Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 22-02-2013, n. 8735

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. C.S., in proprio, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata in data 19/12/2011 dalla Corte di Appello di Milano deducendo violazione dell’art. 69 cod. pen. per avere la Corte territoriale ritenuto le concesse attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti.

2. Sostiene il ricorrente che la motivazione con la quale la Corte aveva respinto il motivo con il quale aveva chiesto la prevalenza, era meramente apparente essendosi la Corte limitata a ripetere la motivazione del primo giudice.

3. Il ricorso è manifestamente infondato. Per costante giurisprudenza di questa Corte:

a) il giudizio di comparazione rientra nell’ampio concetto di libero convincimento del giudice e costituisce un potere discrezionale che deve ritenersi esercitato correttamente ove vengano chiaramente indicati i punti essenziali e determinanti, con la conseguenza che il giudice non è tenuto a prendere in esame tutti gli elementi prospettati dalle parti, essendo sufficiente che egli dia rilievo a quelli ritenuti di valore decisivo (ex plurimis: Cass. 10/12/2003, Marrazzo – Cass. 25/8/1992, Lafleur);

b) il giudizio di comparazione è imposto dalla necessità di una valutazione complessiva del fatto delittuoso, tale che, fermo il principio di proporzione fra pena e reato, consenta, nel determinare in concreto la pena, di tener conto della particolare personalità del reo, considerata sotto tutti gli aspetti di cui all’art. 133 c.p. (ex plurimis Cass. 6^ 9/6/1996, rv 205906).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, ha respinto il gravame tenuto conto "dell’oggettiva gravità del fatto … e della deteriore personalità dell’imputato …".

Con la suddetta sintetica motivazione, la Corte, sebbene implicitamente, ha preso in esame gli elementi favorevoli all’imputato (valutati al fine della concessione delle attenuanti generiche), ma non li ha ritenuti di una pregnanza tale da poter prevalere, nel giudizio di bilanciamento, sull’elemento negativo in atti costituito dai precedenti penali e dalla gravità del fatto (rapina con la minaccia di armi). Tanto basta per ritenere la motivazione congrua e sufficiente e, quindi, incensurabile in questa sede.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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