Cass. civ. Sez. III, Sent., 24-07-2012, n. 12893 Contratti agrari Litisconsorzio facoltativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Cosenza il 27 marzo 2002 accoglieva la domanda proposta da T.F., con la quale questi aveva convenuto in giudizio M.F., nella qualità di procuratore generale di Messina N.F. ved. T., T.L. e T.A., eredi quali moglie e figlie di T.M., nonchè i coniugi C.F. e S.M., onde sentire dichiarare l’inefficacia della vendita effettuata dal M., nella suddetta qualità, a favore dei coniugi C. di un fondo sito in agro di (OMISSIS) di proprietà di T.M., confinante con altro fondo di proprietà dello stesso attore.

Su gravame del C. e della S. la Corte di appello di Catanzaro il 20 dicembre 2006 riformava la sentenza di prime cure, compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Il M., ritualmente appellato, restava contumace.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il T. F., affidandosi a quattro motivi.

Resistono con controricorso il C. e la S..

Su istanza di trattazione L. 12 novembre 2011, n. 183, ex art. 26, il ricorso è stata fissato per l’odierna pubblica udienza.

Il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione

l.-Per una migliore comprensione della vicenda sottoposta al suo esame il Collegio osserva quanto segue.

M.F. quale procuratore di T.M., fratello di T.F., il 25 ottobre 1998 vendeva ai coniugi C. un fondo sito in (OMISSIS) e di proprietà del M., dietro il corrispettivo di L. 25 milioni.

Contro tale atto insorgeva il T.F. con atto di citazione del 24 giugno 199, assumendo che il fondo di proprietà del fratello M. era stato da sempre da lui coltivato, in quanto il M. era residente in (OMISSIS) dalla fine degli anni sessanta e la coltivazione da parte sua era continuata ininterrottamente fino al momento dell’acquisto da parte dei coniugi C..

A suo avviso, quindi, l’atto era nullo per violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, come novellato della L. n. 817 del 1971, artt. 7 e 8 e articolo unico della L. n. 256 del 1976.

Pertanto, esso attore vantava il diritto di prelazione sia perchè coltivatore del fondo sin dal 1974 sia perchè proprietario- coltivatore del fondo confinante, anche questo da lui coltivato fino al 1974.

Precisava, inoltre, l’attore:

a) che il M. non aveva proceduto alla vendita di fondo rustico con imponibile superiore a lire mille nel biennio precedente, come si evinceva dal certifica della Conservatoria dei RR.II. di Cosenza;

b) che a lui non era stata notificata la proposta di alienazione come per legge;

c) che il fondo ricadeva nella zona bianca, ove per giurisprudenza costante l’edificazione non è consentita se non nella misura di salvaguardia di cui alla L. n. 10 del 1977, art. 4, allo stesso modo delle zone agricole.

La domanda del T.F. subiva esito alterno e con la sentenza impugnata veniva respinta.

Ciò posto in linea di fatto, e passando all’esame del ricorso, il Collegio osserva quanto segue.

2.-In linea di principio va affermato, come da recente e specialistica dottrina e da giurisprudenza ormai consolidata, che la prelazione è collegata alla titolarità di un contratto agrario di affitto a coltivatore diretto, di mezzadria, colonia e compartecipazione, esclusa quella stagionale.

Il titolo in forza del quale è instaurato il rapporto deve essere un titolo valido.

La titolarità del rapporto agrario non può prescindere, in ogni caso, ai fini della coltivazione dalla destinazione del fondo.

Il dato della coltivazione, quale elemento costitutivo del diritto di prelazione, deve sussistere non solo in termini di attualità, ma anche di una prospettiva futura che va valutata nei limiti di un accertamento fondato su prove certe (Cass.n.3661/96 ).

Per quel che interessa in questa sede la titolarità del diritto di prelazione è attribuita della L. n. 817 del 1971, ex art. 7, comma 2, n. 2, al proprietario coltivatore diretto di terreno confinante con quello offerto in vendita.

In base alla L. n. 590 del 1965, art. 6, comma 4, il proprietario, che intenda alienare il fondo, deve comunicare o notificare il suo intento al coltivatore, rivolgendo a lui una "proposta" precisa nei termini della futura vendita e tale denuntiatio può essere effettuata anche al procuratore del proprietario e deve avere la forma scritta (Cass. n. 26079/05).

Nell’ipotesi di proprietario di terreno confinante con il fondo offerto in vendita, cosi come per la prelazione del conduttore, si prescinde dall’ estensione del fondo, salvo il limite della concreta possibilità di sfruttamento economico di coltivazione, da accettarsi in relazione ad entrambi i fondi (sia quello di proprietà sia di quello offerto in vendita o venduto).

Ma, il diritto del confinante è soggetto alle stesse condizioni stabilite dall’art. 8 (Cass. n. 12953/05), ossia la qualifica di coltivatore diretto, la coltivazione biennale del terreno agricolo confinante, il possesso della forza lavorativa adeguata e il non avere effettuato vendita di fondi rustici nel biennio precedente (Cass. n. 26046/95).

Il fondo oggetto della prelazione, in aggiunta a quello posseduto in proprietà dal confinante coltivatore diretto, non deve superare il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia, ossia non deve essere inferiore ad 1/3 di quella occorrente per le necessità della nuova azienda (Cass. n. 5616/94).

Di tali requisiti il confinante ha l’onere di provare la esistenza ex art. 2697 c.c..

Una volta venduto il fondo confinante senza l’osservanza delle formalità previste dalla legge sorge il diritto di riscatto, il cui esercizio richiede il concorso degli stessi elementi soggettivi ed oggettivi dell’esercizio del diritto di prelazione, il cui accertamento va fatto sia con riferimento al momento in cui è conclusa la vendita, sia al momento in cui la dichiarazione del retraente perviene al ritrattato (Cass. n. 1019/06).

In altri termini, le condizioni oggettive e soggettive, ossia la qualità e la capacità del ritrattato nonchè la qualità devono essere sussistenti al momento della vendita al terzo.

3.-Alla luce di quanto sopra ricostruito dal punto di vista sistematico, in ordine al presente ricorso il Collegio osserva.

Il primo motivo (violazione artt. 101 e 102 c.p.c., nonchè art. 331 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per irregolare costituzione del rapporto processuale) va disatteso.

Contrariamente a quanto deduce il ricorrente non si versa in tema di litisconsorzio necessario, non sussistendo la necessità che al giudizio partecipi anche il proprietario venditore del fondo, perchè l’azione tende a realizzare la sostituzione del detraente al retrattato e non si versa in ipotesi di cause inscindibili (Cass. n. 3837/95).

4.-Anche il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 369 c.p.c., n. 3 – nullità del procedimento e della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) va disatteso.

Infatti, una volta che gli appellanti avevano censurato la sentenza di primo grado per la ritenuta sussistenza dei requisiti in capo all’attore, l’accertamento della qualità di coltivatore diretto imponeva di accertare anche l’entità della forza lavoro della sua famiglia, per cui la valutazione della forza lavoro non costituiva e non costituisce altro che uno degli elementi essenziali per la corretta valutazione dei requisiti soggettivi previsti dalla legge, come concordemente ritengono specialistica dottrina e la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 1820/06), puntualmente richiamata dai resistenti.

5.-Di qui, l’assorbimento del quarto motivo (violazione e/o falsa applicazione della L. n. 590 del 1965, art. 8 e succ. modificazioni in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – nullità del procedimento e della impugnata sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), che, peraltro, è infondato. Di vero, non solo il giudice dell’appello, valutando le prove prodotte, ha potuto dedurre che il T. non aveva chiarito nulla sulla forza lavoro propria e della famiglia (p. 10 sentenza impugnata), ma ha anche aggiunto che "la modesta estensione del fondo non vale ad esonerare l’istante dalla relativa prova, in quanto lo stesso risulta proprietario e coltivatore (secondo i suoi assunti) di un fondo confinante sicchè la valutazione va effettuata in relazione alla superficie disponibile e non solo a quella contestata" (p. 11 sentenza impugnata).

6.-Con il terzo motivo (violazione artt. 115, 116, c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio) il ricorrente lamenta l’erronea valutazione di alcune deposizioni testimoniali, non rinvenendo una coerenza tra il convincimento del giudice dell’appello e le dette deposizioni, che, se correttamente valutate, avrebbero condotto, a suo avviso, alla conferma della sentenza di primo grado.

La doglianza, oltre che a riferirsi alla valutazione del materiale probatorio, di competenza esclusiva del giudice del merito, concreta una quaestio facti.

In realtà, il giudice a quo, dopo avere richiamato pacifici principi giurisprudenziali in tema di "abitualità" alla coltivazione e all’accertamento della qualità di coltivatore, ha concluso che l’attuale ricorrente "non dimostrava di avere svolto attività di coltivazione con continuità, nè l’entità del reddito che aveva tratto dall’usuale svolgimento del lavoro agricolo", mancando, rispetto a quanto affermato dai testi, precisi riferimenti di fatto in ordine all’attività svolta, all’impegno profuso, ai mezzi impiegati (p.10-11 sentenza impugnata).

Conclusivamente, quindi, il ricorso va respinto con la condanna alle spese, che vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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