Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-01-2013) 15-02-2013, n. 7500

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Cagliari riformava, esclusivamente in punto di quantificazione della pena, e confermava nel resto la pronuncia di primo grado con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della stessa città, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato M. S. in relazione al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 per avere, in Cagliari, il 13/12/2002, illecitamente detenuto il quantitativo ingente di kg. 3 di sostanza stupefacente del tipo cocaina, contenuta in un pacco postale proveniente dall’Olanda e dallo stesso ritirato.

Rilevava la Corte come gli elementi di prova acquisiti durante le indagini fossero idonei a dimostrare la colpevolezza dell’imputato in ordine al reato così come addebitatogli, poichè il quantitativo della droga detenuta, cocaina contenente un principio attivo in percentuale variabile tra il 70,6 e il 72,4%, idoneo alla preparazione di circa 4.700 dosi medie giornaliere, era tale da rappresentare un pericolo per la salute pubblica ovvero per un rilevante numero di tossicodipendenti; e come, invece, la pena finale inflitta dovesse essere diminuita in ragione del limite minimo edittale e dello stato di incensuratezza dell’imputato che, dopo la commissione di quel reato, risultava aver cambiato vita.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso lo S., con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti due motivi (il primo dei quali ripreso ed arricchito con l’esposizione di motivi aggiunti del 07/01/2013).

2.1. Violazione di legge, in relazione al D.P.R. cit., art. 80, comma 2, e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello disattesi i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla configurabilità della circostanza aggravante dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente, nella fattispecie insussistente in quanto la partita di droga detenuta dallo S., peraltro contenente sostanza pura in percentuale ridotta, non era di entità ponderale eccezionale.

2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 2 cod. pen., comma 4 e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale rideterminato la pena considerando il limite edittale minimo sanzionatorio ridefinito dalla L. n. 49 del 2006, dunque con disposizione inapplicabile retroattivamente ad una condotta delittuosa posta in essere in epoca precedente.

Motivi della decisione

1. Ritiene la Corte che il ricorso vada rigettato.

2. Il primo motivo del ricorso è infondato.

Secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, l’aggravante della ingente quantità, di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore-soglia) determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv.

253150).

Applicando tale principio di diritto al caso di specie, bisogna prendere atto come la Corte distrettuale, con motivazione congrua e priva di vizi di illogicità, correttamente abbia ritenuto di ingente quantità la sostanza stupefacente del tipo cocaina detenuta dall’imputato, atteso che la stessa aveva una percentuale di principio attivo variabile tra il 70,6% ed il 72,4%, conteneva sostanza drogante pura pari a non meno di 2.118.000 mg., dai quali, tenuto conto del valore-soglia di 750 mg. fissato dal menzionato d.m.

con riferimento alla cocaina, si sarebbero potute ricavare non meno dì 2.824 dosi, numero inferiore a quello stimato dai Giudici di merito, ma di gran lunga superiore al coefficiente di 2.000 unità sopra riportato.

Tanto risulta conforme, dunque, all’indirizzo ermeneutico in materia oramai nettamente prevalente, che ha tratto origine da una nota pronuncia delle Sezioni unite del 2000 (v. Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216666), e che con l’altra, più recente, innanzi richiamata decisione delle Sezioni unite emessa nel caso "Biondi", è stato affinato con l’individuazione di un "moltiplicatore" desumibile dall’ampia casistica emergente, dalla giurisprudenza di legittimità, "parametro indicativo e non vincolante", sia per scongiurare le "oscillazioni" interpretative di un concetto, quale quello dell’ingente quantità, suscettibile delle più disparate letture e per evitare di far riferimento alle caratteristiche delle transazioni in un determinato "ambito territoriale", dato valutativo, questo, di scarsa valenza esegetica, (tanto più in un mercato, quale quello degli stupefacenti, avente carattere di globalità), sia anche per esaltare, per così dire, la funzione propria della norma che prevede la circostanza aggravante in argomento, che, come noto, è quella di sanzionare in maniera più rigorosa condotte che mettono in maggior pericolo il bene salute pubblica" riguardando quantitativi di droga potenzialmente destinati, per il loro valore ponderale, ad un numero molto elevato di fruitori finali.

3. Il secondo motivo del ricorso è inammissibile, sia perchè attinente ad una violazione di legge dedotta per la prima volta solo con il ricorso per cassazione, sia e soprattutto perchè riguardante un supposto vizio di motivazione manifestamente infondato, avendo la Corte di appello di Cagliari ridotto la pena inflitta dal giudice di prime cure espressamente tenendo conto del limite edittale minimo previsto per il delitto contestato (v. pag. 5 della sentenza impugnata).

4 Alla declaratoria di rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario delle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013
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