Cass. civ. Sez. III, Sent., 24-07-2012, n. 12905 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.L. conveniva davanti al tribunale di Crotone M. L. per sentirlo condannare al risarcimento del danno morale e biologico, causatogli nel corso di un incidente stradale, per non essersi il M. fermato al segnale di stop. L’assicuratrice Reale Mutua s.p.a. si costituiva e pagava la somma di L. 100 milioni a titolo di risarcimento, incassata dall’attore solo a titolo di acconto.

Il tribunale rigettava la domanda, ritenendo congrua la somma versata dall’assicuratrice.

La corte di appello di Reggio Calabria, adita dall’attore, rigettava l’appello con sentenza depositata il 15.11.2008.

Riteneva la corte di appello che l’appellante non aveva fornito la prova del suo danno patrimoniale da riduzione della capacità di guadagno, non avendo documentato i propri redditi successivamente al sinistro, ma solo quelli percepiti precedentemente e che neppure poteva procedersi alla liquidazione del danno da riduzione da invalidità temporanea, in quanto era stato provato che il reddito dell’attore proveniva nella misura di oltre L. 100 milioni annui da partecipazioni societarie.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attore.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2054, 2056, 1223 e 1226 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 32, nonchè la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per vizio motivazionale su fatto controverso e decisivo.

Assume il ricorrente che egli svolge l’attività di farmacista e che, avendo subito la riduzione della capacità lavorativa specifica nella misura del 15%, in tali termini gli doveva essere riconosciuto anche il risarcimento del danno patrimoniale e che, in ogni caso, gli sarebbe spettato il risarcimento del danno patrimoniale da invalidità temporanea per giorni 265.

Il motivo si conclude con il seguente quesito: "Innanzi ad un danno permanente superiore al 15% e ad una consulenza tecnica d’ufficio che dichiari una diminuita capacità lavorativa specifica pari al 15% spetta al danneggiato il risarcimento del danno prescindendo dall’effettiva diminuzione del reddito ed inoltre spetta il pagamento della somma relativa al danno patrimoniale per i giorni di malattia, nei quali il danneggiato non ha potuto attendere alla propria attività lavorativa?." 2. Anche a voler ritenere adeguato il quesito a norma dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo è infondato.

Osserva preliminarmente questa Corte che, in tema di danno patrimoniale, ai fini della risarcibilità di quello conseguente alla riduzione della capacità lavorativa specifica (anche in caso di postumi permanenti acclarati), il giudice, oltre a dover accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla suddetta capacità (e, a sua volta, sulla capacità di guadagno), è tenuto anche a verificare se e in quale misura nel soggetto leso persista o residui, dopo e malgrado l’infortunio patito, una capacità ad attendere al proprio o ad altri lavori confacenti alle sue attitudini nonchè alle sue condizioni personali e ambientali in modo idoneo alla produzione di altre fonti di reddito, in sostituzione di quelle perse o ridotte, e solo nell’ipotesi in cui, in forza di detti complessivi elementi di giudizio, risulti una riduzione della capacità di guadagno e, in virtù di questa, del reddito effettivamente percepito, tale ultima diminuzione è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante (Cass. n. 9444 del 21/04/2010;

Cass. n. 1690 del 25/01/2008).

Pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette "micropermanenti", le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà. In quanto prova presuntiva essa potrà essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacità di lavoro specifico, non vi è stata alcuna riduzione della capacità di guadagno e che, quindi, non è venuto a configurarsi in concreto alcun danno patrimoniale (Cass. n. 9444 del 21/04/2010).

3. Non può quindi giungersi ad una automatismo valutativo, come sostenuto dal ricorrente, per cui accertata la riduzione della capacità lavorativa specifica, è in re ipsa la riduzione della capacità di guadagno ed il conseguente danno patrimoniale.

In questi termini milita solo una presunzione semplice, che può il giudice ritenere non sussistente nel caso concreto, soprattutto allorchè per il tempo già decorso tra il momento della guarigione, con stabilizzazione dei postumi, ed il momento della decisione non sia stata provata alcuna riduzione dei guadagni conseguiti e tale mancata riduzione non sia ascrivibile ad un fattore particolare non proiettabile nel futuro.

Nella fattispecie la corte di appello ha ritenuto che non potesse ritenere esistente, sia pure in via presuntiva, una riduzione della capacità di guadagno quale automatica conseguenza della riduzione della capacità lavorativa specifica di farmacista accertata dal c.t.u. nella misura del 15%, perchè i redditi conseguiti e dichiarati dall’attore costituivano proventi da partecipazioni a società e perchè lo stesso attore, pur avendo prodotto la prova dei suoi redditi negli anni precedenti al sinistro (1997), non aveva provato gli stessi per gli anni successivi, in modo da poter ritenere provati tali danni fino a quella data e poterne inferire presunzioni per il danno futuro.

4. Va, inoltre, considerato che la liquidazione del danno patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità di guadagno e, quindi, della produzione del reddito – per effetto della diminuita capacità lavorativa specifica determinata dai postumi permanenti di una lesione all’integrità psico-fisica – non può essere eseguita meccanicamente in base alle indicazioni della L. 26 febbraio 1977, n. 39, il cui art. 4 non impone alcun automatismo di calcolo, ma si limita ad indicare taluni criteri di quantificazione del danno sul presupposto della prova relativa, la quale, in ogni caso, incombe al danneggiato, sia pure attraverso presunzioni, nella fattispecie escluse dalla sentenza impugnata per le ragioni dette.

5. E’ inammissibile la censura relativamente alla liquidazione del danno patrimoniale da invalidità temporanea. Infatti a fronte dell’assunto della sentenza impugnata , secondo cui la "domanda di più congrua liquidazione di tale tipo di danno non era provata da documentazione della propria situazione reddituale a seguito del sinistro," di cui l’attore aveva omesso la produzione, la censura si risolve in generiche doglianze, in violazione del principio di specificità dei motivi di censura.

6. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver il giudice disposto la compensazione delle spese.

7. Il motivo è infondato.

Nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), applicabile alla fattispecie, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese "per giusti motivi" deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali (Cass. civ., Sez. Unite, 30/07/2008, n. 20598).

Tanto si è verificato nella fattispecie e, consequenzialmente al rilievo della ritenuta congruità della somma offerta dall’assicuratore pari alla metà di quella richiesta dall’attore, la corte di appello ha ritenuto corretta la compensazione delle spese di primo grado ed ha compensato le spese dell’appello, pur in presenza del rigetto dello stesso.

8. Il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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