Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 24-01-2013) 15-02-2013, n. 7498

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Il cittadino marocchino H.E.B. è l’albanese F. K. erano imputati di violazione della legge sugli stupefacenti, rispettivamente per la cessione di quantitativo non modico di hashish (così nelle sentenze di merito a fronte dell’originaria indicazione di cocaina) a tale M.Z. e acquisto dallo stesso Z. di un chilogrammo circa di hashish, il primo, e di cessione di cocaina a tali R.S. e, con questo, a A.C. V., il secondo (fatti del febbraio – marzo 2006). I due erano condannati per i reati loro ascritti dal Tribunale di Brescia il 9.12.2009. Con sentenza in data 8-18.10.2010 la Corte d’appello di Brescia assolveva E.B. in relazione all’acquisto di hashish e rideterminava la pena per il secondo fatto; riduceva la pena inflitta al K..

2. Ricorrono entrambi gli imputati.

2.1 Con ricorso personale E.B. enuncia motivi di violazione degli art. 192 c.p.p., comma 1 e 2, art. 133 c.p., art. 530, comma 2 e art. 533 c.p.p., comma 1, art. 3 Cost., nonchè vizi alternativi di motivazione sui criteri per l’affermazione di responsabilità:

– l’intestazione della scheda telefonica e il rinvenimento della stessa nel possesso dell’imputato dopo un anno dai fatti, in assenza dell’identificazione nel medesimo E.B. dell’interlocutore delle conversazioni intercettate, non realizzerebbero certezza della prova, come sarebbe stato comprovato dalla sua contestuale assoluzione per l’acquisto di hashish;

– in ogni caso sarebbe configurabile l’attenuante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 5;

– nella determinazione della pena sarebbe stato violato l’art. 133 c.p.;

– mancherebbe motivazione sull’applicazione della "pena accessoria" D.P.R. n. 309, ex art. 86, da ritenersi implicitamente contestata già in appello con la richiesta assolutoria e comunque priva di motivazione in ordine alla pericolosità sociale.

2.2 Il ricorso in favore di K. enuncia in modo alternativo vizi di motivazione sui punti dell’affermazione di responsabilità (quanto alla fondatezza della tesi difensiva sulle ragioni della presenza dell’imputato presso il cimitero e sull’incontro con lo S. ed al significato probatorio delle intercettazioni telefoniche) e del trattamento sanzionatorio (per la mancata applicazione del minimo della pena).

Motivi della decisione

3.1 Il ricorso di E.B. è inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato. Premesso che l’atto di appello risultava sostanzialmente incentrato sull’inadeguatezza probatoria del contenuto delle conversazioni, mentre sul distinto punto dell’attribuibilità delle stesse all’imputato vi era solo una frase "incidentale" a p. 2, l’indicazione in ricorso sul dato temporale del rinvenimento della scheda anche nel possesso dell’imputato (cui era intestata) è da un lato priva del supporto probatorio in termini di autosufficienza dell’impugnazione (non risultando appunto dedotta nell’atto d’appello) e, dall’altro, si risolve in censura di merito. Nè sussiste alcuna contraddizione per la contestuale parziale assoluzione: il Giudice d’appello ad essa è pervenuto interpretando il contenuto delle conversazioni ed evidenziando che, quanto all’acquisto, vi era la prova della contingente indisponibilità della sostanza, da parte del venditore.

Il secondo motivo è inammissibile per genericità.

Il terzo motivo è inammissibile perchè diverso da quelli consentiti svolgendo, e in termini generici, censure di merito.

Il quarto motivo è inammissibile perchè nuovo (l’atto di appello svolgeva deduzioni solo su altri aspetti del trattamento sanzionatorio, nè la richiesta di assoluzione costituisce motivo sussumente tutti i possibili articolati punti del trattamento sanzionatorio, che debbono essere ciascuno "attaccato" con autonome e pertinenti argomentazioni specifiche, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., lett. c).

3.2 Il ricorso di K. è inammissibile.

Il motivo sul punto della responsabilità è del tutto generico, non confrontandosi con quanto in effetti argomentato dalla Corte bresciana, che ha spiegato l’irrilevanza dell’eventuale presenza della donna (p. 6 sent.).

Il motivo sul trattamento sanzionatorio è diverso da quelli consentiti, risolvendosi in generica censura di merito.

3.3 Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, a quello della somma, equa al caso, di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2013

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