Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 20-02-2013, n. 8096

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 17/5/2011, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bari, in data 13/11/2009, esclusa la recidiva, rideterminava in anni due, mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa la pena inflitta per i reati di ricettazione e falso.

2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di sussistenza e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ma provvedeva a ridurre la pena, avendo escluso l’applicazione della recidiva.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame.

3.1 Con il primo motivo deduce manifesta illogicità della motivazione assumendo che agli atti non vi è prova del contestato reato di ricettazione e dell’attribuibilità del medesimo all’imputato D.T.. Al riguardo ripercorre le dichiarazioni dei testi in atti, concludendo che è impossibile stabilire chi fosse il conducente del mezzo e chi avesse la materiale disponibilità della carta falsificata.

3.2 Con il secondo motivo deduce l’avvenuta prescrizione del reato di falso di cui al capo b), anche alla luce della esclusione della recidiva operata dai giudici dell’appello.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perchè costituisce, con tutta evidenza, reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai giudici del merito, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici. Invero l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione di merito ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di procedere ad una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è in via esclusiva, riservata al Giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

3. Ugualmente inammissibile, per manifesta infondatezza è il secondo motivo di ricorso in punto di prescrizione dal momento che il termine ordinario di prescrizione del reato di falso, escludendo di considerare la recidiva, non era ancora maturato alla data della decisione del processo in secondo grado.

4. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013
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