Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-01-2013) 27-02-2013, n. 9297

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Barcellona P.G., con sentenza dell’1/7/2008, dichiarava A.E. responsabile della contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 209 del 2003, art. 13, così diversamente qualificato il fatto ascritto nella imputazione originaria ex D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, e concesse le attenuanti generiche lo condannava alla pena di mesi 8 di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda.

La Corte di Appello di Messina, chiamata a pronunciarsi sull’appello interposto nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 23/3/2011, ha confermato il decisum di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la difesa dell’ A., con i seguenti motivi:

– l’imputato andava assolto per non avere commesso il fatto, in quanto le risultanze istruttorie hanno permesso di evidenziare che i veicoli rinvenuti sul terreno in questione non erano in disuso ed in completo stato di abbandono, bensì destinati alla attività di riparazione meccanica, svolta dall’imputato nella propria officina;

su tale specifico motivo di appello il giudice di seconde cure ha omesso di fornire il dovuto riscontro.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

La argomentazione motivazionale, sviluppata nella impugnata pronuncia, fornisce esaustiva e logica giustificazione delle ragioni supportanti la ritenuta sussistenza del reato in contestazione e della colpevolezza del prevenuto.

Con l’unico motivo di annullamento la difesa dell’ A. contesta l’iter logico-estimativo, svolto dal decidente nel valutare le emergenze istruttorie, rilevando che nella specie non sarebbe ravvisarle la contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 209 del 2003, art. 13, in quanto il prevenuto si serviva degli automezzi rinvenuti allo scopo di reperire eventuali pezzi di ricambio da usare per le riparazioni di altri autoveicoli nella sua officina meccanica.

La censura è palesemente priva di pregio.

A giusta ragione, infatti, i giudici di merito hanno evidenziato che la piattaforma probatoria ha permesso di rilevare nel terreno in questione la presenza di sedici automobili dismesse, di vario tipo e marca, e una vespa PK 50 sprovvista di ruote (documentazione fotografica elaborata dai verbalizzanti), e che l’attività di gestione di esse da parte dell’imputato concretizza il reato di cui al D.Lgs. n. 209 del 2003, art. 6, comma 2, sanzionato dal successivo art. 13; attività di gestione, d’altronde, confermata dagli stessi testi assunti a discarico.

Osservasi, quindi, che non è ravvisabile nella specie alcun travisamento della prova, in quanto, contrariamente all’assunto della difesa, le risultanze istruttorie sono state oggetto di analisi del tutto corretta, permettendo di qualificare la condotta posta in essere dall’imputato in maniera imprenditoriale nella esatta ipotesi contravvenzionale ritenuta dal decidente.

Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che l’ A. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente determinata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013

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