Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-07-2012, n. 13120 Accertamento

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Svolgimento del processo
Con sentenza n. 27/29/08 depositata il 12.5.2008 la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva parzialmente (con riguardo alla rettifiche inerenti all’inventario) l’appello proposto dalla società X s.p.a. (già P s.p.a.) avverso la sentenza di primo grado che aveva già accolto parzialmente i ricorsi riuniti (con riferimento alla inerenza dei costi sostenuti in occasione di riunioni con i propri agenti e rappresentanti) avverso gli avvisi di accertamento iva + Irpeg + Irap emessi nei confronti della società per gli anni 1999 e 2000.
Rilevava la Commissione Tributaria Regionale, con riferimento alle rettifiche inventariali che, considerata la natura di articoli di cosmesi, soggetti a scadenza di utilizzo, deterioramento, campioni omaggio, dispersioni dovute alle materie prime utilizzate nel processo produttivo, di piccolo volume, soggetti ad errori di contabilità del magazzino, la differenza riscontrata poteva ritenersi giustificata, stante l’elevata quantità dei prodotti movimentati. Respingeva tutti gli altri motivi del ricorso principale e incidentale. Proponeva ricorso per Cassazione X s.p.a.
deducendo i seguenti motivi:
a) violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per falsa applicazione della L. 11 marzo 1998, n. 67, art. 8, comma 35, ritenendo erronea la qualificazione di distacco di personale da parte della CTR, dovendo essere riconducibile all’omonimo regime civilistico, non applicabile alla fattispecie;
b) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) avendo omesso di pronunciarsi la CTR sulle circostanze indicate dalla ricorrente sulle caratteristiche del rapporto , affermando che "il personale della Kelemata soggetto al controllo gerarchico della stessa, ha dedicato ore di lavoro utilizzando attrezzature e materiali di questa società" omettendo di pronunciarsi sulle ragioni per le quali il contratto avesse, ciò nonostante, natura di prestito di personale;
c) violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per falsa applicazione della L. 11 marzo 1998, n. 67, art. 8, comma 35, rilevando come il rapporto avente ad oggetto le prestazioni del personale debba avere natura di "prestito" o "distacco", secondo l’accezione giuridica di tale figura;
d) violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 2, lett c) rilevando come la fattura deve solo contenere l’indicazione del corrispettivo ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, essendo, quindi, irrilevante che dalla stessa non emerga la distinzione tra costo del personale forfetizzato e maggiorazione a titolo di profitto;
e) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per non avere valutato le prove e le allegazioni dedotte al fine di ritenere sussistente nella fattispecie il prestito di personale.
La Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso formulando anche ricorso incidentale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, del D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1, 2 e 4 per avere la CTR, con riferimento alla questione delle rettifiche inventariali, in forza delle allegazioni documentali della ricorrente, ritenuto superata la presunzione di cessione o di acquisto dei cosmetici;
b) violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109 per non avere confermato la ripresa a tassazione delle spese relative al vitto, alloggio e trasporto emesse dai prestatori dei relativi servizi non nei confronti degli effettivi fruitori del servizio (gli agenti di commercio) ma della società ricorrente, dovendo essere considerate relative al reddito di impresa degli agenti e non della società;
c) Omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 con riferimento alla omessa motivazione in ordine alla dedotta mancanza di prova da parte della ricorrente sulla tipologia di costi portati in deduzione e dei rapporti contrattuali intercorrenti tra società e agenti in ordine alla distribuzione di detti costi;
d) Vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine alla riconducibilità dei costi agli incontri di lavoro organizzati dalla società.
La ricorrente depositava controricorso al ricorso incidentale.
L’Agenzia delle entrate presentava memoria.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20.6.2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso principale è infondato.
I motivi di tale ricorso, stante la loro connessione logica, vanno trattati unitariamente.
1. la L. 11 marzo 1998, n. 67, art. 8, comma 35, prevede che "non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo".
Trattasi di norma speciale che esonera dall’imposta in base all’ammontare della somma dovuta dal distaccatario, che ove perfettamente uguale al costo del personale, avrebbe comportato l’ininfluenza dell’operazione agli effetti dell’IVA. Tale rimborso deve essere, però, esattamente uguale alle retribuzioni ed agli altri oneri perchè ciò che occorre ai fini della irrilevanza dovendosi trattare di una operazione sostanzialmente neutra, ovverosia di una vicenda che non comporti un guadagno per il distaccante, ma nemmeno un risparmio per il distaccatario, visto che, in caso contrario, non vi sarebbe ragione di riservarle un trattamento diverso dal normale.
Le Sezioni Unite hanno affermato che In tema di IVA, ai sensi della L. 11 marzo 1998, n. 67, art. 8, comma 35, il rimborso del costo del personale dipendente di una società, distaccato presso altra, è esente da IVA soltanto se la controprestazione del distaccatario consista nel rimborso di una somma pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante (Sez. U, Sentenza n. 23021 del 07/11/2011).
Pertanto come risulta dalla normativa comunitaria e nazionale (art. 9 della Direttiva 17/5/1977, n. 77/388 CEE, art. 56 della Direttiva 28/11/2006, n. 2006/112/CE ed D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 7 septies, comma 1, in cui è stato trasferito, per effetto del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, il riferimento prima contenuto nell’art. 7, comma 4, lett. d), il distacco (o messa a disposizione o prestito) di personale costituisce una prestazione di servizi astrattamente destinata, come tale, ad essere assoggettata all’IVA, ma tale regola generale non può potuto trovare applicazione nel caso in cui il distaccatario si sia, come nel caso di specie, limitato a rimborsare al distaccante il solo costo dei dipendenti, in quanto le prestazioni di servizio assumevano rilevanza, ai fini del pagamento dell’Iva soltanto se ne deriva un vantaggio economico per l’utilizzatore.
Per restare fuori dal campo di applicazione dell’IVA occorre la duplice condizione che a) si tratti di un accordo in forza del quale un soggetto, al fine di soddisfare un proprio specifico interesse, metteva a disposizione di un altro delle persone a lui legate da un rapporto di lavoro subordinato, b) il distaccatario riversi al distaccante una somma esattamente pari al costo retributivo e previdenziale dei dipendenti utilizzati, dato che il riconoscimento di un corrispettivo maggiore o minore comporta l’inapplicabilità dell’agevolazione, con conseguentemente sottoposizione ad IVA dell’intero importo pattuito.
Va sottolineata la diversità concettuale tra il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 30 (c.d Legge Biagi) che si è limitato a definire e disciplinare gli aspetti civilistici del distacco di personale, senza occuparsi di quelli tributari che, pertanto, continuano ad essere regolati dalla L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35.
Pertanto il distacco di personale che integra in astratto una prestazione di servizi soggetta all’IVA non può, in concreto, più essere considerato tale nel caso in cui il beneficiario rimborsi al concedente il solo costo del personale utilizzato.
Irrilevanti appaiono, dunque, le circostanze, di natura civilistica, relative alla distinzione dell’istituto del "distacco di personale" dal "prestito di personale" su cui si sofferma la sentenza impugnata e la ricorrente, con riferimento alle circostanze che escluderebbero il primo istituto desunte del mancato distacco fisico dei dipendenti della soc. Kelemata presso la ricorrente, il mantenimento del potere direttivo e gerarchico della prima nei confronti dei propri dipendenti e la responsabilità della nei confronti della ricorrente dell’operato del proprio personale dipendente nonchè la temporaneità delle prestazioni.
Nella fattispecie la CTR ha rilevato che la responsabile dell’Ufficio amministrativo della Kelemata ha dichiarato ai verificatori … che per ogni singolo dipendente veniva addebitato lo stipendio lordo, la quota TFR, i contributi a carico dell’azienda e eventuali spese di viaggio e trasferte previste dal contratto di lavoro", indipendentemente da quanto emerge dalle fatture, da cui si evince ulteriormente, ma non in via esclusiva che la Kelemata riversa sulla ricorrente, utilizzatrice del servizio, il costo relativo al personale.
La ricorrente censura, sotto il vizio di omessa motivazione, l’omessa pronuncia in ordine al dedotto margine di utile conseguito dalla ricorrente nella prestazione del servizio, omettendo di allegare o riprodurre il prospetto riepilogativo degli addebiti nonchè le dichiarazioni dei responsabili amministrativi a supporto della doglianza, documenti non esaminabile da questa Corte.
2. E’ fondato il primo motivo del ricorso incidentale dell’Agenzia con riferimento alle rettifiche inventariali.
In base al D.P.R. n. 441 del 1997, art. 4, comma 2, le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 14, comma 1, lett. d) o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo.
La CTR ha ritenuto superata la presunzione in base alla natura di articoli di cosmesi, soggetti a scadenza di utilizzo, deterioramento, campioni omaggio, dispersioni dovute alle materie prime utilizzate nel processo produttivo, di piccolo volume, soggetti ad errori di contabilità del magazzino, rilevando come la differenza riscontrata poteva ritenersi giustificata, stante l’elevata quantità dei prodotti movimentati.
Trattasi, nella fattispecie, di presunzione relativa superabile, tuttavia, non con qualunque mezzo di prova, ma solamente con le prove tassativamente indicate dal D.P.R. n. 441 del 1997, artt. 1 e 2.
Deve considerarsi erronea, sul punto, la sentenza impugnata che ha annullato, al riguardo, l’avviso di accertamento relativo a cessioni non fatturate in base alla presunzione di cui al D.P.R. n. 441 del 1997, art. 4, comma 2, a seguito del raffronto tra le scritture contabili e la consistenza delle rimanenze registrate, da cui emerga la circostanza di rettifiche inventariali da parte della società al fine di colmare tali divergenze, qualora la predetta società non abbia allegato le circostanze tassativamente previste DAL D.P.R. 41 del 1997, artt. 1 e 2 nè prodotto gli elementi di prova tassativamente indicati da tali norme.
Nella fattispecie la motivazione della CTR si fonda unicamente sulla rilevante quantità di merce e sulla sua tipologia e natura, nonchè sulla giustificazione di errori materiali in ordine alla riscontrate divergenze tra scritture contabili e consistenza di magazzino, elementi insufficienti a fornire la prova contraria espressamente prevista, quanto alle sue modalità, dal D.P.R. 441 del 1997, artt. 1 e 2.
3. Con riguardo agli altri motivi del ricorso incidentale, esaminati congiuntamente in quanto logicamente connessi, va osservato che le spese di vitto, alloggio e trasporto sopportate dalla società in occasione di riunioni periodiche dei rappresentanti e agenti della società per la quale essi operano sono finalizzate principalmente allo sviluppo dell’attività commerciale o industriale dell’impresa e sono connesse all’incremento del reddito, sussistendo l’inerenza tra tali spese e l’attività di impresa e sono, quindi, deducibili dall’impresa, purchè , ovviamente, come pacifico nella fattispecie, non vengano detratte dagli agenti.
Non è ravvisarle, al riguardo, l’eccepito difetto di motivazione in ordine alla causale di tale incontri e alla riconducibilità di detti costi a incontri di lavoro, desunta dai giudici di merito dalla documentazione prodotta e essendo irrilevante l’eventuale obbligatorietà degli incontri in base a accordi contrattuali.
Va, quindi, rigettato il ricorso principale, accolto il primo motivo del ricorso incidentale, rigettati gli altri e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendo nel merito, ex art. 384 c.p.c., dichiara legittime le rettifiche inventariali di cui all’avviso di accertamento, confermando, nel resto, impugnata sentenza. Stante la reciproca, anche se parziale, soccombenza, sussistono giusti motivi per compensare le spese di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Respinge il ricorso principale, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, rigettati gli altri e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, decidendo nel merito, ex art. 384 c.p.c., dichiara legittima le rettifiche inventariali di cui all’avviso di accertamento, confermando, nel resto, impugnata sentenza. Dichiara compensate le spese di tutti i grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2012

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