T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 18-01-2011, n. 384

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 5.11.2003 i ricorrenti hanno acquistato un terreno ubicato in Capena, distinto in catasto al foglio 6, particelle 24, 25, 26, 27, 28 e 96, sul quale insisteva un immobile su due livelli avente la superficie residenziale di 36 mq ed il volume di 177 mc, realizzato prima dell’entrata in vigore della disciplina urbanistica del 1942, per i cui lavori di ristrutturazione il dante causa, Sig. F.Z., aveva chiesto il condono edilizio, con domanda 31.5.1986, prot. n. 655.

Quest’ultimo in data 4.11.2003 aveva anche ottenuto il permesso di costruire n. 91/2003 per la costruzione di un fabbricato rurale ad uso abitazione e di uno agricolo. Detto titolo edilizio è stato volturato in favore degli odierni ricorrenti con provvedimento 19.12.2003, prot. n. 17472.

Costoro hanno poi chiesto ed ottenuto il permesso di costruire in variante 22.3.2005, n. 18, che prevedeva una diversa redistribuzione della cubatura tra i due fabbricati, comunque con utilizzo dell’intera cubatura ammissibile sul terreno di loro proprietà, secondo gli indici di zona.

I relativi lavori di realizzazione hanno avuto inizio il 5.5.2005, come risulta da comunicazione depositata in Comune in pari data.

Successivamente, in data 1.3.2007, l’Amministrazione intimata ha rilasciato, in relazione al fabbricato preesistente, il permesso di costruire in sanatoria n. 570, per lavori di ristrutturazione con destinazione d’uso residenziale, per complessivi 32 mq.

Con nota 5.6.2008, prot. n. 9259, notificata l’11.6.2008, è stata data comunicazione di avvio del procedimento teso all’annullamento del permesso di costruire in sanatoria su menzionato n. 570/2007, fondato sul presupposto che con il permesso di costruire n. 18/2005 si sarebbe optato per l’utilizzo dell’intera cubatura per i fabbricati da realizzare e che, pertanto, quello oggetto di condono si sarebbe dovuto demolire.

Successivamente, con ordinanza 30.5.2008, n. 10, N.R.G. 34, notificata il 23.6.2008, il Comune di Capena ha ordinato ai Signori C. e M. di ripristinare lo stato dei luoghi con riguardo a tale ultimo fabbricato, sostenendo che dovesse essere demolito, in considerazione dell’avvenuto utilizzo dell’intera cubatura, attraverso la costruzione dei fabbricati di cui al permesso di costruire n. 18/2005, in variante al n. 91/2003. Tale atto costituiva nel contempo avvio del procedimento di annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 570/2007.

L’ordinanza richiamata, nonché la nota costituente comunicazione di avvio del procedimento, in precedenza menzionata, ed il provvedimento di annullamento e/o revoca del citato permesso di costruire in sanatoria n. 570/2007, ove intervenuto, sono stati impugnati con il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della legge 7.8.1990, n. 241, e s.m.i. e, più in generale, del principio della valida ed utile partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo – eccesso di potere sotto i connessi e concorrenti profili della contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza ed ingiustizia manifesta – superficialità e sviamento: la comunicazione di avvio del procedimento reca una data successiva a quella di adozione dell’ordinanza gravata, essendovi stata aggiunta a penna la data del 6.6.2008, ulteriore rispetto a quella stampata del 30.5.2008, ed in tal modo non sarebbe stato reso possibile addivenire ad una composizione degli interessi coinvolti in sede procedimentale;

2) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21 quinquies, 21 octies e 21 nonies della legge 7.8.1990, n. 241, e s.m.i. – nullità per carenza e/o indeterminatezza della funzione – illogicità e irragionevolezza della motivazione – incompetenza – eccesso di potere per difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico attuale al provvedimento di secondo grado – eccesso di potere per contraddittorietà tra più atti successivi ed, in particolare, con la direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 17.10.2005 – ingiustizia manifesta – superficialità e sviamento: sussisterebbe indeterminatezza in ordine alla qualificazione del provvedimento di secondo grado, indicato quale annullamento nella comunicazione di avvio del procedimento, nonché nella parte dell’ordinanza in cui si assume che essa valga anche quale avviso di avvio del procedimento, individuato, invece, quale revoca nelle premesse dell’ordinanza, ed inoltre, essendo trascorso un apprezzabile lasso di tempo dall’adozione del permesso di costruire n. 570/2007, si sarebbe ingenerato un legittimo affidamento, meritevole di tutela, che avrebbe richiesto una puntuale motivazione circa l’interesse pubblico a ritirare il provvedimento, tenuto conto anche che, con lo stesso, il Comune aveva già ravvisato il consolidamento di una situazione di fatto originatasi 65 anni prima, non essendo sufficiente il mero interesse al ripristino della legalità, ove si trattasse di annullamento, mentre, se qualificato quale revoca, il relativo potere non sarebbe configurabile, essendo il permesso di costruire espressione di attività vincolata, ed inoltre mancherebbe l’indennizzo, previsto ex lege, e, con riguardo al ripristino, esso non potrebbe essere adottato in assenza della preventiva emanazione del provvedimento di secondo grado, atto presupposto;

3) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31 e ss. della legge 28.2.1985, n. 47, e s.m.i. – violazione e/o falsa applicazione della L.r. 8.11.2004, n. 12, come modificata dalla L.r. n. 17/2005 – eccesso di potere sotto i connessi e concorrenti profili della carenza, contraddittorietà, illogicità, irragionevolezza della motivazione – ingiustizia manifesta – superficialità e sviamento: l’assunto del Comune, secondo cui la circostanza che, con il permesso di costruire n. 18/2005, avrebbe acconsentito ad edificare l’intera cubatura ammessa comporterebbe che il fabbricato preesistente dovrebbe essere demolito, sarebbe in contrasto con le disposizioni normative citate, atteso che quest’ultimo risulterebbe ultimato in epoca antecedente l’entrata in vigore della disciplina urbanistica di cui alla legge n. 1150 del 1942, mentre la previsione contenuta nelle N.T.A. decorrerebbe dal 1° luglio 2002;

4) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della L.r. 17.3.2003, n. 8 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 della L.r. 22.12.1999, n. 38, e s.m.i. – eccesso di potere per contraddittorietà degli strumenti urbanistici adottati dal Comune in sede di variante al P.R.G. e di definizione delle N.T.A. – eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza della motivazione, con riferimento all’esatta individuazione degli indici di edificabilità in zona agricola (sottozona E1) – eccesso di potere per disparità di trattamento – ingiustizia manifesta – superficialità e sviamento: secondo l’art. 8 della la L.r. n. 8/2003, alle domande tese all’edificazione nelle zone agricole pervenute entro il 30 giugno 2002 continuerebbero ad applicarsi le disposizioni degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, per cui non sarebbe possibile applicare alla specie le N.T.A. vigenti dal luglio 2002, posto che la domanda di condono edilizio è stata presentata nel 1986, ed inoltre l’art. 55 della L.r. n. 38/1999 porrebbe a carico delle Amministrazioni comunali l’obbligo di procedere prioritariamente al recupero delle strutture esistenti nell’ambito delle zone agricole ed, in effetti, il Comune intimato ha assentito la ristrutturazione, e perciò il recupero, di un immobile edificato in zona agricola antecedentemente all’introduzione della cd. licenza edilizia; inoltre non rileverebbe l’avvenuto esaurimento della cubatura, trattandosi, con riguardo al manufatto oggetto di permesso di costruire in sanatoria, di fabbricato preesistente, rispetto al quale non sarebbe chiesta la conformità alle vigenti prescrizioni urbanistiche ed edilizie, in sede di concessione del condono edilizio;

5) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 della legge 28.2.1985, n. 47 e s.m.i. – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 della legge 1.8.2002, n. 166 – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della L.r. 2.7.1987, n. 36 – eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza della motivazione – ingiustizia manifesta – superficialità e sviamento: nel provvedimento gravato si asserisce che la localizzazione del fabbricato oggetto del titolo edilizio in sanatoria non sarebbe conforme al progetto approvato, ma ciò sarebbe privo di qualsiasi riscontro oggettivo, essendo lo stesso ubicato nella medesima posizione dell’epoca di costruzione, ed, anche se ciò fosse vero, tuttavia, non sussisterebbe una variazione essenziale, che si determina solo ove la sovrapposizione della sagoma a terra dell’edificio assentito e di quello realizzato sia superiore al 50%, e si assume, altresì, che, ricadendo esso nella fascia di rispetto cimiteriale, mancherebbe il nulla osta sanitario, ma anche nelle N.T.A. vigenti mancherebbe un riferimento in tal senso, ed inoltre, secondo l’art. 28 della legge n. 166/2002, all’interno della zona di rispetto sarebbero consentiti interventi di recupero ed in ogni caso il nulla osta sanitario potrebbe essere acquisito anche successivamente;

6) violazione del principio generale di proporzionalità della rilevanza del fatto rispetto all’entità della sanzione, nonché eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e irragionevolezza, ingiustizia manifesta della motivazione, quanto all’esatta individuazione del contenuto precettivo della sanzione – superficialità e sviamento: non sarebbero state esplicitate le specifiche circostanze atte ad integrare la motivazione, con specifico riguardo alla ponderazione degli interessi coinvolti, e non sarebbe chiara l’attività di ripristino da porre in essere, non essendo specificato lo stato dei luoghi ex ante e quello ex post e non essendo indicate le parti dell’immobile contrastanti con la disciplina del P.R.G. vigente.

Contestualmente i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno dagli stessi subito, per effetto dell’ordine di ripristino dello stato dei luoghi censurato.

L’Amministrazione comunale, regolarmente evocata in giudizio, non si è costituita.

Con ordinanza 24.9.2008, n. 4514, è stata accolta la domanda cautelare, proposta in via incidentale.

I ricorrenti hanno depositato documentazione ed una memoria conclusionale, in vista della pubblica udienza del 9.12.2010, nella quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il presente ricorso s’impugnano l’ordinanza del Comune di Capena identificata in epigrafe, recante ordine di ripristino dello stato dei luoghi relativamente al fabbricato sito in Capena, identificato catastalmente dal foglio 6, particelle 883884 (ex 28), ed atti connessi alla stessa.

1.1 – Il ricorso è provvisto di fondamento.

2 – Il provvedimento gravato si fonda sul presupposto che, con la costruzione del fabbricato rurale ad uso abitazione e di quello agricolo, assentiti con permesso di costruire n. 91/2003 e con titolo in variante n. 18/2005, si sarebbe esaurita l’intera volumetria ammissibile nell’area di proprietà dei ricorrenti, per cui dovrebbe essere ripristinato lo stato dei luoghi in relazione al fabbricato preesistente, che integrerebbe una volumetria in esubero.

2.1 – Non può condividersi detto ordine di idee.

2.2 – Il punto nodale da cui partire è che il manufatto, al quale si riferisce l’ordine di demolizione, è stato realizzato, in assenza di titolo edilizio, prima dell’introduzione della disciplina urbanistica di cui alla legge n. 1150/1942, quando, perciò, questo non era richiesto ex lege; ciò costituiva un dato incontrovertibile per la stessa Amministrazione comunale, la quale, nell’assentire, con permesso di costruire in sanatoria, i lavori di ristrutturazione eseguiti su di esso, ne ha presupposto la sua liceità. In altre parole, il permesso di costruire in sanatoria n. 570/2007, richiesto con istanza presentata dal dante causa dei ricorrenti in data 31.5.1986, prot. n. 655, ha assentito ex post unicamente i lavori di ristrutturazione e ciò è accaduto ed è potuto accadere in quanto il manufatto preesistente era già ex se legittimo e non necessitava di alcun titolo edilizio, stante la sua costruzione prima che la legge lo richiedesse.

La successiva disciplina urbanistica, nel dettare gli indici di costruzione relativi alle diverse aree del Comune, ivi compresa quella in cui ricadono i manufatti in parola, ha fatto riferimento ai fabbricati che da quel momento in poi si sarebbero dovuti realizzare e non già eventuali fabbricati già esistenti, peraltro da tempo immemore, come nel caso di specie.

2.3 – Ne deriva che del tutto erroneo è il presupposto da cui muove il Comune di Capena nell’ingiungere la demolizione, con riferimento al manufatto in questione: nel momento in cui è stata introdotta la nuova disciplina urbanistica, esso già esisteva ed era pienamente legittimo, e, peraltro, i lavori di ristrutturazione, oggetto di domanda di condono edilizio, presentata sin da 1986 (eventuali effetti del ritardo nel rilascio del titolo edilizio non devono e non possono ricadere sui richiedenti e/o aventi causa), non hanno inciso sulla superficie e sulla volumetria.

2.4 – Pertanto, per quanto evidenziato sinora, il provvedimento impugnato è illegittimo.

3 – Nel medesimo si assume, altresì, che, rispetto al progetto approvato, la localizzazione non sarebbe conforme e, pur tuttavia, non si sarebbe determinata una variazione essenziale. Posto che non è chiaro a quale dei manufatti si riferisca il suddetto rilievo (uno di quelli realizzati di recente o il fabbricato preesistente, oggetto di ristrutturazione), deve evidenziarsi che, ove concernente quello oggetto del permesso di costruire in sanatoria, i lavori assentiti erano di mera ristrutturazione, senza previa demolizione, con realizzazione soltanto di un’intercapedine, per cui non risulta sussistere tale traslazione. In ogni caso è la stessa Amministrazione ad ammettere che non è stata causata una variazione essenziale.

4 – In ordine poi, all’assenza di nulla osta sanitario, per il manufatto, oggetto di ordine di demolizione, che ricadrebbe in fascia di rispetto cimiteriale, deve sempre considerarsi che esso è stato costruito in epoca remota.

Deve in ogni caso considerarsi che, ai sensi dell’art. 338, u.c., del R.D. 27.7.1934, n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 1.8.2002, n. 166, "all’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso", oltre, tra gli altri interventi, quello di ristrutturazione edilizia.

Pertanto, ove risultasse che effettivamente il manufatto in parola rientri in detta fascia di rispetto, è comunque ammissibile quanto è stato eseguito su di esso ed è stato assentito ex post con il permesso di costruire n. 570/2007.

5 – Ulteriore profilo di illegittimità si rinviene nella riscontrata inversione dell’ordine logico: dapprima si ingiunge la demolizione di un manufatto munito di titolo edilizio, il quale, peraltro, concerne non già la sua costruzione, bensì i lavori di ristrutturazione eseguiti su di esso, e successivamente s’interviene in via di autotutela sul provvedimento recante tale titolo edilizio, senza che, poi, ne risulti in modo chiaro la qualificazione (annullamento o revoca, con presupposti ed effetti del tutto differenti), costituendo il primo provvedimento anche comunicazione di avvio del procedimento teso all’adozione del secondo.

Diversamente, anche ove vi fossero stati i presupposti per intervenire sul manufatto preesistente, il che si è evidenziato non sussistere nel caso di specie, si sarebbe dovuto dapprima ritirare in via di autotutela il provvedimento legittimante l’opera edilizia e soltanto successivamente, quando questa ne fosse stata sprovvista, intimarne la demolizione.

5.1 – A ciò aggiungasi che nel preambolo del provvedimento impugnato si parla di revoca ("necessità di revocare la concessione in sanatoria n. 570/2007"), mentre, nello stesso atto, laddove lo stesso s’intende anche quale comunicazione di avvio del procedimento, si fa riferimento all’emanazione di un provvedimento di annullamento.

5.2 – È evidente, perciò, che, anche in relazione a quanto appena rilevato, il provvedimento è illegittimo.

6 – Infine si conviene con parte ricorrente, laddove la stessa sostiene che non sarebbe chiaro l’oggetto dell’ordine di demolizione, atteso che, pur rimuovendo il permesso di costruire n. 570/2007, il manufatto preesistente non sarebbe privo di titolo edilizio, essendo stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa che ha imposto l’acquisizione della cd. licenza edilizia e concernendo il citato titolo edilizio solo lavori di ristrutturazione. La demolizione dovrebbe riguardare solo l’intercapedine ed i lavori eseguiti sul fabbricato, lasciando in piedi il fabbricato stesso o l’intero manufatto, andando oltre l’oggetto del richiamato permesso di costruire?

Si ravvisano, perciò anche le dedotte irragionevolezza ed illogicità.

7 – Deve concludersi che l’impugnativa proposta con il ricorso in esame è fondata e deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, che è illegittimo.

8 – Deve, invece, essere respinta la domanda di risarcimento del danno, contenuta nel medesimo atto di ricorso. Al riguardo, non può che rilevarsi l’assenza di danni in capo ai ricorrenti, atteso che, a seguito dell’accoglimento della istanza cautelare, proposta in via incidentale, ed ora del gravame, non è intervenuta alcuna demolizione del manufatto de quo o di una sua parte.

9 – Stante l’accoglimento dell’impugnativa, devono porsi a carico del Comune intimato le spese di giudizio, i diritti e gli onorari, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie l’impugnativa proposta con il ricorso in epigrafe, per l’effetto, annullando i provvedimenti impugnati, e rigetta la domanda di risarcimento del danno, ivi avanzata.

Condanna il Comune di Capena parzialmente alle spese di giudizio in favore dei ricorrenti, forfetariamente quantificate in Euro 2.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2010, con l’intervento dei Magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Rita Tricarico, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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