Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-01-2013) 20-02-2013, n. 8092

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 5/3/2012, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Roma, in data 8/3/2011, riduceva la pena inflitta a D.R. per i reati di rapina aggravata e ricettazione in concorso, rideterminandola in anni 3, mesi 2 di reclusione ed Euro 800,00 di multa.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi della dosimetria della pena.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

2. Premesso che l’appello verteva esclusivamente sulla quantificazione della pena, avendo l’appellante rinunziato anche al motivo concernente il giudizio di equivalenza sulle concesse attenuanti, la Corte territoriale ha sostanzialmente accolto l’impugnazione provvedendo ad una mitigazione del trattamento sanzionatorio.

3. Tanto premesso, sono inammissibili sono le censure in merito al trattamento sanzionatorio in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125 c.p., comma 3, anche ove adoperi espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento", ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007) Rv. 237402). E’ stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18/09/2009) Rv. 245596).

Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata.

4. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2013

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