T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 433 Ordinamento giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta plenaria del 15 luglio 2009, ha deliberato, a maggioranza, la nomina a Presidente del Tribunale di Torino del dott. L. P., magistrato di settima valutazione di professionalità, attualmente Consigliere della Corte di Cassazione, con l’attribuzione allo stesso delle funzioni direttive giudicanti di primo grado.

Il dott. A.O., destinatario di una proposta di minoranza, ha presentato il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione ed erronea applicazione degli artt. 10, 11 e 12 d.lgs. 160/2006 e s.m.i. Violazione ed erronea applicazione della circolare n. 13000 dell’8 luglio 1999 e delle integrazioni introdotte dal CSM con deliberazione 21 novembre 2007. Violazione dell’art. 3, co. 1, l. 241/1990, per motivazione omessa o insufficiente. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, irragionevolezza, contraddittorietà: in particolare con riferimento all’omessa e illegittima considerazione, nell’ambito della imprescindibile valutazione collegiale complessiva e comparativa dei due concorrenti, del "fattore durata" delle funzioni direttive e semidirettive dagli stessi già svolte; all’omesso esame del rapporto 10 dicembre 2007 del Presidente della Corte di Appello di Torino, del parere 18 dicembre 2007 del Consiglio Giudiziario di Torino e del rapporto 4 luglio 2008 del Presidente della Corte di Appello di Torino, delle "attitudini" e del "merito" in relazione al necessario profilo professionale più idoneo per lo svolgimento delle funzioni di Presidente del Tribunale di Torino.

Il ricorrente, alla data del 25 ottobre 2008, termine stabilito dal bando per la presentazione della domanda, aveva svolto funzioni direttive e semidirettive giudicanti e requirenti (quale Presidente aggiunto dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Torino, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Novara, Presidente della I Sezione penale della Corte di Appello di Torino e Presidente della II Sezione della Corte di Assise di Appello di Torino) per un totale di circa 21 anni, mentre il dott. P., alla stessa data, aveva svolto funzioni direttive giudicanti di primo grado, in qualità di Presidente del Tribunale di Alba, per circa 9 anni.

La valutazione compiuta dal CSM avrebbe omesso di considerare e comparare anche il "fattore durata" indicato specificamente nelle integrazioni apportate, con deliberazione 21 novembre 2007, alla circolare n. 13000 del 1999 in materia di conferimento di uffici direttivi.

Se la mera anzianità nel ruolo non costituisce più un requisito valutabile alla stregua delle attitudini e del merito, nella valutazione delle attitudini e del merito dovrebbe però considerarsi il "fattore durata" come valore aggiunto.

Emergerebbe un vizio di manifesta illogicità considerando che non risulta compiuta alcuna reale valutazione comparativa tra i due magistrati, la quale non potrebbe prescindere da un concreto raffronto, diretto ed analitico, tra le posizioni dei due aspiranti, soprattutto avuto riguardo alle documentate esperienze di direzione e di organizzazione di entrambi.

Non sarebbe possibile individuare le concrete ragioni che hanno indotto a preferire un candidato all’altro.

La Commissione si sarebbe sostanzialmente comportata come se dovesse esprimere un giudizio su un singolo magistrato e non una valutazione su due concorrenti a seguito di una concreta e corretta comparazione dei dati omogenei acquisiti.

La presidenza del Tribunale di Alba non potrebbe considerarsi un dato di prevalenza, come indicato nella relazione di maggioranza, trattandosi di un periodo di svolgimento di funzioni direttive da contrapporsi, nella valutazione comparativa, alle plurime funzioni direttive esercitate dal ricorrente.

Le funzioni di legittimità, quale Consigliere della Corte dei Conti, non sarebbero né funzioni direttive né funzioni semidirettive, per cui, nella valutazione complessiva dei due aspiranti, l’avere svolto le dette funzioni di legittimità non potrebbe costituire un elemento preferenziale valutabile ai fini dell’attribuzione del posto in questione.

Le affermazioni sulla maggiore conoscenza, da parte del dott. P., della "realtà territoriale piemontese" sarebbero apodittiche e conseguenza di travisamento di fatti.

Violazione ed erronea applicazione della circolare del CSM n. 13000 dell’8 luglio 1999 in materia di "audizioni personali dei magistrati aspiranti all’incarico". Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà e sviamento.

Le audizioni, contrariamente alle preliminari precisazioni del Presidente, non sarebbero inutili, ma sarebbero espressamente elencate dal CSM tra le fonti di conoscenza ai fini della valutazione del merito e delle attitudini, per cui le precisazioni medesime potrebbero essere state fuorvianti non solo per gli altri commissari, ma per gli stessi magistrati ascoltati.

Non sarebbe possibile individuare dalle motivazioni quale sia stato il concreto esito delle audizioni nella valutazione della Commissione.

L’atto di assunzione anticipata del possesso delle funzioni da parte del dott. P. sarebbe viziato per carenza di motivazione e per illegittimità derivata dai precedenti provvedimenti.

Nelle more del giudizio, il ricorrente è venuto a conoscenza di ulteriore documentazione, tra cui l’integrale provvedimento del Plenum, per cui ha proposto i seguenti motivi aggiunti, con i quali ha esteso l’impugnativa, quale atto presupposto alla deliberazione integrativa adottata dal CSM il 21 novembre 2007, sul punto "fattore durata" delle funzioni direttive e semidirettive, qualora la deliberazione medesima sia illegittimamente interpretata in senso restrittivo:

Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione dell’art. 3, co. 1, l. 241/1990 per motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria.

Il provvedimento deliberativo del Plenum, quale atto amministrativo collegiale, sarebbe illegittimo in quanto privo di motivazione autonoma, non potendo equipararsi a motivazione le mere dichiarazioni di voto.

Reiterazione avverso la delibera del Plenum del 15 luglio 2009 e degli altri provvedimenti impugnati dei motivi già prospettati nel ricorso.

Qualora la mera trascrizione, nelle premesse della deliberazione del plenum, dell’attività della V Commissione potesse considerarsi motivazione ob relationem, la delibera del 15 luglio 2009 sarebbe viziato almeno per illegittimità derivata dalla precedente attività.

L’Avvocatura Generale dello Stato ed il controinteressato dott. P., con ampie ed articolate memorie, hanno contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 1° dicembre 2010, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

L’Assemblea Plenaria del Consiglio della Magistratura, nella seduta del 15 luglio 2009, ha deliberato, a maggioranza, la nomina a Presidente del Tribunale di Torino del dott. L. P., magistrato di settima valutazione di professionalità, attualmente Consigliere della Corte di Cassazione, con l’attribuzione allo stesso delle funzioni direttive giudicanti di primo grado.

Con il ricorso introduttivo del giudizio, il dott. O. ha sostanzialmente dedotto l’erronea applicazione delle norme di settore di rango primario e secondario, con particolare riferimento alla omessa considerazione del "fattore durata" nonché l’illogicità e la carenza di motivazione della preferenza accordata al controinteressato, evidenziando che non sarebbe stata compiuta alcuna reale valutazione comparativa tra i due magistrati.

La valutazione comparativa degli aspiranti nel procedimento per il conferimento di funzioni direttive è effettuata al fine di preporre all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo per attitudini e merito.

Il Collegio rileva in primo luogo ed linea generale che, se nella proposta di conferimento dell’incarico può esservi una maggiore enfasi nell’indicare i profili attitudinali e di merito del candidato proposto, ciò rientra nella fisiologica attività del relatore che, dovendo indicare, in una rosa di due o più magistrati, tutti potenzialmente idonei allo svolgimento dell’incarico da conferire, le ragioni della scelta per l’uno anziché per l’altro tende a porre in particolare risalto gli aspetti, o anche le sfumature, che si sono rivelati determinanti. L’utilizzo di frasi più altisonanti o di un maggiore spazio per dare conto delle caratteristiche e delle qualità del magistrato proposto, però, in assenza di un travisamento dei fatti, non può certo riflettersi in un vizio di legittimità dell’azione amministrativa, ma costituisce una mera tecnica di redazione della motivazione, fermo restando che i fatti indicati devono essere oggettivamente verificabili al fine di poter apprezzare la congruità della scelta e la logicità del nesso consequenziale tra presupposti e conclusione.

Ancora su un piano generale, il Collegio fa presente che le determinazioni del Consiglio Superiore della Magistratura costituiscono esercizio di potere discrezionale e, se è vero che la scelta dell’organo di autogoverno costituisce una valutazione di opportunità alla quale il giudice amministrativo non può sovrapporre una propria autonoma valutazione, è altrettanto vero che l’azione amministrativa discrezionale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, oltre che per violazione di legge, anche per illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti nonché per carenza di motivazione o di istruttoria.

In altri termini, il sindacato giurisdizionale sulle delibere con cui il CSM conferisce ai magistrati uffici direttivi può estendersi nell’ambito dell’esame dei presupposti di fatto e della congruità e ragionevolezza della motivazione a base della decisione nonché dell’accertamento del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni.

Nella proposta approvata dal Plenum, con riferimento al profilo strettamente comparativo è indicato come "nessuno degli altri aspiranti può vantare lo stesso grado di qualità ed attitudini", atteso che "sebbene nella platea dei concorrenti vi siano buoni profili di magistrati giudicanti, già con ruoli direttivi e semidirettivi, nessuno di essi, come il dott. P., associa le cinque caratteristiche finora evidenziate e che in sintesi appresso si ricordano: l’aver già ricoperto il ruolo di presidente di tribunale; l’avere arricchito la propria esperienza professionale attraverso le funzioni di legittimità; l’avere ottima conoscenza della realtà territoriale piemontese, per avervi svolto, fino all’accesso in Cassazione, l’intesa carriera; l’essere in possesso di un profilo culturale prestigioso che lo ha reso punto di riferimento nel campo scientifico; l’avere notevoli esperienze di ordinamento giudiziario, evincibili dall’aver fatto parte per due volte del Consiglio giudiziario di Torino"; per quanto attiene poi alla specifica comparazione con il dott. O., è specificato che "un giudizio di sicura prevalenza va espresso anche rispetto a quei magistrati che, pur avendo esercitato funzioni direttive, non associno le caratteristiche sopra evidenziate: è il caso… dei dottori O…., cui difettano rispetto al proposto… l’esercizio delle funzioni di legittimità ma anche un profilo culturale altrettanto prestigioso sul piano scientifico".

Di talché, le ragioni che hanno indotto il CSM a nominare Presidente del Tribunale di Torino il dott. P. anziché il dott. O. possono essere sintetizzate nell’esercizio delle funzioni di legittimità, che, svolte dal controinteressato a far tempo dal novembre 2002, il ricorrente non ha invece mai ricoperto, ed in un più prestigioso profilo culturale sul piano scientifico.

Il Collegio ritiene che la valutazione comparativa operata dal CSM sia immune dai vizi prospettati e, comunque, non si presenti irragionevole, illogica o basata su un travisamento dei fatti, perché le esperienze professionali del controinteressato si rivelano tali da rendere plausibile la scelta effettuata in relazione all’Ufficio direttivo da ricoprire.

Il dott. O. è stato dal 1966 sostituto procuratore presso il Tribunale di Pinerolo, dal 1967 pretore e poi giudice del Tribunale di Torino, dal 1987 Consigliere Istruttore Aggiunto del Tribunale di Torino, dal 7.12.1989 Presidente aggiunto della Sezione Gip a Torino, dal 15.2.1994 Procuratore della Repubblica a Novara, dal 15.3.1999 Presidente di Sezione della Corte di Appello di Torino sino alla scadenza ex l. 111/2007.

Il dott. P. è stato dal 24.8.1976 pretore a Torino, dal 16.6.1978 pretore del lavoro a Torino, dal 4.3.1982 giudice del Tribunale di Torino, dal 14.4.1993 Presidente del Tribunale di Alba, dal 4.11.2002 Consigliere della Corte di Cassazione.

In ordine al "fattore durata" invocato dal ricorrente, occorre far presente che, ai sensi dell’art. 12, co. 10, d.lgs. 160/2006, per il conferimento delle funzioni direttive giudicanti di primo grado, sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l’attitudine direttiva.

La circolare sul conferimento degli incarichi direttivi (circolare n. P13000 dell’8 luglio 2009 e successive modifiche del 7 marzo 2001 e del 22 giugno 2005) è stata integrata con deliberazione del 21 novembre 2007, la quale, rilevato che la l. 111/2007 ha notevolmente ridotto l’importanza dell’anzianità nel ruolo ai fini del conferimento degli incarichi, evidenzia però che il fattore "durata" è destinato ad avere un peso specifico nella valutazione delle attitudini e del merito, fino a potersi considerare requisito di ingresso per una prima utile comparazione.

In particolare, attitudini positive, mantenute e reiteratamente riscontrate in un determinato arco di tempo, assumono un valore particolarmente pregnante giacché evidenziano capacità espresse in maniera costante anche in contesti temporali, funzionali e territoriali diversi ed analogo discorso vale per la positiva valutazione del merito che acquista un valore aggiunto laddove il positivo rendimento del magistrato si sia realizzato in un significativo periodo di tempo.

Così interpretato, il fattore "durata" diviene criterio di validazione dei parametri del merito e delle attitudini, dei quali attesta la costanza e la persistenza e perciò lo specifico valore.

In altri termini, la circolare afferma che una maggiore esperienza professionale, purché strettamente collegata a positive valutazioni sul piano delle attitudini e del merito, segnala che il magistrato ha maturato una capacità professionale ed un profilo attitudinale peculiari che gli consentono di affrontare con maggiore sollecitudine ed in termini più adeguati le problematiche relative alla conduzione e gestione di un ufficio direttivo.

In questa prospettiva, appare prefigurabile un meccanismo di selezione valutativa che, partendo dal più giovane partecipante al concorso, determini in linea di principio quale sia il valore aggiunto, valutabile solo all’interno dei parametri del merito e delle attitudini, da attribuire al durevole esercizio delle funzioni e alla costante capacità professionale per pervenire ad una significativa ed utile valutazione comparativa tra gli aspiranti.

Tra gli aspiranti utilmente collocati in quest’area di valutazione, l’anzianità non assume poi alcun ulteriore rilievo, dovendosi la stessa tradurre in esperienze maturate ed attività realizzate, valutabili solo all’interno dei parametri del merito e delle attitudini.

Nel caso di specie, di conseguenza, se è vero che il ricorrente ha svolto funzioni direttive e semidirettive per circa 20 anni (dal 7.12.1989 quale Presidente aggiunto della Sezione Gip a Torino, dal 15.2.1994 quale Procuratore della Repubblica a Novara, dal 15.3.1999 quale Presidente di Sezione della Corte di Appello di Torino sino alla scadenza ex l. 111/2007), mentre il controinteressato ha svolto funzioni direttive per circa 9 anni (dal 1993 al 2002 quale Presidente del Tribunale di Alba), è altrettanto vero che tale maggiore durata può rilevare solo ai fini dell’apprezzamento dei parametri delle attitudini e del merito al fine di preporre all’ufficio il candidato più idoneo.

Il CSM ha ritenuto prevalente il dott. P. sul dott. O. sulla base delle due circostanze in precedenza evidenziate e ciò attesta che gli altri profili, in quanto non venuti espressamente in considerazione, sono stati verosimilmente considerati equivalenti ai fini dell’apprezzamento delle attitudini e del merito.

Tale valutazione non può ritenersi manifestamente illogica in quanto, se la maggiore e positiva durata dello svolgimento di funzioni direttive e semidirettive avrebbe dovuto indubbiamente costituire un indice di preferenza per il dott. O., deve però rilevarsi che il dott. P. ha svolto, per un periodo minore ma anch’esso considerevole, funzioni omologhe a quelle dell’Ufficio posto a concorso, vale a dire quelle di Presidente di Tribunale, sia pure in un ambito dimensionale evidentemente inferiore, in un’area geografica vicina.

In altri termini, è plausibile ritenere che l’avere già ricoperto il ruolo di Presidente di Tribunale in un contesto territoriale omogeneo a quello di Torino possa sostanzialmente compensare la maggiore durata di positivo svolgimento di incarichi direttivi e semidirettivi.

Ne consegue che non può ritenersi irragionevole la prevalenza attribuita al controinteressato in ragione di profili diversi, e cioè delle circostanze evidenziate dall’organo di autogoverno, in quanto sia lo svolgimento di funzioni di legittimità sia un profilo culturale prestigioso sul piano scientifico, se non costituiscono elementi di per sé soli sufficienti a giustificare un giudizio di prevalenza in presenza di contrapposti profili di prevalenza dell’altro candidato, possono invece logicamente ritenersi elementi di prevalenza quando, in relazione agli altri aspetti, i profili professionali dei due candidati, nella fattispecie entrambi eccellenti, tendono sostanzialmente a pareggiarsi.

Lo svolgimento di funzioni di legittimità ed un profilo culturale prestigioso sul piano scientifico, infatti, sono elementi che certamente possono essere apprezzati ai sensi del richiamato art. 12, co. 10, d.lgs. 160/2006.

In definitiva, il ricorso introduttivo del giudizio è infondato e va di conseguenza respinto in quanto il Collegio rileva che tra i due candidati, entrambi dall’elevatissimo profilo professionale e potenzialmente in grado di ricoprire il posto a concorso, la scelta operata dal CSM in favore del dott. P. è stata congruamente motivata e non si presenta illogica o basata su un travisamento dei fatti, sicché è immune dai vizi di legittimità prospettati.

Per quanto concerne le ulteriori censure proposte dal ricorrente con il ricorso introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti, è sufficiente rilevare che:

non è stata fornita alcuna precisazione su come gli altri commissari e gli stessi magistrati ascoltati siano stati concretamente fuorviati dalle preliminari precisazioni del Presidente sulle audizioni;

le audizioni costituiscono una fonte integrativa di conoscenza e non esiste alcun esito delle stesse né sussiste un onere di indicarne diffusamente il contenuto, fermo restando che, come emerge da una delle dichiarazioni di voto, le audizioni sono state tenute in considerazione;

non sussiste alcun interesse del ricorrente all’impugnazione dell’atto di assunzione anticipata del possesso delle funzioni da parte del dott. P.;

la delibera del CSM, a prescindere dalla dichiarazioni di voto, quale atto amministrativo collegiale è ampiamente motivata con riferimento alla proposta approvata;

non sono state formulate specifiche censure avverso le integrazioni introdotte dal CSM in data 21.11.2007 alla circolare n. 13000 dell’8.7.1999, alle quali l’impugnativa è stata estesa con motivi aggiunti;

il parere adottato dall’Ufficio Studi e Documentazione del CSM in relazione al ricorso non ha alcuna efficacia lesiva della sfera giuridica del ricorrente, sicché la relativa impugnativa è inammissibile.

All’infondatezza delle censure dedotte segue l’infondatezza del ricorso che va di conseguenza respinto.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 2.000/00 (duemila/00), sono poste a carico del ricorrente ed a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti per Euro 1.000/00 (mille/00) e del controinteressato per Euro 1.000/00 (mille/00).
P.Q.M.

Respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000/00 (duemila/00), a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti per Euro 1.000/00 (mille/00) e del controinteressato per Euro 1.000/00 (mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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