T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 421

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 15 luglio 2009, depositato il successivo 16 luglio, la società "I.I.P.I.M.D.Q." s.p.a. (IMQ s.p.a.), impugna il provvedimento 29 aprile 2010 n. 19819, con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha accertato una sua pratica commerciale scorretta, ai sensi dell’art. 21, co. 1, lett. b) e dell’art. 22 del Codice del consumo, e ha irrogato una sanzione amministrativa pecuniaria di 70.000 euro.

Precisa la società ricorrente:

– di avere svolto una campagna pubblicitaria nel dicembre 2007, esclusivamente su radio, articolata su tre annunci di 30 secondi ciascuno, che si concludevano con la pronuncia della frase "Quando compri un prodotto elettrico o a gas cerca il M. IMQ, I.I.D.M.D.Q. che indica che la sicurezza è stata certificata da un ente di certificazione IMQ, qualità e sicurezza nelle case degli italiani";

– ricevuta una richiesta di informazioni dall’Autorità in data 30 settembre 2008, e fornite le informazioni richieste (nota 6 ottobre 2008), la medesima Autorità rivolgeva a IMQ un "invito a rimuovere i profili di possibile scorrettezza della condotta commerciale", dovendosi precisare nei messaggi che il consumatore "nell’acquisto di un prodotto a gas deve ricercare il M. CE 0051, mentre solo per i prodotti a gas dotati di alimentazione elettrica può rinvenire anche il M. IMQ";

– la società IMQ si dichiarava disponibile, con nota 6 novembre 2008, a modificare il messaggio pubblicitario "eliminando ogni riferimento al M. IMQ, sostituito con l’invito, rivolto agli acquirenti, a richiedere sic et simpliciter prodotti elettrici o a gas certificati da IMQ";

– ricevuta comunicazione di avvio del procedimento, volto ad accertare l’eventuale scorrettezza della pratica commerciale, la IMQ, oltre a fornire le informazioni richieste, spiegava le ragioni per le quali riteneva di avere soddisfatto, con la modifica proposta, le esigenze di chiarezza prospettate dall’autorità garante e, in ogni caso, "si dichiarava disponibile a limitare il proprio messaggio all’attività di certificazione svolta con riferimento ai soli prodotti elettrici, con esclusione quindi di quelli a gas";

– nonostante ciò, l’Autorità garante, con il provvedimento assunto nell’adunanza del 29 aprile 2009, ha ritenuto che la diffusione dei predetti radiocomunicati costituisca una pratica commerciale scorretta, in quanto trasmette al consumatore informazioni imprecise, e quindi sussiste la violazione dell’art. 21, comma 1, lett. b) del Codice del consumo, poiché il messaggio è idoneo "ad indurre in errore il consumatore in merito ad una caratteristica fondamentale del prodotto, ossia la natura della certificazione di qualità e sicurezza", nonché la violazione dell’art. 22, poiché il messaggio "omette di fornire l’informazione che il M. IMQ può essere aggiunto solamente agli apparecchi dotati di alimentazione elettrica, e quindi non a tutti gli apparecchi a gas", risultando quindi idoneo ad indurre "il consumatore ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso".

Avverso tale provvedimento, vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, pubblicità e trasparenza dell’art. 97 Cost. e dell’art. 1 l. n. 241/1990; violazione art. 4, co. 3, del Reg. sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette e del principio del contraddittorio; violazione e falsa applicazione art. 10bis l. n. 241/1990; poiché l’Autorità, senza comunicare alcuna valutazione in ordine alle modifiche al messaggio proposte dalla ricorrente, e quindi senza preavviso di diniego in ordine alla istanza recante le modifiche al messaggio, ha comunicato direttamente l’apertura del procedimento;

b) travisamento delle risultanze istruttorie; eccesso di potere per illogicità manifesta; ciò in quanto, alla luce delle attività legittimamente svolte da IMQ, debitamente rappresentate (v. pagg. 1314 ric.), "l’invito rivolto al consumatore a richiedere "prodotti elettrici o a gas certificati da IMQ" rispecchia perfettamente la realtà dei fatti, quale accertata nella fase preistruttoria che ha preceduto l’apertura del procedimento";

c) illogicità manifesta; travisamento delle risultanze istruttorie; poiché il messaggio non è idoneo a trarre in inganno il consumatore, posto che non può verificarsi l’eventualità che egli acquisti un prodotto privo della marcatura CE (CE 0051) e dotato invece di M. IMQ, giacchè, essendo la marcatura CE obbligatoria, "un prodotto del genere non può esistere sul mercato italiano, in quanto contra legem". Né, in ogni caso, la frase censurata "suggerisce che la marcatura CE sia superflua", né "esaurisce l’intero contenuto dei radiocomunicati";

d) violazione e falsa applicazione art. 27, co. 9, d. lgs. n. 206/2005, in rel. all’art. 11 l. n. 689/1981; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; ingiustizia manifesta e violazione del principio di proporzionalità; poiché, nel determinare la sanzione, l’Autorità ha omesso di prendere in considerazione l’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione, ed in ogni caso la sanzione "appare grandemente sproporzionata in rapporto alla gravità dell’illecito".

Si è costituita in giudizio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Occorre, innanzi tutto osservare, che – come peraltro riconosciuto dalla stessa ricorrente (v. pag. 9 ric.) – il Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette (Delibera AGICOM 15 novembre 2007 n. 17509) non prevede espressamente "quali azioni debba intraprendere l’Autorità a fronte della risposta data dal professionista all’invito a rimuovere i profili di possibile scorrettezza nella pratica considerata".

E’ evidente, quindi, che laddove l’Autorità consideri insoddisfacente o irrilevante (in relazione alla contestazione) la proposta offerta in replica a quanto da essa evidenziato, ben possa dare avvio al procedimento istruttorio, inviando all’interessato la prescritta comunicazione (come nel caso di specie è avvenuto).

Né può rilevarsi, in tale successione di atti, una violazione dell’art. 10bis l. n. 241/1990, sia in quanto tale disposizione, per espressa previsione legislativa, trova applicazione nei procedimenti ad istanza di parte (e tale non è quello qui considerato), sia in quanto la fase preistruttoria considerata non assurge ad autonomo procedimento, né questo – ove anche volesse considerarsi sussistente – è destinato a concludersi con un provvedimento favorevole al richiedente che, qualora l’amministrazione non ritenga di emanarlo, deve essere preceduto dal cd. preavviso di diniego.

Pertanto, deve essere considerato infondato il primo motivo di ricorso, riportato sub a) dell’esposizione in fatto.

Nel merito, come si evince dal provvedimento impugnato, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha riscontrato, nella campagna pubblicitaria della società ricorrente, la violazione degli artt. 21, comma 1, lett. b) e 22 del Codice del consumo (d. lgs. n. 206/2005).

Come è noto, l’art. 21 prevede, tra l’altro, che::

"è considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:… b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, gli accessori, l’assistenza postvendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto.".

Il successivo art. 22, relativo alle "omissioni ingannevoli", prevede (comma 1), che "è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonchè dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.".

Quanto alla idoneità del messaggio a pregiudicare il comportamento economico dei consumatori, questo Tribunale (TAR Lazio, sez. I, 8 settembre 2009 n. 8399), ha già affermato che non occorre verificare la concreta esistenza di un pregiudizio per il consumatore, quanto la potenzialità lesiva del messaggio pubblicitario sulla libera determinazione delle sue scelte.

Orbene, nel caso di specie, come si legge nel provvedimento del 29 aprile 2009, il messaggio diffuso da IMQ s.p.a. "è idoneo ad indurre in errore il consumatore in ordine ad una caratteristica fondamentale del prodotto, ossia la natura della certificazione di qualità e sicurezza", ed esso, inoltre, "omette di fornire l’informazione che il M. IMQ può essere aggiunto solamente agli apparecchi dotati di alimentazione elettrica, e quindi non a tutti gli apparecchi a gas, quale certificazione volontaria di conformità", di modo che tale messaggio è idoneo ad indurre "il consumatore ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso".

In buona sostanza, poiché ai sensi della direttiva 90/396/CEE, per i prodotti a gas (salvo quelli dotati di accensione elettrica), deve essere apposta solo la marcatura CE, seguita dal numero di identificazione dell’organismo notificato che interviene nella fase di controllo, affermare – come è avvenuto nel messaggio – che il consumatore deve ricercare il marco IMQ che "indica che la sicurezza è stata certificata", non chiarisce che il M., diverso da quello indicato, che deve essere obbligatoriamente apposto su tutti gli apparecchi è il M. CE, seguito dal numero identificativo dell’ente certificatore.

Né si chiarisce che l’IMQ, lungi dal garantire – quale sua caratteristica peculiare ed esclusiva – la sicurezza del prodotto, si limita ad effettuare una attività obbligatoria, che deve essere esclusivamente indicata dal M. CE (nella specie, CE0051, quest’ultimo numero costituente il codice di identificazione dell’IMQ); in tal modo, dunque, si ingenera nel consumatore una convinzione non esatta in ordine ad una caratteristica fondamentale del prodotto, inducendolo a credere che solo il M. IMQ indichi che la sicurezza è stata certificata da un ente di certificazione.

Allo steso modo, per i prodotti a gas dotati di accensione elettrica, il messaggio non chiarisce che l’apposizione del M. IMQ costituisce una mera certificazione volontaria di conformità.

In tale contesto, non ha alcun rilievo osservare che il consumatore mai potrebbe acquistare un prodotto privo del M. CE, perché tale prodotto "non può esistere sul mercato italiano, in quanto contra legem" (pag. 15 ric.), poiché ciò che è in discussione (e costituisce parte fondamentale della motivazione del provvedimento impugnato) non è la "sostituzione" del M. CE con il M. "IMQ" (quest’ultimo infatti non si "sostituisce", ma si "aggiunge" al primo), bensì il falso convincimento, indotto nel consumatore, che la presenza del M. IMQ (e solo di questo), anche in presenza del M. CE, indichi che il prodotto è "sicuro", in quanto certificato da un ente a ciò preposto.

Alla luce di quanto esposto, il provvedimento impugnato appare immune dai vizi denunciati con i motivi di ricorso riportati sub lettere b) e c) dell’esposizione in fatto, posto che le conclusioni alle quali perviene l’Autorità appaiono perfettamente coerenti e conseguenti alle risultanze istruttorie ed, inoltre, sorrette da congrua e coerente motivazione.

Anche il motivo sub d) dell’esposizione in fatto, relativo alla entità della sanzione, è infondato.

Ed infatti, dalla lettura del provvedimento, si evince che, quanto alla determinazione della sanzione (che attiene all’esercizio di discrezionalità dell’amministrazione titolare del potere sanzionatorio), quest’ultimo abbia correttamente considerato i criteri di cui all’art. 11 l. n. 689/1981, puntualmente descrivendo l’iter argomentativo seguito e valutando, in particolare, sia la gravità e durata della violazione, sia la personalità dell’agente, sia infine le condizioni economiche del soggetto.

In particolare, il Collegio ritiene che non sia necessario che l’amministrazione debba motivare diffusamente in ordine a ciascuno dei criteri indicati dall’art. 11 cit., dovendosi la ragionevolezza della sanzione in concreto irrogata (a fronte dei criteri predetti) evincersi – anche in relazione ai suoi presupposti argomentativi – dal complesso della motivazione stessa e dalla somma in concreto determinata, entro i limiti minimi e massimi previsti dalla norma.

Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da I.I.D.M.D.Q. s.p.a. (n. 6076/2009 r.g.), lo rigetta.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione costituita, delle spese, diritti ed onorarti di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1500,00 (millecinquecento,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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