T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 429

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Espone il ricorrente – Sostituto presso la Procura della Repubblica di Firenze – presentato istanza di autorizzazione per incarico extragiudiziario avente ad oggetto lo svolgimento di n. 6 ore di lezione per l’insegnamento di Diritto processuale penale presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della Università degli Studi di Firenze nel periodo 17 gennaio 2011 – 9 marzo 2011, previamente dandone comunicazione al Procuratore della Repubblica.

Il 22 novembre 2010 veniva trasmessa all’interessato la nota del 16 novembre 2010, con la quale veniva comunicato che il CSM, nella seduta del 10 novembre, aveva deliberato "di non autorizzare il Dott. L.B. a svolgere l’incarico specificato in epigrafe".

Assume il ricorrente che tale atto sia illegittimo per:

1) Violazione della circolare n. P19612/2010 del 4 agosto 2010 – delibera del 29 luglio 2010

Al momento in cui, nel novembre 2010, è stata esaminata l’istanza di autorizzazione presentata dal ricorrente, quest’ultimo non aveva procedimenti penali o disciplinari pendenti e non aveva subito una sanzione disciplinare negli ultimi cinque anni: per l’effetto escludendosi la sussistenza di elementi ostativi, sul piano dei precedenti penali o disciplinari, al rilascio dell’autorizzazione richiesta.

Né il riferimento ad un precedente provvedimento sanzionatorio disciplinare ormai ultraquinquennale, sarebbe a tal fine rilevante.

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione dell’art. 3 della legge 241/1990 sotto il profilo del difetto di motivazione.

Nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che il CSM abbia inteso dare discrezionalmente rilievo a tale risalente precedente disciplinare, l’opposto diniego di autorizzazione risulterebbe comunque illegittimo in quanto l’Organo di autogoverno avrebbe dovuto rapportare la rilevanza di tale precedente con gli altri elementi istruttori cui l’art. 4 della citata circolare attribuisce obiettivo rilievo.

3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti e degli elementi istruttori.

Nel ribadire come il provvedimento di diniego impugnato sia motivato con riferimento ad una sanzione disciplinare irrogata al ricorrente nel 2003, per le ragioni in precedenza esposte non avente carattere giustificante del diniego stesso, contesta poi il ricorrente l’enfatizzazione ed il travisamento dei fatti, contenuti nella gravata determinazione, del comportamento per il quale è stata a suo tempo irrogata la sanzione disciplinare; nel farlo, tuttavia, non solo lo ha enfatizzato ma lo ha totalmente travisato con il risultato di farlo apparire ben più grave

4) Eccesso di potere per contraddittorietà.

Evidenzia da ultimo il ricorrente la contraddittorietà del gravato diniego di autorizzazione, atteso che l’interessato è stato in precedenza designato come relatore in importanti incontri di studio organizzati dallo stesso CSM nell’ambito dei programmi di formazione decentrata dei magistrati del Distretto della Corte di Appello di Firenze.

Conclude la parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame ed il conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

La rilevata sussistenza dei presupposti indicati all’art. 60 del D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104 (Codice del processo amministrativo) consente di trattenere la presente controversia – portata all’odierna Camera di Consiglio ai fini della delibazione dell’istanza cautelare dalla parte ricorrente incidentalmente proposta – ai fini di un’immediata definizione nel merito.

Prevede infatti la disposizione da ultimo citata che, "in sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata".

Quanto ai presupposti per l’adottabilità della tipologia di decisione da ultimo indicata, va soggiunto come il successivo art. 74 del D.Lgs 104/2010 precisi che la sentenza in forma semplificata è suscettibile di definire il giudizio nel caso in cui l’adito organo di giustizia "ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso"; la relativa motivazione potendo "consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme".

Nel precisare che le parti presenti all’odierna Camera di Consiglio sono state al riguardo sentite, il ricorso all’esame si rivela fondato.

Va preliminarmente precisato che la gravata determinazione, con la quale il Consiglio Superiore della Magistratura ha rigettato la richiesta di autorizzazione allo svolgimento di lezioni (per n. 6 ore) dal ricorrente avanzata, è motivata con riferimento alla condanna con sentenza del 10 ottobre 2003 della Sezione disciplinare alla sanzione della perdita di anzianità di un anno, in quanto "responsabile della violazione dell’art. 18 del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, per aver violato il dovere di correttezza e trasparenza comportamentale rendendosi immeritevole della fiducia e della considerazione di cui il magistrato deve godere e così compromettendo il prestigio delle funzioni giudiziarie esercitate".

Sul fondamento di tale pregiudizio, il C.S.M. – quanto alla richiesta all’esame – ha ritenuto che la situazione di fatto a presupposto dell’irrogata sanzione "risulta idonea, per la natura dei fatti oggetto della condanna disciplinare, a pregiudicare gravemente la credibilità ed il prestigio del magistrato e, di riflesso, dell’ordine giudiziario, anche in considerazione della natura didattica e scientifica dell’incarico conferito comportante pubblica esposizione".

Ciò osservato, rileva il Collegio come la circolare P19612/2010 del 4 agosto 2010 (di cui alla delibera del 29 luglio 2010) prescrive (art. 4) che "l’autorizzazione del C.S.M. è sempre subordinata al positivo riscontro della compatibilità dell’incarico con:

a) le esigenze del servizio (efficienza ed efficacia dell’amministrazione della giustizia) vanno assicurate anche impedendo rilevanti sottrazioni di energie lavorative all’ufficio;

b) le funzioni concretamente espletate dal magistrato interessato (occorre evitare che i valori dell’indipendenza ed imparzialità siano compromessi, ovvero possano apparire compromessi o anche soltanto esposti a rischio, per effetto di gratificazioni collegabili ad incarichi concessi o controllati da soggetti estranei all’amministrazione della giustizia)".

Prosegue la Circolare all’esame soggiungendo che "il C.S.M. valuterà le suddette esigenze tenendo particolarmente conto del parere espresso dal Dirigente dell’Ufficio. Tale parere, che dovrà essere esaustivo sulla compatibilità dell’incarico con l’esigenza dell’ufficio, comporta la piena assunzione di responsabilità sul suo contenuto.

Il C.S.M. valuterà pertanto l’opportunità di rilasciare o meno l’autorizzazione anche in relazione alla natura dell’incarico, alla sua durata e all’impegno che esso comporta, sia in fase di preparazione sia in fase di effettivo espletamento, nonché all’entità del compenso eventualmente previsto. Terrà anche conto del numero complessivo dei magistrati impiegati per quella attività dallo stesso soggetto.

Nel valutare l’opportunità dell’autorizzazione il C.S.M. prenderà altresì in considerazione il numero e il tipo degli incarichi espletati dal magistrato interessato nel corso dell’ultimo quinquennio, avendo speciale riguardo agli incarichi che risultino ancora in corso di svolgimento. Si terrà inoltre conto degli incarichi, oggetto di separata istanza di autorizzazione, per i quali sia in corso l’istruttoria da parte del Consiglio".

L’art. 4, ultimo comma della circolare medesima stabilisce, poi, che "non possono essere rilasciate autorizzazioni né designati per incarichi magistrati che siano stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo negli ultimi 10 anni, oppure sanzionati disciplinarmente e/o trasferiti d’ufficio negli ultimi cinque anni".

Il contenuto delle illustrate disposizioni dettate dall’Organo di autogoverno ai fini dell’esercizio del potere autorizzativo concernente incarichi extragiudiziari persuade il Collegio della fondatezza del gravame.

La rilevanza ostativa ai fini dell’autorizzazione di che trattasi assunta dai pregiudizi disciplinari in un ambito esclusivamente quinquennale esclude che possa assumere legittimo rilievo, ai fini in discorso, la condanna disciplinare inflitta al ricorrente nel 2003.

Sotto altro profilo, il vulnus asseritamente inferto dallo svolgimento del ciclo di lezioni onde trattasi alla "credibilità ed (al) prestigio del magistrato e, di riflesso, dell’ordine giudiziario, anche in considerazione della natura didattica e scientifica dell’incarico conferito comportante pubblica esposizione" si risolve, piuttosto che in una motivazione avente concludente e dimostrabile rilievo, in una mera petizione di principio, affatto avulsa da una (altrimenti necessaria) concreta valutazione:

– in ordine all’attuale e perdurante presenza, riferibile alla personalità morale e professionale del magistrato, di elementi e/o circostanze suscettibili di arrecare discredito alla estimazione del medesimo e, derivativamente, al prestigio dell’ordine giudiziario";

– dell’attitudine dell’incarico extragiudiziario conferito (avente natura didatticoscientifica) a determinare, anche solo potenzialmente, profili di pregiudizio nel senso sopra indicato, rivenienti dalla "pubblica esposizione" conseguente all’incarico stesso (laddove, con ogni evidenza, è la sostanza stessa dell’esercizio delle funzioni giudiziali, di carattere istituzionale, ad indurre necessariamente una "pubblica esposizione").

Consegue alle condotte considerazioni che la motivazione dell’avversato diniego, in quanto apoditticamente fondata sul preteso carattere ostativo assunto, ai fini dell’autorizzazione dell’incarico di che trattasi, da un risalente precedente disciplinare, rivela carattere di inadeguatezza ed incongruità: per l’effetto imponendosi, in accoglimento delle censure al riguardo dedotte dal ricorrente, l’annullamento degli atti con il presente mezzo di tutela impugnati.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), immediatamente ritenuto per la decisione nel merito, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. 2 luglio 2010 n. 104 (Codice del processo amministrativo), il ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti con esso impugnati.

Condanna il Consiglio Superiore della Magistratura, nella persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente dott. B.L. per complessivi Euro 1.500,00 (euro mille e cinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere, Estensore

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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