Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-01-2013) 15-02-2013, n. 7524

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con l’ordinanza sopra indicata il Tribunale di Milano, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava il provvedimento del 04/09/2012 con il quale il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva disposto nei riguardi di A.A. l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai delitti di cui all’art. 110 cod. pen., L. n. 895 del 1967, artt. 1, 2, 4 e 7 modificati dalla L. n. 497 del 1974, artt. 9, 10, 12 e 14 per avere, in concorso con Am.Ni. e F.S., il (OMISSIS).

Illecitamente importato, introdotto nello Stato, detenuto e portato in luogo pubblico, nonchè acquistato un’arma comune da sparo, indicata come pistola di "calibro 7", dall’ Am. trasportata dalla Svizzera in Italia e dallo stesso consegnata all’ A. per il tramite del F. dietro pagamento di un corrispettivo di 1.500 Euro.

Rilevava il Tribunale come gli elementi di prova acquisiti durante le indagini, in particolare quelli desumibili dalle dichiarazioni auto ed etero accusatorie dell’ Am., dalle intercettazioni di comunicazioni telefoniche ed ambientali, nonchè dai verbali delle attività di osservazione, perquisizione e sequestro svolte dalla polizia giudiziaria, avessero integrato gli estremi dei gravi indizi di colpevolezza dell’ A. in ordine ai reati contestatigli; e come le modalità esecutive delle condotte accertate avessero dimostrato l’esistenza di un concreto pericolo di reiterazione dei reato, in ragione dei gravi precedenti penali dell’indagato e della sua elevata professionalità delinquenziale.

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l’ A., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Nicola Stefanizzo, il quale ha dedotto i seguenti tre motivi.

2.1. Violazione di legge, in relazione a tutte le norme di diritto penale oggetto dell’addebito, e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere il Tribunale del riesame confermato il provvedimento applicativo della misura coercitiva massima, nonostante le carte del procedimento non avessero offerto alcun indizio di un effettivo concorso dell’ A. nella commissione degli indicati reati, che il F. aveva confessato di aver consumato in piena autonomia, acquistando quella pistola direttamente dall’ Am..

2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 275 c.p.p., comma 4 bis, art. 277 c.p.p., art. 299 c.p.p., comma 4 ter e art. 309 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere il Tribunale di Milano erroneamente ritenuto che la questione delle precarie condizioni di salute dell’indagato andasse posta all’attenzione del giudice del procedimento principale, mediante la presentazione di apposita istanza di revoca o di sostituzione della misura, e per avere così omesso di considerare che quelle condizioni potevano incidere direttamente sulla scelta della misura più adeguata rispetto alle esigenze prospettate.

2.3. Violazione di legge, In relazione agli artt. 292, 274, 275 e 309 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere il Tribunale lombardo disatteso l’eccezione di nullità dell’originaria ordinanza applicativa della misura per mancanza assoluta di motivazione in ordine alla valutazione del tempo trascorso fra la commissione del fatto e l’applicazione della anzidetta misura.

3. il ricorso è inammissibile, avendo il difensore dell’ A., con nota del 16/01/2013, rinunciato all’impugnazione: nota con la quale il patrocinatore ha precisato che il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano – cui gli atti erano stati, nel frattempo, trasmessi dopo l’esercizio dell’azione penale – aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio e che all’imputato era stata successivamente notificata una seconda ordinanza di applicazione della misura cautelare, provvedimento emesso, in sostituzione del precedente, dal Tribunale di Busto Arsizio.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del presente procedimento ed a quello di una somma in favore della Cassa delle ammende, tenuto conto che la rinuncia all’impugnazione è ascrivibile ad una sopravvenuta carenza di interesse dovuta a circostanze non imputabili al ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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