T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 18-01-2011, n. 402

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con provvedimento n. 1586 del 6 novembre 1998, il Comune di Roma, posto che la ricorrente aveva invocato la formazione del silenzio assenso ex art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sull’istanza dalla stessa presentata in data 15 gennaio 1998, ha revocato l’autorizzazione (implicita) per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel locale di Xxx n. 34.
Avverso tale atto, ed ogni altro a questo connesso, ha proposto impugnativa l’interessata chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, deducendo vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 683/1999, è stata accolta la domanda di sospensiva.
In prossimità della trattazione del merito, il Comune di Roma ha depositato memoria con cui, dopo aver – tra l’altro – precisato che, in data 3 marzo 1999, era stato adottato un altro ordine di cessazione dell’attività di che trattasi (D.D. 3 marzo 1999 n. 222), ha chiesto che il ricorso venga dichiarato improcedibile ovvero rigettato perché infondato nel merito.
Alla pubblica udienza del 25 novembre 2010, la causa, dopo la discussione della difesa di parte ricorrente, è stata trattenuta dal Collegio per la decisione, unitamente al ricorso RG n. 14809/1998 proposto dalla stessa ricorrente avverso la D.D. n. 1364 del 5 ottobre 1998 con cui il Comune di Roma aveva ordinato la cessazione dell’attività commerciale svolta nel locale di Xxx n. 34, non ritenendo formatosi il silenzio assenso sulla predetta istanza presentata dalla interessata in data 15 gennaio 1998.
2. Ciò premesso, va osservato che la Sezione, con sentenza resa sul predetto riscorso RG n. 14809/1998, ha ritenuto non inficiata dai vizi dedotti dalla ricorrente la D.D. n. 1364 del 5 ottobre 1998 con cui il Comune di Roma aveva ordinato la cessazione dell’attività commerciale svolta nel locale di Xxx n. 34.
Al riguardo, è stato precisato che, sull’istanza di trasferimento dell’autorizzazione commerciale nel locale di Xxx n. 34 presentata dall’interessata in data 15 gennaio 1998, non si era formato il silenzio assenso ai sensi dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, non avendo la ricorrente corredato la domanda della documentazione attestante il possesso dei necessari requisiti di carattere oggettivo.
Da ciò deriva che il provvedimento impugnato con il ricorso in esame (n. 1586 del 6 novembre 1998) – con cui il Comune di Roma, come detto nel precedente punto 1., ha revocato l’autorizzazione (implicita) per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel locale di Xxx n. 34 – è (recte: era) privo dell’oggetto che, come ora sancito dall’art. 21 septies della legge 241 del 1990 (precetto all’epoca non vigente ma sussumibile dalla giurisprudenza), costituisce uno degli elementi essenziali del provvedimento amministrativo.
Ora, posto che l’accertamento della mancata formazione del silenzio assenso è avvenuto in epoca successiva all’adozione del provvedimento impugnato ed alla proposizione del ricorso in esame, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse anche perché, dopo l’esito della decisione assunta sul ricorso RG n. 14809/1998, la ricorrente non avrebbe più alcuna utilità dalla soluzione della presente controversia in quanto l’eventuale annullamento del provvedimento di revoca non servirebbe a far rivivere il provvedimento tacito di autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande nel locale di Xxx n. 34 (avendo la Sezione statuito non essersi formato per silenzio assenso).
Se a ciò si aggiunge che non risulta che la ricorrente abbia impugnato l’ulteriore ordine del Comune di Roma di cessazione dell’attività di che trattasi (assunto con D.D. 3 marzo 1999 n. 222), non vi sono margini per non dichiarare l’improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse.
L’interesse a ricorrere, invero, non solo deve sussistere al momento della proposizione dell’impugnativa ma anche in epoca successiva, in base al principio che le condizioni dell’azione debbono permanere fino al momento del passaggio in decisione della controversia.
3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile mentre le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, anche in ragione dell’evoluzione della vicenda.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Francesco Riccio, Consigliere
Daniele Dongiovanni, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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