T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 18-01-2011, n. 385

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 17/02/07 e depositato il 07/03/07 M.C. ha impugnato il provvedimento prot. n. 21093 del 14/12/06 con cui il Comune di Palestrina ha ordinato la demolizione delle opere ivi indicate.

Il Comune di Palestrina, benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Con ordinanza n. 1483/07 del 29 marzo 2007 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

All’udienza pubblica del 9 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è parzialmente fondato e, nei limiti di quanto in prosieguo specificato, merita accoglimento.

M.C. impugna il provvedimento prot. n. 21093 del 14/12/06 con cui il Comune di Palestrina ha ordinato la demolizione delle opere ivi indicate e consistenti nella realizzazione di due portici di 18,00 mq. ciascuno, un magazzino di 70,00 mq., un piccolo forno di mq. 5,00, un portico in legno di 12,00 mq. ed una scala in muratura larga mt. 1,00 e lunga mt. 5,10.

Con un’unica articolata censura il ricorrente prospetta l’illegittimità dell’atto impugnato deducendo che per le opere oggetto dell’ordinanza di demolizione sarebbe stata presentata istanza di condono e, pertanto, il Comune non avrebbe potuto adottare il gravato provvedimento repressivo.

Il motivo è fondato nei limiti di quanto in prosieguo specificato.

Ai sensi dell’art. 38 l. n. 47/85, applicabile al condono edilizio previsto dal decreto legge n. 269/03 in virtù del richiamo operato dall’art. 32 commi 25 e 28 del testo normativo in esame, la presentazione entro il termine previsto dalla legge della domanda di condono accompagnata dall’attestazione del versamento della somma dovuta a titolo della prima rata dell’oblazione "sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative".

Ne consegue che quando viene presentata una domanda di condono edilizio, proprio in base al disposto dell’art. 38 l. n. 47/85, l’amministrazione non può emettere un provvedimento sanzionatorio senza avere prima definito il procedimento scaturente dall’istanza di sanatoria ostandovi i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa definizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia (in questo senso TAR Campania – Napoli n. 17238/10; TAR Lazio – Roma n. 5599/10; TAR Puglia – Lecce n. 553/10).

Con riferimento specifico alla fattispecie oggetto di causa, dagli atti risulta che per i portici di 18 mq. ciascuno e il magazzino di circa 70,00 mq. il ricorrente ha presentato in data 30/03/04 istanza di condono edilizio ai sensi del d. l. n. 326/03; la circostanza, desumibile dalla documentazione prodotta, è, per altro, confermata dall’espresso riferimento presente nel provvedimento impugnato.

Con istanza del 12/02/07 il M. ha, poi, chiesto la rettifica della predetta domanda di condono edilizio nel senso di ricomprendere nella sanatoria anche il piccolo forno di 5,00 mq. e la scala esterna quali "opere non valutabili in superficie e volume".

Dall’esame della documentazione fotografica allegata alla domanda di condono emerge che, effettivamente, come prospettato dal ricorrente, la scala contestata nel provvedimento impugnato già esisteva al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria.

Può, pertanto, ritenersi che tutte le opere oggetto del provvedimento impugnato, ad eccezione del portico di 12,00 mq., siano ricomprese nell’istanza di sanatoria del 30 marzo 2004, così come successivamente rettificata, di talché il Comune non avrebbe, alla luce di quanto in precedenza evidenziato, ordinarne la demolizione prima di avere definito il procedimento scaturito dalla previa presentazione della domanda di sanatoria.

La fondatezza della censura in esame comporta l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto impugnato nella parte in cui ordina la demolizione delle opere ivi indicate ad eccezione del portico in legno di 12,00 mq.

Il manufatto in esame, per la natura del materiale con cui è stato realizzato e la sua superficie, presenta un significativo impatto edilizio ed è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza "l’inserimento di nuovi elementi ed impianti", e necessita del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R in quanto comporta una modifica della sagoma e del prospetto del fabbricato cui inerisce (in questo senso TAR Lombardia – Brescia n. 2143/10; TAR Campania – Napoli n. 968/10; TAR Lazio – Latina n. 771/09).

La dedotta precarietà del manufatto, poi, non va riguardata con riferimento alla natura dei materiali con cui lo stesso è stato realizzato (laddove, per altro, nella fattispecie si è in presenza, a detta dello stesso ricorrente, di pali di legno imbullonati e, quindi, di una struttura non agevolmente rimovibile).

Infatti, il legislatore esclude la rilevanza edilizia (si veda l’art. 3 comma 1 lettera e.5 d.p.r. n. 380/01) delle sole opere (non già agevolmente rimovibili ma) destinate ad un uso meramente temporaneo che nella fattispecie non risulta assolutamente comprovato ed è, anzi, smentito dal rapporto del manufatto con l’immobile principale che ne esclude l’utilizzabilità per un’esigenza contingente.

Pertanto, la gravata ordinanza demolitoria risulta legittima nella parte in cui ha ad oggetto il portico di 12,00 mq. non ricompreso nell’istanza di condono citata in precedenza.

Per questi motivi, il ricorso è fondato nei limiti di quanto in precedenza specificato e deve essere accolto con conseguente annullamento del provvedimento impugnato nella parte in cui lo stesso prevede la demolizione di tutte le opere ivi indicate ad eccezione del portico di 12,00 mq. da ritenersi, pertanto, correttamente sanzionato.

L’accoglimento solo parziale delle domande proposte dal ricorrente giustifica, ai sensi degli artt. 26 d. lgs. n. 104/10 e 92 c.p.c., la declaratoria d’irripetibilità delle spese processuali sostenute dal ricorrente;
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) accoglie il ricorso nei limiti di quanto specificato in motivazione;

2) dichiara l’irripetibilità delle spese sostenute dal ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 9 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Michelangelo Francavilla, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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