Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 22-02-2013, n. 8736

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 08/02/2012, il Giudice di Pace di Pantelleria dichiarava non doversi procedere nei confronti di C.M. (e G.G.B., non ricorrente) in ordine al reato di cui all’art. 632 cod. pen. ("per avere immutato lo stato dei luoghi relativi alla servitù prediale di passaggio afferente alla proprietà della persona offesa, riversando con l’autocarro, pietre e materiale di risulta all’imboccatura dell’entrata del viottolo di accesso alla proprietà di A.G., sito sul terreno del C. per occluderne il passaggio") per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 157 cod. pen.. Sostiene il ricorrente che la questione della sussistenza della servitù era controversa per la molteplicità dei procedimenti, sia penali che civili che, su di essa, erano sorti fra le parti. Peraltro, con sentenza pronunciata in data 7/03/2012, il giudice civile del tribunale di Marsala aveva accertato che il fondo del C. non era gravato di alcuna servitù in favore del fondo della A.G..

Concludeva, quindi, il ricorrente che il giudice di pace, a fronte della suddetta situazione, non avrebbe potuto pronunciare sentenza di non doversi procedere per prescrizione ossia una sentenza che presupponeva "l’implicito convincimento dell’esistenza di quella servitù di passaggio".

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. In punto di diritto va rammentato che, in ordine ai rapporti fra il proscioglimento nel merito e l’art. 129 c.p.p. ossia la questione se il proscioglimento nel merito prevalga rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, si erano formati, nell’ambito della stessa giurisprudenza di legittimità, due contrapposti orientamenti. Secondo il primo, la formula di proscioglimento nel merito non prevale sulla dichiarazione immediata della causa di non punibilità nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, a norma dell’art. 530 c.p.p., comma 2, dovendosi, quindi, applicare la causa di estinzione ex art. 129 c.p.p.: ex plurimis: Cass. 9174/2008, riv 239552. Secondo, invece, un altro orientamento, qualora vi sia incertezza probatoria, prevale la formula di merito ex art. 530 c.p.p., comma 2, rispetto alla declaratoria della causa di estinzione: ex plurimis Cass. 25658/2008, riv 240450. Sul punto, sono, poi, intervenute le SSUU le quali, con la sentenza n 35490/2009, aderendo alla prima delle suddette tesi, hanno precisato, che "per quel che riguarda il presupposto della evidenza della prova dell’innocenza dell’imputato – ai fini della prevalenza della formula di proscioglimento sulla causa estintiva del reato – in giurisprudenza è stato costantemente affermato, senza incertezze o oscillazioni di sorta, che il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parie dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, al punto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" (percezione ictu oculi), che a quello di "apprezzamento", incompatibile, dunque, con qualsiasi necessità di accertamento o approfondimento; in altre parole, l’"evidenza" richiesta dall’art. 129 c.p.p., comma 2, presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione oltre la correlazione ad un accertamento immediato, concretizzandosi così addirittura in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia". Le SSUU, quindi, hanno risolto il conflitto enunciando il seguente principio di diritto:

"all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, nel caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità".

Tuttavia, le SSUU hanno precisato che il suddetto principio ha due limitazioni:

1) il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova, nel caso in cui, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., il giudice di appello -intervenuta una causa estintiva del reato – è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili;

2) il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva anche nel caso in cui ad una sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p., comma 2, appellata dal P.M., sopravvenga una causa estintiva del reato e il giudice ritenga infondato nel merito l’appello.

Nel caso di specie, è del tutto evidente che non si verte in alcuna delle due eccezioni previste dalle SSUU, in quanto la situazione di fatto, come afferma lo stesso ricorrente (pag. 5 ss del ricorso), era ed è vexata.

Di conseguenza, a fronte della suddetta vexata quaestio correttamente il giudice, essendo maturata la prescrizione, ha dichiarato la non procedibilità dell’azione penale.

Va osservato che se ricorrente, davvero fosse stato interessato ad una sentenza di merito, avrebbe avuto la possibilità di ottenerla rinunciando alla prescrizione: ma non l’ha fatto.

Di conseguenza, bene ha fatto il giudice, a fronte di una causa estintiva del reato e di una situazione controversa, a dichiarare la non procedibilità.

3. Il ricorrente, in questa sede, ha prodotto il dispositivo di una sentenza civile che parrebbe dargli ragione sul punto della insussistenza della servitù di passaggio.

Va, però, rilevato che si tratta di una sentenza pronunciata successivamente a quella penale: di conseguenza della medesima non può tenersene conto, in quanto l’imputato ha introdotto, per la prima volta, un elemento che importa una valutazione di fatto non consentita in sede di legittimità.

4. Il ricorrente, infine, ritiene che "meriti soppressione quantomeno, la motivazione della sentenza de qua nel punto in cui essa si risolve, negli incisi riportati, in una sostanziale, ritenuta responsabilità penale …" (pag. 9 ricorso).

La richiesta è infondata.

Infatti, ciò che rileva è il dispositivo e non la motivazione, non senza considerare che il giudice si è limitato a riportare gli esiti della svolta istruttoria dibattimentale e cioè che il ricorrente aveva, in effetti, ostruito il passaggio, fatto che deve ritenersi pacifico in quanto neppure contestato non essendo stato oggetto di alcuna deduzione in questa sede.

La difesa del ricorrente, infatti, era che non sussisteva alcun diritto di passaggio e, quindi, egli legittimamente aveva "riversato, con l’autocarro, pietre e materiale di risulta all’imboccatura dell’entrata del viottolo di sua proprietà".

La questione controversa, quindi, non era tanto sulla condotta materiale tenuta dal ricorrente quanto sulla questione giuridica se il viottolo in questione fosse o no gravato da una servitù di passaggio (cfr pag. 6 ricorso), questione che, però, proprio perchè controversa, giustifica ampiamente la sentenza di non procedibilità.

5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3 per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2013

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