T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 18-01-2011, n. 419

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso depositato il 9 agosto 2010, il ricorrente impugna il provvedimento 18 marzo 2010 n. 520/PD/10, con il quale il Presidente dell’ISVAP gli ha irrogato la sanzione disciplinare della radiazione, con conseguente cancellazione dal Registro degli intermediari assicurativi e riassicurativi.

Vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione e falsa applicazione dell’art. 331 d. lgs. n. 209/2005, degli artt. 5 e 9 regolamento ISVAP 20 ottobre 2006 n. 6, nonché delle norme generali sul giusto procedimento per inesistenza del collegio giudicante; eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità; incompetenza; poiché il Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari ha operato "nella seduta disciplinare confluita nella richiesta di radiazione successivamente recepita dal Presidente dell’ISVAP, con la presenza di soli due componenti", con corrispondente illegittimità anche dell’art. 9 del Regolamento ISVAP "laddove stabilisce che il Collegio di garanzia può validamente operare con la presenza di due componenti", ignorando la natura di collegio perfetto del Collegio di garanzia;

b) violazione dell’art. 331, co. 1, d. lgs. n. 209/2005 e dell’art. 3 reg. ISVAP, e conseguente intervenuta decadenza dell’azione disciplinare; ciò in quanto è stato superato il termine per la notifica della contestazione e l’avvio del procedimento disciplinare;

c) carenza di motivazione, avuto riguardo alla condotta del ricorrente rispetto alla gradazione della sanzione irrogata; eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione del fatto e per carenza di motivazione del provvedimento, avuto riguardo al giudizio di gravità della condotta espresso nell’atto impugnato e posto a base della determinazione; poiché il ricorrente nella vicenda che ha dato origine al procedimento disciplinare "si era limitato ad eseguire tutte le direttive impartitegli dalla propria madre, moglie del sig. Alongi Andrea, titolare quest’ultimo dell’attività".

Si è costituita in giudizio l’ISVAP, che ha concluso per il rigetto del ricorso, stante la sua infondatezza.

Con ordinanza 6 settembre 2010 n. 3963, questo Tribunale ha accolto la domanda di misure cautelari.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è fondato, in accoglimento del primo motivo proposto.

La questione che tale motivo di ricorso sottopone all’attenzione di questo Tribunale verte, in sostanza, sulla legittimità dell’art. 9, comma 2, del Regolamento ISVAP 20 ottobre 2006 n. 6, nella parte in cui quest’ultimo prevede che il collegio possa deliberare anche con la presenza di due soli componenti.

Proprio in virtù di tale disposizione, nel caso di specie il Collegio ha assunto la deliberazione 9 febbraio 2010 n. 1351/I, con la quale si è proposta la sanzione della radiazione nei confronti del ricorrente, con la presenza del Presidente e di un solo altro componente, in tal modo viziando (nella prospettazione del ricorrente) per illegittimità derivata il provvedimento disciplinare di radiazione, emanato dal Presidente dell’ISVAP ed impugnato nella presente sede.

Questo Tribunale, peraltro, non ignora che la questione ha già formato oggetto di esame (sez. I, 31 gennaio 2009 n. 990), pervenendosi a ritenere che:

– "la norma regolamentare ha inteso assicurare la funzionalità dell’organo disciplinare, che poteva essere paralizzata dall’assenza o anche solo dalla sussistenza di un obbligo di astensione in capo ad uno dei componenti. L’art. 331 del Codice delle assicurazioni, infatti, non prevede la nomina di membri supplenti";

– " in linea anche con una giurisprudenza costante (della quale è espressione, per tutte, la sentenza del Consiglio di Stato, V Sez., 22 ottobre 2007 n. 5502), l’assenza di membri supplenti costituisce un indizio decisivo circa la natura di collegio imperfetto dell’organo de quo, per il quale quindi può legittimamente ipotizzarsi un quorum funzionale diverso da quello strutturale. Pertanto, la disposizione regolamentare impugnata risulta essere del tutto legittima, tanto più alla stregua di due ulteriori considerazioni: la norma subprimaria persegue un interesse pubblico sicuramente meritevole di tutela; alcun vulnus deriva dalla previsione di un ridotto quorum deliberativo, sia in punto di attività istruttoria, che più propriamente deliberativa".

Tale decisione ha trovato conferma anche in sede di appello (Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2009 n. 4644), dove si è ribadito che è valida la deliberazione del Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari dell’ISVAP assunta con l’intervento di due soli componenti. Infatti, secondo tale decisione, una interpretazione che collegasse alla presentazione delle dimissioni di un componente la conseguenza della paralisi dell’attività collegiale (conseguenza inevitabile, data l’assenza nel collegio di supplenti, non previsti né consentiti dalla legge), contrasterebbe con la rilevanza degli interessi pubblici perseguiti dalla funzione di vigilanza assegnata all’ISVAP e con l’operatività di termini perentori previsti per il procedimento disciplinare.

Pur consapevole di tali precedenti, il Collegio ritiene di dovere diversamente valutare la questione, anche valutando ulteriori profili, e giungendo a conclusioni differenti, nei sensi di seguito esposti.

3. Giova, innanzi tutto, osservare che le argomentazioni sulle quali si fonda la già riconosciuta legittimità della norma regolamentare che prevede la possibilità di deliberazione con soli due componenti del Collegio sono sostanzialmente rappresentate:

a) dalla natura di "collegio imperfetto" dell’organo, come si evince dalla mancata previsione di supplenti, da parte della norma primaria: art. 331 Cod. ass.;

b) dalla necessità di assicurare la funzionalità dell’organo, che potrebbe essere altrimenti paralizzato in ogni caso di temporaneo impedimento di un componente (attesa la mancata previsione di supplenti), tenuto anche conto della delicatezza della funzione e della natura perentoria dei termini del procedimento disciplinare.

Non a caso, le "note di udienza" dell’ISVAP, depositate il 27 settembre 2010, si soffermano ampiamente sulla natura di "collegio imperfetto" del Collegio di garanzia, sulla legittimità, nell’ambito dell’ordinamento, di tale natura e previsione, arguendo quindi, da ciò la legittima previsione della deliberazione anche con due soli dei suoi (tre) componenti

Tuttavia, ritiene il Tribunale che la natura dell’organo collegiale (quale collegio "perfetto" o "imperfetto") non costituisca il punto centrale della questione, poiché ciò che rileva nel caso di specie è la legittimità della previsione che consente il funzionamento e l’attività deliberativa di un collegio strutturalmente di soli tre componenti, allorchè questi sono ridotti a due.

Né, per le ragioni che si esporranno, la legittimità della previsione regolamentare che ciò consente può trarsi dall’essere essa una scelta necessitata, poiché il regolamento ben avrebbe potuto, in modo legittimo e ragionevole, diversamente disporre..

Orbene, l’art. 331 del d. lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (Codice delle assicurazioni), prevede, tra l’altro, che:

"1. Ai fini dell’irrogazione delle sanzioni disciplinari l’ISVAP, nel termine di centoventi giorni dall’accertamento dell’infrazione, ovvero nel termine di centottanta per i soggetti residenti all’estero, provvede alla contestazione degli addebiti nei confronti dei possibili responsabili della violazione e trasmette i relativi atti al Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari.

2. I destinatari possono proporre, nel termine di sessanta giorni, reclamo avverso la contestazione degli addebiti e chiedere l’audizione dinnanzi al Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari.

3. Il Collegio di garanzia è istituito presso l’ISVAP ed è composto da un magistrato con qualifica non inferiore a consigliere della corte di cassazione o equiparato, anche a riposo, con funzioni di presidente ovvero da un docente universitario di ruolo, e da due componenti esperti in materia assicurativa, questi ultimi designati sentite le associazioni maggiormente rappresentative. Il mandato ha durata quadriennale ed è rinnovabile una sola volta. Il Collegio di garanzia può essere costituito in più sezioni, con corrispondente incremento del numero dei suoi componenti, qualora l’ISVAP lo ritenga necessario per garantire condizioni di efficienza e tempestività nella definizione dei procedimenti disciplinari. L’ISVAP nomina il Collegio di garanzia, stabilisce le norme sulla procedura dinnanzi al Collegio nel rispetto dei principi del giusto procedimento e determina il regime delle incompatibilità ed il compenso dei componenti, che è posto a carico dell’Istituto.

4. A seguito dell’esercizio della facoltà di reclamo di cui al comma 2 ovvero decorso inutilmente il relativo termine, il Collegio di garanzia acquisisce le risultanze istruttorie, esamina gli scritti difensivi e dispone l’audizione, alla quale le parti possono partecipare anche con l’assistenza di avvocati ed esperti di fiducia. Se non ritiene provata la violazione, il Collegio di garanzia può disporre l’archiviazione della contestazione o chiedere l’integrazione delle risultanze istruttorie. Se, invece, ritiene provata la violazione, trasmette al Presidente dell’ISVAP la proposta motivata di determinazione della sanzione disciplinare.

5. Il Presidente dell’ISVAP, ricevuta la proposta formulata dal Collegio di garanzia, decide la sanzione disciplinare con decreto, che viene successivamente comunicato alle parti del procedimento.".

Dalla lettura della disposizione primaria, come è dato osservare, si evince:

– che la legge demanda all’ISVAP, e quindi ad un suo regolamento, la definizione delle "norme sulla procedura dinanzi al Collegio nel rispetto dei principi del giusto procedimento e tempestività nella definizione dei procedimenti disciplinari";

– che il Collegio di garanzia può essere costituito in più sezioni, con "corrispondente aumento del numero dei suoi componenti", qualora ciò sia ritenuto dall’ISVAP necessario "per garantire condizioni di efficienza e tempestività nella definizione dei procedimenti disciplinari".

Per un verso, dunque, la legge non prevede la nomina di componenti supplenti, senza tuttavia nemmeno vietarla; per altro verso, essa consente l’articolazione del Collegio di garanzia in più sezioni, di modo che il numero complessivo dei componenti – una volta che le Sezioni siano state ritenute necessarie e quindi istituite – è sicuramente superiore ai tre indicati dalla stessa legge, che ne definisce anche la qualifica e le modalità di designazione.

A fronte di tale disposizione, l’ISVAP, con regolamento 20 ottobre 2006 n. 6, ha tra l’altro previsto:

– la articolazione del Collegio in sezioni, in numero complessivamente non superiore a tre (potendosi le altre due sezioni istituire anche con provvedimenti successivi), fino ad un numero massimo di nove componenti (art. 5, co. 2);

– la istituzione della adunanza delle "sezioni riunite" in seduta comune, indicando i casi in cui esse deliberano e, comunque, ogni semestre, per definire principi e criteri generali di valutazione al fine di assicurare l’uniformità di indirizzo nelle decisioni dei procedimenti di competenza di ciascuna sezione (art. 5bis, co. 2);

– la possibilità, per il Collegio (o sezione del medesimo) di "validamente operare con la presenza di due componenti" (art. 9, co.2, secondo periodo), in caso di assenza o altro impedimento temporaneo di un componente;

– tuttavia, "se l’assenza o il temporaneo impedimento riguardano il presidente del collegio o della sezione, questi e" sostituito dal presidente di un’altra sezione o, in mancanza, dal componente del collegio o della sezione più anziano per età’" (art. 9, co. 2, terzo periodo);

– infine, nel caso di collegio composto da due soli componenti, "in caso di parità prevale il voto del presidente" (art. 9, co. 3, quarto periodo).

Alla luce di quanto esposto, appare irrilevante stabilire se il Collegio di garanzia debba essere inteso quale collegio "perfetto" (di modo che esso potrebbe operare solo con la totalità dei suoi componenti), ovvero imperfetto (con la conseguenza di una sua possibile operatività in presenza di un "quorum" funzionale di componenti).

Ciò che rileva in questa sede – poichè anche la norma regolamentare (art. 9, co. 3, secondo periodo) che consente al Collegio di operare con due componenti, è oggetto di impugnazione – è stabilire se, alla luce della norma primaria e dei principi generali, la scelta effettuata con il regolamento sia o meno legittima, ricordando, a tal fine, che il ricorrente (sia pure incidentalmente evocando la natura di "collegio perfetto" dell’organo), lamenta "il contrasto con la normativa primaria la quale non attribuirebbe al potere regolamentare la legittimazione a ridurre il numero dei componenti ivi indicato".

In sostanza, si intende affermare che il problema non attiene alla natura di collegio perfetto o imperfetto dell’organo in esame, quanto al se la previsione di un collegio di due soli componenti possa ritenersi coerente con la disposizione legislativa e, contestualmente, al se, in presenza di due soli componenti, possa ancora parlarsi di "collegio".

4. Orbene, occorre osservare, in primo luogo, che la norma primaria non impedisce affatto la previsione di supplenti; in secondo luogo (e soprattutto), che essa non esclude, per i casi di assenza o temporaneo impedimento, la possibilità di prevedere forme di sostituzione del componente temporaneamente impedito con componente di altra sezione.

Quanto al primo aspetto, non è dato comprendere sulla base di quale luogo della norma primaria (o principio regolante il funzionamento degli organi collegiali) nel caso in esame non potesse essere prevista anche la presenza di supplenti.

E’ appena di caso di osservare che, se è vero che eventuali componenti supplenti non sono né contemplati né ipotizzati dal legislatore (che obiettivamente mostra un disfavore per la previsione, laddove parla di aumento delle sezioni e contestuale aumento dei componenti, intesi come multiplo di tre), è altrettanto vero che quest’ultimo non li esclude (né tanto meno vieta), lasciando in definitiva al regolamento di decidere (o meno) la loro presenza.

Né il regolamento ISVAP appare immune da previsioni che – pur in assenza di indicazioni legislative – ampliano il dettato della norma primaria, come avviene nell’ipotesi della prevista istituzione delle "sezioni riunite in seduta comune", le quali, stante l’attribuzione di competenze specifiche ed anche esclusive, non si propongono quale mero "modulo procedimentale", ma quale organo collegiale a sé stante.

Quanto al secondo aspetto, occorre osservare che non vi è alcuna norma primaria che impedisca di integrare collegi in cui venga temporaneamente a mancare un componente, con componenti di altre sezioni, meglio se individuati in base a meccanismi previamente definiti; il che consente anche di ovviare alla nomina di componenti meramente "supplenti", laddove si ritenga di non appesantire il Collegio e la sua articolazione in sezioni, ovvero di rischiare di contravvenire in tal modo ad un supposto "divieto" di legge.

Anzi, tale previsione – laddove un organo risulti, come nel caso di specie, articolato al suo interno in sezioni – corrisponde ad un principio (anche positivamente affermato) e ad una prassi di ragionevole funzionamento dei collegi.

In definitiva, occorre distinguere tra "supplenti" intesi come "componenti aggiuntivi", nominati stabilmente, ancorchè di eventuale utilizzazione, e compiti di supplenza, da affidarsi ad altri componenti effettivi (di altre sezioni) dello stesso Collegio di garanzia, anch’essi quindi "supplenti", ma in senso affatto diverso, nella sezione presso la quale non risultano ordinariamente incardinati

Al contrario di quanto sin qui esposto, il regolamento ha effettuato una scelta diversa (la possibilità di deliberare con due soli componenti), la quale non trova alcuna indicazione nella norma primaria, né, alla luce di questa e per le ragioni esposte, essa appare come una "scelta necessitata", ed anzi contraddice anche un principio risalente e generalissimo riguardante la composizione degli organi collegiali, secondo il quale "duo non faciunt collegium".

D’altra parte, è la stessa fonte secondaria a non ritenere la scelta effettuata come "necessitata", posto che – per il caso di assenza o temporaneo impedimento del presidente del collegio – il medesimo art. 9, al comma 3, prevede che il collegio possa essere integrato dal presidente di un’altra sezione.

Il che, per un verso, testimonia l’inesistenza di una norma primaria che impedirebbe la integrazione dei collegi con componenti di altre sezioni (laddove ciò si ritenesse, questa disposizione sarebbe in contraddizione con un supposto "impedimento" normativo primario), per altro verso rende vieppiù irragionevole la scelta effettuata con riferimento al componente "semplice".

5. Ma, al di là delle ragioni sinora rappresentate, vi è una considerazione finale che esclude la legittimità della previsione regolamentare in esame, ed è la disposizione in base alla quale "in caso di parità, prevale il voto del presidente" (art. 9, co. 3, quarto periodo), con la quale si perviene, in buona sostanza, a trasformare un organo collegiale del procedimento disciplinare (così voluto dal legislatore) in un organo monocratico.

Affermare, infatti, che in caso di parità, in un collegio composto da due soli componenti, prevale il voto del presidente, corrisponde in pratica ad affermare che l’unico decidente è il presidente, alterando in modo profondo e incontrovertibile il principio generale di par condicio dei componenti degli organi collegiali.

E’ del tutto evidente che la regola che riconosce in caso di parità dei voti "prevalenza" al voto del presidente, applicata a collegi con un numero di componenti superiori a due, rappresenta una modalità individuata per superare situazioni di "stallo" in cui un organo collegiale può incorrere, e ciò in ragione di un principio di effettività dell’azione amministrativa, rispondente al più generale principio di buon andamento.

La stessa regola, tuttavia, laddove prevista in modo acritico dalla norma per il funzionamento di un collegio di due soli componenti, si risolve in una inammissibile prevalenza di un componente sull’altro, violando il principio già citato della par condicio dei componenti degli organi collegiali, ed è tale da poter fare affermare come intervenuta una sostanziale riduzione dell’organo collegiale ad organo monocratico, così contravvenendo al dettato della norma primaria.

Né l’introduzione della regola della "prevalenza" del voto del presidente, può essere giustificata con la necessità di operatività del collegio. Al contrario, essa dimostra, una volta di più:

– che la previsione normativa di un collegio di due soli componenti è illegittima, poiché essa rende l’originario collegio in pratica un organo monocratico;

– che la medesima previsione di un collegio di due soli componenti è irragionevole, laddove la disposizione di "prevalenza" non vi fosse, perché, in caso di opinioni diverse, il "collegio" non sarebbe in grado di decidere e, quindi, di funzionare.

Il che rende, ancora una volta, evidenti le ragioni del brocardo "duo non faciunt collegium", del perché, cioè, non si dia ragionevolmente organo collegiale se non con più di due componenti.

In conclusione, l’art. 331, comma 3, del Codice delle assicurazioni (d. lgs. n. 209/2005), laddove indica in un collegio di tre componenti la titolarità dell’organo "Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari" (o di una sua sezione), implicitamente esclude che il collegio possa essere composto da due soli componenti.

Ne consegue l’illegittimità e l’irragionevolezza della disposizione regolamentare (art. 9, co. 2, secondo periodo), in quanto essa o determina la sostanziale riduzione dell’organo collegiale ad organo monocratico (laddove si prevede anche la prevalenza del voto del presidente), o rende possibile, in difetto di tale previsione (il che denota l’irragionevolezza della norma) il mancato funzionamento del collegio medesimo, in caso di opinioni differenti dei due componenti. E ciò in presenza di altre, possibili alternative, non escluse dalla norma primaria e peraltro, in un caso differente (impedimento temporaneo del presidente), attuate dalla stesso regolamento.

6. Per tutte le ragioni sin qui esposte, il ricorso deve essere accolto, in relazione al primo motivo proposto, con assorbimento degli ulteriori motivi, e con conseguente annullamento:

– dell’art. 9, comma 2, secondo periodo, del regolamento ISVAP 20 ottobre 2006 n. 6;

– del provvedimento del Presidente ISVAP 18 marzo 2010 n. 520/PD/10;

– della deliberazione del Collegio di garanzia sui procedimenti disciplinari, sez. I, dell’ISVAP 9 febbraio 2010 n. 1351/I.

La novità e complessità della questione motiva la decisione di compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da A.S. (n. 7383/2010 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Roberto Politi, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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