Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 20-02-2013, n. 8097

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 23/2/2011 il Tribunale di Brindisi dichiarò:

B.G. responsabile dei reati di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, di cui ai capi B) ed M) della rubrica – escluse, con riferimento al capo M), le aggravanti contestate – e, ritenuta la recidiva contestata, unificati gli addebiti ex art. 81 c.p., lo condannò alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere;

C.A. colpevole di plurimi reati di tentata estorsione aggravata, danneggiamento, detenzione e porto di esplosivi e di un’arma comune da sparo (ed altro) ascrittigli ai capi C), D), E), F) e G) – limitatamente per quest’ultimo capo d’imputazione alle ipotesi di cui ai numeri 8) e 10 – e, ritenuta la recidiva contestata, unificati gli addebiti ex art. 81 c.p., lo condannò alla pena di anni sette e mesi cinque di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere;

L.D. colpevole di plurimi reati di tentata estorsione aggravata, danneggiamento, detenzione e porto di esplosivi e di un’arma comune da sparo (ed altro) ascrittigli ai capi B), C), D), E), F), G) – limitatamente alle ipotesi di cui ai numeri 8) e 10) -, H), I) ed L) – escluse, con riferimento a tale capo di imputazione, le aggravanti contestate – e, unificati gli addebiti ex art. 81 c.p., ritenuta la recidiva specifica ed infraquinquennale, lo condannò alla pena di anni nove e mesi sei di reclusione ed Euro 3.350,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle di mantenimento in carcere.

2. A seguito di appello degli imputati, la Corte di appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi, riduceva la pena inflitta a L.D. ad anni 8, mesi dieci di reclusione e Euro 3.200,00 di multa e quella inflitta a B. G. ad anni 4 e mesi 2 di reclusione ed Euro 900,00 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata.

3. I fatti contestati riguardavano plurimi tentativi di estorsione ai danni di soggetti diversi, accompagnati da atti di intimidazione effettuati con uso di esplosivi ed armi da fuoco.

3. Avverso sentenza della Corte d’appello di Lecce propongono ricorso tutti e tre gli imputati per mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.

4. B.G. solleva sei motivi di gravame con i quali deduce:

4.1 Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento agli artt. 516, 521, 522 e 177 c.p.p..

Al riguardo ripropone l’eccezione già sollevata con i motivi d’appello con la quale si duole che vi sia un’aperta discrasia fra la data di consumazione del reato indicata nel Capo B) (tra il (OMISSIS)) e quella ritenuta dai giudici del merito ( (OMISSIS)). Lo spostamento della data avrebbe pregiudicato il diritto di difesa dell’imputato, il quale aveva documentato che dal 19 al 30 luglio 2008 era stato ininterrottamente ricoverato in Ospedale perchè vittima di una ferita di arma da fuoco.

Sussisterebbe, pertanto, un grave difetto di correlazione fra il fatto contestato e quello per cui è stata pronunziata condanna.

4.2 Vizio della motivazione con riferimento al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello per il capo B). In proposito si duole che la Corte, rigettando la richiesta di integrazione testimoniale, avrebbe impedito all’imputato di difendersi dallo spostamento della data dell’episodio criminoso ad un momento successivo alle sua dimissione dall’ospedale.

4.3 Vizio della motivazione con riferimento al capo B). In proposito si duole che la persona offesa abbia spostato l’arco temporale, con le dichiarazioni rese all’udienza dibattimentale del 24 febbraio 2010, dopo che l’imputato aveva reso pubblico il suo alibi ed eccepisce che la Corte territoriale non abbia dato una giustificazione logica di questa data ballerina. Si duole, inoltre, degli ulteriori argomenti con cui la Corte ha confutato le obiezioni sollevate con i motivi d’appello.

4.4 Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilita, dall’art. 195 c.p.p., comma 7, con riferimento al soprannome di "(OMISSIS)", attribuito all’imputato, che la persona offesa avrebbe percepito da soggetti che non è stato in grado di indicare.

4.5 Violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento all’erronea applicazione dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 con riferimento al capo B). Al riguardo eccepisce che tutti gli imputati sono stati assolti dall’imputazione di cui all’art. 416 bis c.p., non sussistendo pertanto il fine di agevolare alcuna organizzazione mafiosa, nè potendosi intravedere il metodo mafioso.

4.6 Violazione di legge e vizio della motivazione per erronea applicazione dell’art. 629 con riferimento al capo M). Eccepisce che nella fattispecie non sussisterebbero gli estremi della condotta punibile per il reato di estorsione per l’assenza di un comportamento minaccioso.

5. C.A. solleva sette motivi di ricorso:

5.1 Vizio della motivazione con riferimento ai delitti contestati ai capi C) e F);

5.2 Vizio della motivazione con riferimento ai delitti contestati ai capi D) ed E);

5.3 Vizio della motivazione con riferimento ai delitti contestati al capo G);

5.4 Vizio della motivazione con riferimento all’art. 546 c.p.p. e D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

5.5 Violazione di legge in relazione agli artt. 99 e 106 c.p. e art. 47 Ord. Penitenziario. In proposito eccepisce che gli non poteva essere contestata la recidiva, nè poteva aumentarsi la pena, ex art. 99 c.p. in quanto, con riferimento all’unico precedente penale di cui era gravato, il Tribunale di sorveglianza di Lecce, con ordinanza 13/1/1998, aveva dichiarata estinta la pena ed ogni altro effetto penale per l’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale;

5.6 Vizio della motivazione in relazione all’art. 62 bis c.p..

5.7 Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 133, 56 e 81 c.p. in ordine alla richiesta di massima riduzione della pena per il tentativo e di minimo aumento per la continuazione.

6. L.D. solleva nove motivi di ricorso: Con riferimento al Capo B:

6.1 Violazione di legge in relazione all’art. 629 e vizio della motivazione. In proposito ribadisce le sue censure in ordine alla non veridicità delle dichiarazioni del Se..

6.2 Violazione di legge in relazione al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 contestando che nella fattispecie siano ravvisabili gli estremi dell’aggravante in parola.

Con riferimento ai capi C), D) e E):

6.3 Vizio della motivazione con riferimento all’art. 192 c.p.p. per motivazione contraddittoria in merito agli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 629 c.p., avendo i giudici di merito raggiunto la diagnosi di responsabilità immotivatamente e con travisamento dei fatti. Al riguardo si duole che la Corte d’appello ha dato "fideisticamente" credito a tutte le persone offese delle varie contestazioni, M.R., M.L., F.O. e Ta.Or., omettendo di sottoporre le stesse al dovuto controllo di credibilità ed ignorando i precisi rilievi dedotti dall’imputato nei motivi d’appello.

6.4 Inosservanza o erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 235 e 237 c.p.p.. Al riguardo si duole che la Corte d’appello abbia rifiutato di acquisire la chiavetta PC fornita dall’imputato nonostante convenisse sulla considerazione della stessa come "corpo di reato".

Capi F e G (n. 8 e 10).

6.5 Violazione di legge in relazione all’art. 629 c.p. e vizio della motivazione.

6.6 Vizio della motivazione in relazione all’art. 192 c.p.p., con riferimento alla valutazione del quadro probatorio posto a base delle imputazioni. Al riguardo eccepisce che la ricostruzione effettuata dal sindaco T. è stata nettamente smentita proprio dal teste evocato dal T. a sostegno della propria versione. Nè la responsabilità del L. per i fatti in questione può farsi derivare dalla registrazione di un colloquio intercorso fra il T. ed il solo Ca..

6.7 Violazione di legge in relazione al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 in relazione ai capi C), D), E), F), G) non sussistendo i presupposti per l’applicazione dell’aggravante in parola.

Capi H), I) ed L).

6.8 Violazione di legge, in relazione all’art. 192 c.p.p., per motivazione contraddittoria ed insufficiente in relazione all’art. 629 c.p.. Al riguardo, in relazione ai fatti rubricati sub H) e I), si duole che la Corte non abbia considerato che il racconto della persona offesa Ma.Gr., teste de relato, veniva smentito proprio dal suo teste di riferimento Me.Pi.. Per quanto riguarda il Capo L), eccepisce che la persona offesa, Le.

G., in sede dibattimentale, aveva chiarito che non riteneva di essere succube di richieste estorsive provenienti dal L..

6.9 Violazione di legge in relazione all’art. 62 bis c.p., art. 64 c.p., comma 4 e art. 99 c.p., dolendosi che la pena irrogata non appare congrua, nè rispettosa dei principi costituzionali.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente deve essere disposto lo stralcio per la posizione di B.G. per impedimento del difensore, in conformità all’ordinanza emessa all’odierna udienza.

2. C.A.. In punto di diritto, occorre rilevare che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv.

203073, Baldini). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, semprechè tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000), Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud. 23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999 (ud.

22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta nè quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

3. In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.

4. Di conseguenza nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata, con riferimento alla posizione di C.A., con riferimento al secondo e terzo motivo di ricorso in quanto le questioni sollevate attengono a motivi di merito e non evidenziano contraddizioni o omissioni nella motivazione in ordine ad elementi idonei a ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa;

5. Per quanto riguarda il quarto motivo, in punto di insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, la censura, comune a tutti e tre i ricorrenti, è infondata. Nel caso di specie l’aggravante in parola è stata contestata facendo richiamo ad entrambi i profili che la caratterizzano. Nei capi di imputazione, infatti, ricorre questa formula scommettendo i fatti al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso sub A) cui appartenevano ed avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p.".

Non può dubitarsi della legittimità di tale contestazione poichè questa Corte ha statuito che la contestazione di entrambi i profili che caratterizzano l’aggravante speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, conv. in L. n. 203 del 1991, quali l’utilizzo del metodo mafioso o la finalità di agevolazione mafiosa, non è illegittima, perchè in presenza di condotte delittuose complesse e aperte all’una o all’altra modalità operativa o anche ad entrambe, essa amplia e non riduce le prerogative difensive (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11742 del 17/11/2011 Ud. (dep. 29/03/2012) Rv. 252275).

La circostanza che tutti e tre gli imputati siano stati assolti dall’imputazione di cui all’art. 416 bis c.p., fa venir meno il primo profilo, quello dell’agevolazione dell’attività di una associazione di tipo mafioso, ma non incide sul secondo, in quanto il metodo mafioso emerge dal tenore delle espressioni di minaccia utilizzate e dal contesto intimidatorio nel quale rientrano attentati con uso di esplosivi ed esplosione di colpi di pistola.

6. Per quanto riguarda il quinto motivo, con il quale il ricorrente si duole dell’applicazione della recidiva, la censura è inammissibile, trattandosi di violazione di legge che non è stata specificamente dedotta con i motivi d’appello.

7. Ugualmente infondate sono le censure attinenti al trattamento sanzionatorio sollevate con il sesto e settimo motivo. La Corte, infatti, ha specificamente motivato in ordine al diniego delle attenuanti generiche. Per quanto riguarda la dosimetria della pena, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125 c.p., comma 3, anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", ovvero si richiami alla gravita del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 237402). E’ stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 c.p. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009) Rv.

245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della misura media di quella edittale.

Sono fondate, invece, le censure sollevate con il primo motivo di ricorso. La Corte d’Appello non ha proprio preso in considerazione il motivo d’appello con il quale l’imputato contestava la sua responsabilità per i reati di cui ai capi C) e F), omettendo del tutto la motivazione. Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di C.A. limitatamente ai reati di cui ai capi C) e F) della rubrica con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce per nuovo giudizio sul punto. Il ricorso va rigettato nel resto.

8. L.D.. Preliminarmente occorre rilevare che sono infondate le censure, sollevate con i motivi due e sette, relativi all’aggravante speciale di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 per le ragioni già esposte (al punto 7) con riferimento alla posizione di C.A..

9. Per quanto riguarda le questioni sollevate con il primo motivo, relativo al capo B); il terzo motivo, relativo ai capi C), D) ed E);

il quinto ed il sesto motivo, relativi ai Capi F) e G); l’ottavo motivo, relativo ai capi H), I) ed L); con i quali si deducono vizi della motivazione e travisamento dei fatti in relazione alla ritenuta credibilità delle dichiarazioni delle persone offese ( S. N., M.R., M.L., F.O., Ta.

O., T.D. e Ma.Gr.), le obiezioni del ricorrente sono Inammissibili in quanto si risolvono in mere censure in fatto.

10. In tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, mentre è consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano, non è, invece, consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39048 del 25/09/2007 Ud. (dep. 23/10/2007 ) Rv. 238215).E tuttavia per integrare il vizio di travisamento della prova non è sufficiente la pretermissione o l’erronea lettura di un dato processuale, se tale dato non svolge un ruolo decisivo nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.

8. Infatti, secondo l’insegnamento di questa Corte, le modifiche apportate dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità. Ne consegue che gli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" menzionati ora dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito"(Cass. Sez. 4, Sentenza n. 35683 del 10/07/2007 Ud.

(dep. 28/09/2007 ) Rv. 237652).

9. Nel caso di specie le censure del ricorrente sono volte proprio a provocare un intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici del merito. Valgono, con riferimento ai motivi di ricorso del L. le stesse considerazioni svolte con riferimento alla posizione di C., in ordine all’inesistenza di elementi tralasciati dai giudici dell’appello che abbiano una concludenza concludenza probatoria, tale da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

10. Sono inammissibili, per carenza d’interesse, le censure sollevate con il quarto motivo, con il quale il ricorrente si duole della mancata acquisizione di una chiavetta PC proveniente dall’imputato, dal momento che non è stato neppure dedotto alcun argomento da cui possa emergere l’interesse della difesa all’acquisizione di tale documentazione.

11. Sono infondate le censure in punto di trattamento sanzionatorio.

Al riguardo, per quanto concerne l’applicazione dell’aumento di pena dovuto alla recidiva, nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata dal momento che, in assenza di deduzioni difensive, l’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva facoltativa nei casi di cui all’art. 99 c.p., commi 3 e 4, non comporta un obbligo di specifica motivazione, trattandosi di un aggravamento previsto dalla legge quale effetto delle condizioni soggettive dell’imputato. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13923 del 18/02/2009 Ud. (dep. 31/03/2009 ) Rv.

243505). (In motivazione la Corte ha precisato che è solo l’esclusione di tale aggravamento di pena a dover essere motivato).

La Corte ha motivato correttamente in ordine al diniego delle attenuanti generiche e, per quanto riguarda la dosimetria della pena, valgono al riguardo le considerazioni sviluppate (al punto 7) in ordine alla posizione del coimputato C..

Di conseguenza il ricorso di L. deve essere rigettato.

12. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili costituite, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Dispone lo stralcio della posizione del ricorrente B.G..

Rigetta il ricorso di L.D. che condanna al pagamento delle spese processuali.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di C.A. limitatamente ai reati di cui ai capi C) e F) della rubrica con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Lecce per nuovo giudizio sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso del C..

Condanna L.D. alla rifusione in favore della parte civile Comune di Ostuni delle spese dalla stessa sostenute per questo grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.500,00, oltre IVA e CPA, nonchè ancora alla rifusione in favore delle parti civili costituite a mezzo dell’avv. Donato Musa, delle spese dalle stesse sostenute in questo grado di giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 7.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A..

Rinvia la liquidazione delle spese di parte civile relativamente al ricorrente C. al definitivo.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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