Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 22-02-2013, n. 8753 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreto in data 24/05/2012, la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma del decreto pronunziato dal Tribunale della medesima città in data 30/09/2008, riduceva ad anni quattro la durata del periodo di sottoposizione di P.G. alla misura della prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno.

2. Avverso il suddetto decreto, il P., in proprio, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione di legge nella parte in cui la Corte territoriale aveva ritenuto che l’assoluzione di esso ricorrente dall’imputazione di omicidio non fosse rilevante ai fini della "frantumazione" del "teorema accusatorio riguardo al profilo associativo".

La Corte, poi, non avrebbe adeguatamente considerato che esso ricorrente era gravato da una condanna che scadeva nel 2019 "il che svilisce di significato qualsivoglia logo giurisprudenziale circa un collegamento malavitoso ancora in atto e/o l’attualità dello stesso, che, comunque, già allo stato non sussiste più, giacchè il medesimo gruppo malavitoso in questione si è storicamente sfaldato ed esaurito".

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

Premesso che il ricorso per cassazione può essere proposto solo per violazione di legge, nel caso di specie, il ricorrente non fa altro che riproporre le medesime questioni già dedotte avanti alla Corte territoriale la quale, con motivazione, ampia, logica ed aderente agli evidenziati elementi fattuali, non solo li ha presi ampiamente in esame ma li ha anche parzialmente accolti tant’è che l’originaria misura di anni cinque, è stata ridotta ad anni quattro proprio in considerazione sia dell’avvenuta assoluzione per l’omicidio, sia per il lungo periodo di detenzione "il che determinerà senz’altro un minimo effetto rieducativo".

Per il resto, la Corte si è adeguata ai consolidati principi di diritto enunciati da questa Corte di legittimità in ordine all’attualità della pericolosità nei confronti di appartenenti ad un’associazione di tipo mafioso, sicchè, non essendo ravvisabile alcuna violazione di legge e non essendo deducibili le pretese contraddittorietà o illogicità motivazionali, il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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