Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 22-02-2013, n. 8732

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 04.04.08 il Tribunale di Salerno – sez. distaccata di Eboli – condannava D.S.T. per il reato previsto e punito dall’art. 61, n. 2 – art. 646 cod. pen. in relazione all’appropriazione della somma complessiva di Euro 88.321,00 inerente a contributi INAIL dal 1995 al 2000 e contributi INPS dal 1995 al 2001 di cui aveva il possesso in quanto consegnatagli dalla società "Games s.n.c. di Toledo Angelo 84 C" e che avrebbe a sua volta dovuto consegnare a detti enti previdenziali, in qualità di commercialista di detta società, fatti commessi in (OMISSIS), querela sporta dal T.A. il 27.4.04, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 700,00 di multa, limitatamente alle somme trattenute negli anni 2000-2001, con pena sospesa oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede, con condanna alla provvisionale nella misura di e 5.000,00 in favore di ciascuna delle parti civili costituite, S.M., T. G., T.A., per quest’ultimo gli eredi intervenienti M.G., T.C., T.E. e T. C. e alla refusione delle spese sostenute per la costituzione dalle parti civili.

2. Proposto appello, la Corte di Appello di Salerno, con sentenza in data 22/12/11, assolveva l’imputato perchè il fatto non sussiste.

Sostanzialmente, la Corte territoriale riteneva che il principale teste di accusa, e cioè la persona offesa T.A., fosse "carente sotto il profilo dell’intrinseca attendibilità, poichè confliggente con le ulteriori emergenze processuali anche di natura storica, dichiarativa e documentale nonchè con le regole di comune esperienza".

La Corte, infatti, alla stregua degli evidenziati elementi fattuali (dichiarazioni dei testi della difesa; usi commerciali), da una parte, riteneva fondata la "tesi dell’appellante secondo cui appare per un verso illogico ritenere che il T. abbia, per anni, senza un minimo di precauzione, consegnato denaro al D.S., suo commercialista per adempimenti che egli stesso avrebbe potuto effettuare", e, dall’altro, dopo aver ritenuto inattendibile il teste di accusa G.D., e rivalutata la documentazione in atti, disattendeva la tesi accusatoria.

3. Avverso la suddetta sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione – ai soli effetti civili – le parti civili S.M., T.G., e gli eredi di T.A., M. G., T.C., T.E. e T.C. deducendo illogicità e contraddittorietà della MOTIVAZIONE NONCHE’ TRAVISAMENTO DELLA PROVA Sotto i seguenti profili.

3.1. Innanzitutto, i ricorrenti hanno premesso che l’imputato, in sede di appello, aveva valorizzato, "al fine di dimostrare l’insussistenza del fatto appropriativo, tre domande presentate in data 27.10.1999 dai tre soci – persone offese ( T.A., T.G., S.M.), di accertamento dello svolgimento di attività artigiana (all. 1, 2, 3), nonchè la domanda di iscrizione presso l’albo provinciale della Camera di Commercio (all.

4) del 23.03.2000, da cui la difesa argomentava che il T. fosse a conoscenza, almeno dalla data del 27.10.1999, della sua non iscrizione alla Camera di Commercio, e quindi all’INPS e all’INAIL".

I ricorrenti, poi, aggiungono "che la Corte territoriale, ripetendo acriticamente le considerazioni svolte dall’imputato nei motivi aggiunti, afferma che poichè "fu lo stesso T.A., unitamente agli altri soci della Games a richiedere gli accertamenti di esercizio di impresa artigianale dal 01.01.1995, ai fini dell’iscrizione all’albo degli artigiani presso la camera di Commercio, con istanze del 27.10,1999… tanto non può che avere una sola logica spiegazione, che cioè T. e i soci erano informati che la loro impresa non era iscritta all’albo provinciale degli artigiani, quantomeno a far data dal 27.10.1999, e quindi non potevano versare danaro per contributi ad enti previdenziali presso cui non erano nemmeno registrati …".

Sennonchè, obiettano i ricorrenti che "Se la Corte di Appello avesse letto la visura camerale allegata all’atto di costituzione di parte civile, depositata in primo grado ed affollata ai nn. 8, 9 e 10 (all.

5) del fascicolo dibattimentale, nonchè la domanda stessa di iscrizione alla sezione artigiana del 23.03.2000 (cfr. all. 4), prodotta dalla difesa, da cui si evince che la società risulta iscritta alla Camera di Commercio – sezione ordinaria fin dal febbraio 1996, avrebbe potuto appurare che, a buona ragione, i soci della Games snc ritenevano di dover versare fin dall’inizio i contributi come prescrive il Decreto n. 1124 del 1965, art. 4, lett. 7 e di dover continuare a versarti anche dopo la domanda di annotazione nella sezione speciale fino all’ammissione al regime richiesto".

Concludono, quindi, i ricorrenti rilevando che "Tale evidenza documentale, completamente ignorata dalla Corte territoriale, vale a disarticolare il ragionamento del giudice, poichè dimostra che, contrariamente a quanto afferma la Corte di Appello, i soci già dal febbraio 1996 erano tenuti al versamento dei contributi, e che il 27.10.1999 chiedevano solo di passare alla sezione artigiana della Camera di Commercio, dovendo continuare a versare i contributi in quanto già iscritti all’ente medesimo – sezione ordinaria. Le richieste di accertamento del 27.10.1999, travisate dal giudice, che ha ritenuto trattarsi di domande finalizzate all’iscrizione presso la Camera di Commercio, erano, infatti, finalizzate unicamente al passaggio nella sezione, speciale dell’ente medesimo, come fatto palese dal documento, si ripete la visura camerale agli atti, completamente ignorato dal giudice, e dal cui semplice esame si evince che la società era già iscritta alla Camera di Commercio fin dal 19.02.1996, e che successivamente, per effetto di quegli accertamenti tanto valorizzati quanto travisati dal giudice, in data 27.03.2001, veniva semplicemente annotata nella sezione speciale".

Il suddetto travisamento era risultato decisivo perchè, in pratica, la sentenza si basava su questo solo elemento.

3.2. In secondo luogo, i ricorrenti lamentano che "nella restante parte motiva della sentenza a p. 5, la Corte di Appello, andando addirittura oltre il travisamento della prova, senza argomentare sull’attendibilità degli altri nove testi che avevano riferito degli episodi di consegna di denaro dal 1995 al 2001, giunge ad infirmare la prova testimoniale resa dal teste G.D., attentamente saggiato e valutato dal giudice di primo grado, attraverso quella che l’Ecc.ma Corte insegna appartenere alla categoria della "prova inventata". Segnatamente, afferma che il teste suddetto, il quale riferisce di avere assistito alla consegna di denaro all’imputato nell’agosto 2000, mente poichè il T. aveva affermato di avere smesso di consegnare denaro al D.S. dopo l’accertamento INAIL (fin qui tutto vero), avvenuto nel Marzo 2000 elemento fattuale che non esiste nella realtà processuale".

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.

2. In via preliminare, sotto il profilo strettamente processuale, va rammentato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis SSUU 33748/2005 riv 231679), il giudice di appello che riformi totalmente la sentenza di primo grado sia essa di condanna (ex plurimis Cass. 22120/2009 riv 243946) o di assoluzione (Cass. 7630/2004 riv 231136) ha l’obbligo di dimostrare l’incompletezza o la non correttezza ovvero l’incoerenza delle argomentazioni addotte dal primo giudice, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, senza lasciare spazio alcuno, dia ragione delle scelte operate e del privilegio accordato ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. La diversa spiegazione di un fatto non può semplicemente basarsi sulla mera possibile alternativa, disancorata dalla realtà processuale, ma deve fondarsi su specifici dati fattuali che rendano verosimile la conclusione di un "iter" logico cui si pervenga senza affermazioni apodittiche ma nelle forme corrette del ragionamento.

La Corte territoriale non si è adeguata al suddetto principio di diritto.

3. Dalla lettura della sentenza di primo grado, si evince che il primo giudice, ritenne, sulla base di una argomentata motivazione, che:

a) i testi dell’accusa nonchè lo stesso T.A., dovevano ritenersi attendibili: cfr. da pag. 5 a pag. 11;

b) "la stessa tesi del D.S., secondo cui il mandato professionale ricevuto dal T. era limitato alla contabilità aziendale, è stata contraddetta dalla teste della difesa B. …": pag. 12.

c) "la pur copiosa documentazione versata dal prevenuto non risulta in alcun modo conferente rispetto alla specifica imputazione relativa alla ritenzione delle somme relative ai versamenti previdenziali":

pag. 12.

4. La sentenza di appello, ha riformato la sentenza di primo grado, adducendo, invece, la seguente motivazione:

a) non era credibile che l’imputato, in quanto commercialista si recasse personalmente ogni volta presso l’officina del T. per prelevare il denaro necessario ai versamenti. Tale fatto, oltre che essere smentito dalla prassi commerciale era stata smentita dai testi della difesa e dalla segretaria B.;

b) la dichiarazione di G.D., era inattendibile ed inverosimile, nè era credibile che ogni qualvolta l’imputato si recava a prendere denaro vi fosse sempre un soggetto che di li a qualche anno avrebbe ricordato perfettamente la circostanza;

c) era sospetta la circostanza che la querela fosse stata sporta il 27/04/2004 e quindi distanza di quattro anni dall’accertamento Inail avvenuto nell’aprile 2000 momento nel quale il T. aveva assunto di avere accertato l’infedeltà del commercialista;

d) era stato lo stesso T. e richiedere accertamenti di esercizio dell’impresa commerciale dal 01/01/1995, ai fini dell’iscrizione all’albo degli artigiani, con istanze del 27/10/1999 e quindi antecedenti all’accertamento Inail, "tanto non può che avere una sola logica spiegazione, che cioè T. e i soci erano informati che la loro impresa non era iscritta all’albo provinciale degli artigiani, quantomeno a far data dal 27.10.1999, e quindi non potevano versare danaro per contributi ad enti previdenziali presso cui non erano nemmeno registrati …".

5. Sennonchè, va rilevato che:

quanto al punto sub a), non è chiaro a quale prassi commerciale la Corte si riferisca tanto da farla assurgere quasi ad elemento notorio. Non solo, ma la Corte, quanto alla testimonianza del teste della difesa B., si limita a sostenere che aveva avallato la tesi difensiva, ma senza spiegarne il motivo e senza confutare la motivazione del giudice di primo grado che aveva sostenuto l’esatto contrario;

quanto al punto sub b), la Corte stigmatizza la testimonianza del teste G., ma trascura di valutare ed analizzare le dichiarazioni degli altri testi che avevano deposto nello stesso senso e, soprattutto, supera il motivato giudizio di attendibilità espresso dal primo giudice, con un argomento apodittico e, quindi, non controllabile;

quanto al punto sub d), la doglianza con la quale i ricorrenti hanno stigmatizzato il travisamento della documentazione prodotta dall’imputato, è, in effetti, fondata: in proposito, è sufficiente rinviare al motivo dedotto dai ricorrenti a pag. 3 ss del presente ricorso;

la fondatezza della suddetta doglianza involge anche il punto sub c) della motivazione addotta dalla Corte la quale, non avendo chiarito, in modo limpido, la cronologia dei fatti, non consente di ritenere confutata in modo ragionevole l’opposta conclusione alla quale era pervenuto il primo giudice secondo il quale, invece, "la pur copiosa documentazione versata dal prevenuto non risulta in alcun modo conferente …".

6. Alla stregua delle suddette considerazioni, pertanto, l’impugnata sentenza, sebbene ai soli effetti civili, va annullata con rinvio al giudice civile e, per l’effetto, l’imputato va condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalle ricorrenti parti civili come da dispositivo.

P.Q.M.

ANNULLA La sentenza impugnata e, fermi gli effetti e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello;

CONDANNA L’imputato D.S.T. alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese dalle stesse sostenute in questo grado ^i giudizio liquidate in complessivi Euro 2.000,00 oltre Iva e cpa.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2013
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