 19 dicembre 2006, n. 27159; Cass. 24 marzo 2011, n. 6734): sicchè la rinunzia all’opposizione, in cui si siano fatti valere espressamente vizi della cosa venduta o fornita in opera, il cui corrispettivo è oggetto del monitorio, comporta inevitabilmente la rinunzia anche alle relative eccezioni, che restano travolte dalla definitività del monitorio;
5.4.2. ed il giudicato appena descritto escluderebbe pure la persistente proponibilità dell’eccezione per vizi, travolta appunto dalla volontaria condotta di abbandono dell’opposizione;
5.4.3. resta da valutare se eventuali vizi del bene acquistato o posto in opera, scoperti in tempo successivo al conseguimento della definitività del titolo esecutivo giudiziale, possano costituire, siccome obiettivamente diversi da quelli posti già a base della poi rinunziata opposizione, un valido fondamento di un’opposizione all’esecuzione susseguente:
– al riguardo, sia pure con motivazione davvero concisa, la ratio deciderteli della gravata sentenza si coglie proprio nella ritenuta identità dei vizi, per assimilazione delle condizioni riscontrate nel 2004 a quelle rese oggetto della originaria opposizione al monitorio, poi liberamente abbandonata – con inefficacia di qualunque condizione o limitazione – dal condominio ingiunto ed opponente;
– per la contestazione di tale identità sarebbe stata indispensabile – ma è invece mancata – la trascrizione integrale anche degli atti del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel quale i vizi originari sono stati resi oggetto di una formale eccezione avverso il credito per il saldo del corrispettivo, azionato dalla creditrice ingiungente e procedente con il monitorio ed in esso definitivamente riconosciuto;
– non è idonea a tale fine, infatti, la dovizia di particolari sul contenuto della denunzia del maggio 2004, sulle argomentazioni di parte via via svolte nel corso del giudizio di opposizione ad esecuzione e sulle stesse finali conclusioni dell’accertamento tecnico in quest’ultimo espletato: visto che manca appunto il termine di paragone e cioè il contenuto delle doglianze in origine dispiegate;
– e tanto a prescindere da ogni pure rilevante questione sulla riconduzione di qualunque vizio, in qualsiasi tempo scoperto, entro le previsioni dell’onere di contestazione in rapporto ai termini di decadenza previsti dalla normativa in concreto applicabile;
– pertanto, la censura non è ammissibile.
6. In conclusione, il ricorso va rigettato ed i soccombenti ricorrenti, tra loro in solido per l’evidente identità della posizione processuale, condannati al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna B.M.T. e Simion Giacomo & C. s.n.c., in pers. del leg. rappr.nte p.t., tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della Industrie Cotto Possagno spa, in pers. del leg.
rappr.nte p.t., che liquida in Euro 1.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali, C.P.A. ed I.V.A. nella misura di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.