Cass. civ. Sez. III, Sent., 24-07-2012, n. 12877 Responsabilità civile

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Svolgimento del processo
Nel dicembre del 2001 C.C., rappresentato dal suo procuratore generale T.G., evocò in giudizio, dinanzi al tribunale di Siracusa, la XXX s.p.a. quale gestore del FGVS, chiedendone la condanna al risarcimento dei gravissimi danni riportati a seguito ad un investimento subito ad opera di una moto che lo seguiva mentre percorreva, alla guida del proprio motociclo, la strada del vecchio circuito automobilistico di (OMISSIS).
Il giudice di primo grado respinse la domanda.
La corte di appello di Catania, investita del gravame proposto dall’attore, lo rigettò.
La sentenza è stata impugnata dall’appellante con ricorso per cassazione sorretto da due motivi di doglianza.
Resiste con controricorso la s.p.a. Xxx Xxx (già Xxx s.p.a.).
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo, si denuncia violazione dell’art. 157 c.p.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 281 ter c.p.c..
Il motivo – che ripropone la medesima doglianza già svolta dinanzi al giudice di appello, e da questi correttamente disattesa – è privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dalla corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto che la richiesta di attivare i poteri istruttori del giudice ex art. 281 ter c.p.c., fosse nella specie inammissibile, per essere ormai maturate le relative preclusioni istruttorie (inammissibilità confermata ex ore suo dallo stesso giudice delle leggi con l’ordinanza n. 69 del 2003), e che l’opposizione (e la correlata istanza di revoca) proposta dal procuratore della società appellata contenesse, nella sostanza, la denuncia dei motivi di nullità del provvedimento de quo.
Le argomentazioni sviluppate dalla corte catanese, esenti da vizi logico-giuridici, si sottraggono alle censure mosse in questa sede dal ricorrente, apparendo, in particolare, conforme a diritto l’interpretazione offerta dal giudice territoriale con riguardo all’opposizione dell’appellata contenuta nello stesso verbale ammissivo della prova ex art. 281 ter c.p.c. (interpretazione che, per costante giurisprudenza di questa corte regolatrice, va condotta in relazione alle finalità che la parte intende perseguire, senza essere condizionata dalle formule adottate dalla parte stessa: ex permultis, Cass. 14751/2007).
Con il secondo motivo, si denuncia un vizio di motivazione illogica, inadeguata e insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il motivo – che lamenta la erronea valutazione del materiale probatorio così come operata dalla corte di appello (che discorre, da un canto, di asxxx incerta e problematica attendibilità dei due testi ammessi con provvedimento poi dichiarato nullo, per rilevare, dall’altro, la totale assenza di adeguati riscontri probatori con riferimento alla domanda risarcitoria) – è anch’esso infondato.
La sua articolazione, pur lamentando formalmente un decisivo difetto di motivazione, si risolve, nella sostanza, in una (ormai del tutto inammissibile) richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito.
Il ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si volge piuttosto ad invocare una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata sentenza censure del tutto inaccoglibili, perchè la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva.
E’ principio di diritto ormai consolidato quello per cui l’art. 360 c.p.c., n. 5, non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione (salvo i casi di prove c.d. legali, tassativamente previste dal sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perchè in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di risultanze, testimoniali e di fatto (ormai cristallizzate quoad effectum), sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata -, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.
Il ricorso è pertanto rigettato.
La disciplina delle spese – che possono per motivi di equità essere in questa sede compensate – segue come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012

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