Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 22-02-2013, n. 8752 Sequestro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza in data 30/05/2012, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino rigettava l’opposizione proposta ex art. 263 cod. proc. pen., comma 5 da R.R.R. avverso il decreto con il quale il P.M., in data 3/11/2011, aveva ordinato la restituzione dei dipinti (sottoposti a sequestro probatorio) a F.B.F. persona offesa del delitto di furto delle opere che ne aveva richiesto la restituzione.

2. Avverso la suddetta ordinanza, il R., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo:

2.1. l’inosservanza ed erronea applicazione di norme extrapenali cui si doveva tener conto nell’applicazione della legge penale (artt. 1147 e 1153 c.c.);

2.2. vizio di motivazione, in quanto, pur avendo il Giudice ritenuto come sostanzialmente fondata la prospettazione della buona fede del R. al momento dell’acquisito dei dipinti aveva, poi, contraddittoriamente affermato che mancava il presupposto per incidere sul provvedimento del P.M..

3. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

In punto di fatto è pacifico che il F. era il proprietario al quale i dipinti in questione erano stati rubati, così come è pacifico che il ricorrente è colui che, successivamente, li aveva acquistati presso una gallerie d’arte.

Il giudice per le indagini preliminari ha respinto l’opposizione adducendo la seguente motivazione: "… seppure la richiesta di restituzione potrebbe in sè avere un fondamento a fronte della pretesa buona fede del richiedente al momento dell’acquisto delle opere (acquisto documentato), manca il presupposto per incidere su un provvedimento in sè legittimo, laddove gli interessi del richiedente non risultano comunque pregiudicati, potendo questi fare valere le sue pretese in sede civilistica;

che, quanto alla richiesta subordinata della Difesa, allo stato, nessuna contestazione risulta mossa in sede penalistica in ordine alla titolarità delle opere, tale da avere rilevanza ai fini dell’applicazione dell’art. 263 c.p.p., comma 3 (cfr, la giurisprudenza ha affermato, invero, il seguente principio: "In tema di riesame, il principio di cui all’art. 324 cod. proc. pen., comma 8, secondo cui, nel caso di contestazione della proprietà, il giudice penale rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro, presuppone che il giudice adempia all’onere di accertare la reale esistenza di una controversia, che deve essere effettiva e, quindi, già instaurata oppure instauranda, non essendo sufficiente la mera sussunzione di una tale contestazione: Cass. n. 41879 del 11.10.2007, rv. 237939".

La suddetta decisione, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non si presta ad alcuna censura in quanto il giudice per le indagini preliminari ha correttamente applicato i consolidati principi di diritto enunciati, in casi similari, da questa Corte di legittimità.

In particolare, la dedotta questione dell’applicabilità degli artt. 1153 e 1147 c.c. è fuorviante in sede penale per le stesse ragioni esposte dal giudice per le indagini preliminari il quale ha correttamente rilevato che la controversia fra il legittimo proprietario e colui che afferma essere possessore in buona fede, dev’essere risolta in sede civile ove il ricorrente potrà far valere le sue pretese eventualmente anche cautelari, anche perchè, al momento della decisione, non ricorreva l’ipotesi di concreta attualità della controversia ex art. 263 cod. proc. pen., comma 3 non rilevabile sulla base della mera contestazione del R., argomento questo sul quale il ricorrente non ha ritenuto, in questa sede, di dedurre alcuno specifico motivo.

La motivazione dell’ordinanza impugnata, quindi, deve ritenersi corretta, logica e conforme alle norme di diritto: di conseguenza, non essendo rilevabile alcuno dei vizi dedotti dal ricorrente, il ricorso dev’essere respinto.
P.Q.M.

RIGETTA il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *