Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 25-07-2012, n. 13159 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Roma condannava l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in favore del lavoratore in epigrafe al computo del compenso per prestazioni di lavoro straordinario reso in modo costante nell’indennità di anzianità e nel TFR sino all’entrata in vigore del CCNL del 1992.
Avverso questa sentenza il detto lavoratore ricorre in cassazione sulla base di un unica censura.
Lea parte intimata resiste con controricorso.
Vengono depositate memorie illustrative.
Motivi della decisione
Preliminarmente va rilevata la nullità della procura apposta a margine della memoria ex art. 378 c.p.c. depositata per l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato con la quale risulta conferito mandato "nel presente grado del giudizio pendente innanzi la Suprema Corte di Cassazione" all’avv.to T. S. in sostituzione del precedente procuratore. Infatti è giurisprudenza di questa Corte che nel giudizio di cassazione il nuovo testo dell’art. 83 c.p.c. – secondo il quale la procura speciale può essere apposta a margine od in calce anche di atti diversi dal ricorso o dal controricorso – si applica esclusivamente ai giudizi instaurati in primo grado dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 45 (4 luglio 2009), mentre per i procedimenti instaurati anteriormente a tale data – quale è il presente – se la procura non viene rilasciata a margine od in calce al ricorso e al controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, come previsto dall’art. 83, comma 2 (vecchio testo) (V. Cass. 26 marzo 2010 n. 7241, Cass. 28 luglio 2010 n. 17604 e Cass. 2 febbraio 2012 n. 4476).
Con l’unico motivo di censura il ricorrente, deducendo violazione delle norme del contratto collettivo, assume che la Corte del merito ha erroneamente interpretato il CCNL del 1992 ritenendo, relativamente al TFR, non prevista una nozione di retribuzione omnicomprensiva.
La censura, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio in ossequio anche al principio di nomofilachia reputa di aderire, è infondata.
Questo giudice di legittimità infatti ha sancito, nell’interpretare direttamente ex art. 360 c.p.c., n. 3, così come novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, la denunciata norma collettiva che in tema di determinazione del trattamento di fine rapporto, il principio secondo il quale la base di calcolo va di regola determinata in relazione al principio della onnicomprensività della retribuzione di cui all’art. 2120 cod. civ., nel testo novellato dalla L. n. 297 del 1982, è derogabile dalla contrattazione collettiva, che può limitare la base di calcolo anche con modalità indirette purchè la volontà risulti chiara pur senza l’utilizzazione di formule speciale od espressamente derogatorie. Ne consegue che, con riferimento al personale dipendente delle aziende grafiche e affini e delle aziende editoriali (nella specie, dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato), a partire dal c.c.n.l. del 1 novembre 1992, la quota annuale di cui alla L. n. 297 del 1982, art. 1 per il calcolo del trattamento di fine rapporto concerne la retribuzione indicata, con definizione non onnicomprensiva, nell’art. 21 del c.c.n.l. medesimo sulla nomenclatura, ossia quella "complessivamente percepita dal quadro, dall’impiegato e dall’operaio per la sua prestazione lavorativa, nell’orario normale", con esclusione delle prestazioni di lavoro straordinario (Cass. 13 gennaio 2010 n. 365 e Cass. 27 maggio 2010 n. 13048 e più di recente Cass. 10 aprile 2012 n. 5680 nonchè Cass. 11 aprile 2012 n. 5716 e molte altre).
Nè vi è contrasto con la sentenza n. 6086 del 2010 di questa Corte in quanto trattandosi di ricorso per cassazione avverso sentenza pubblicata in data anteriore al D.Lgs n. 40 del 2006 questa Corte non poteva procedere ad una interpretazione diretta, come invece avvenuto nella citata sentenza n. 365 del 2010, del contratto collettivo nazionale di cui il ricorrente aveva dedotto l’erronea interpretazione.
La sentenza impugnata conseguentemente va confermata.
Trattandosi di questione d’interpretazione di contratto collettivo in ordine alla quale vi è contrasto nella giurisprudenza di merito stima il Collegio di compensare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2012

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