Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-07-2012, n. 13118 Accertamento Base imponibile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
Con sentenza n. 80/39/06, depositata il 10.10.2006, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva, invece, annullato gli avvisi di rettifica Iva emessi nei confronti della società Xs.p.a. (già X s.p.a.) con cui veniva recuperata, per gli anni 1997 e 1998, l’iva indebitamente detratta.
Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale che, con riferimento al rapporto con la società Kelemata, le prestazioni di consulenza e assistenza non erano qualificabili quali "prestito di personale", ma "distacco di personale", come tale non assoggettabile ad iva.
Proponeva ricorso per Cassazione Xs.p.a. deducendo i seguenti motivi:
a) violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per falsa applicazione della L. 11 marzo 1998, n. 67, art. 8, comma 35, ritenendo erronea la qualificazione di distacco di personale da parte della CTR, riconducibile all’omonimo regime civilistico, non applicabile alla fattispecie;
b) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) avendo omesso di pronunciarsi la CTR sulle circostanze indicate dalla ricorrente sulle caratteristiche del rapporto, affermando, contraddittoriamente, che "il dipendente viene pagato dalla società beneficiaria" per poi riconoscere che la società beneficiaria provvede al rimborso;
c) vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) per non avere valutato le prove e le allegazioni dedotte al fine di ritenere sussistente nella fattispecie il prestito di personale.
La Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente nel giudizio di legittimità, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso, stante la loro connessione logica, vanno trattati unitariamente.
Il ricorso è infondato anche occorre correggere la motivazione, ex art. 384 c.p.c., u.c..
La L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35, prevede che "non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo".
Trattasi di norma speciale che esonera dall’imposta in base all’ammontare della somma dovuta dal distaccatario, che ove perfettamente uguale al costo del personale, avrebbe comportato l’ininfluenza dell’operazione agli effetti dell’IVA. Tale rimborso deve essere, però, esattamente uguale alle retribuzioni ed agli altri oneri perchè ciò che occorre ai fini della irrilevanza è che si tratti di una operazione sostanzialmente neutra, ovverosia di una vicenda che non comporti un guadagno per il distaccante, ma nemmeno un risparmio per il distaccatario, visto che, in caso contrario, non vi sarebbe ragione di riservarle un trattamento diverso dal normale.
Le Sezioni Unite hanno affermato che In tema di IVA, ai sensi della L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 35, il rimborso del costo del personale dipendente di una società, distaccato presso altra, è esente da IVA soltanto se la controprestazione del distaccatario consista nel rimborso di una somma pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti su distaccante (Sez. U, Sentenza n. 23021 del 07/11/2011).
Pertanto come risulta dalla normativa comunitaria e nazionale (art. 9 della Direttiva 17/5/1977, n. 77/388 CEE, art. 56 della Direttiva 28/11/2006, n. 2006/112/CE ed D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 7 septies, comma 1, in cui è stato trasferito, per effetto del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18, il riferimento prima contenuto nell’art. 7, comma 4, lett. d), il distacco (o messa a disposizione o prestito) di personale costituisce una prestazione di servizi astrattamente destinata, come tale, ad essere assoggettata all’IVA, ma tale regola generale non può potuto trovare applicazione nel caso in cui il distaccatario si sia limitato a rimborsare al distaccante il solo costo dei dipendenti, in quanto le prestazioni di servizio assumono rilevanza, ai fini del pagamento dell’Iva soltanto se ne deriva un vantaggio economico per l’utilizzatore.
Per restare fuori dal campo di applicazione dell’IVA occorre la duplice condizione che a) si tratti di un accordo in forza del quale un soggetto, al fine di soddisfare un proprio specifico interesse, metta a disposizione di un altro delle persone a lui legate da un rapporto di lavoro subordinato; b) il distaccatario riversi al distaccante una somma esattamente pari al costo retributivo e previdenziale dei dipendenti utilizzati, dato che il riconoscimento di un corrispettivo maggiore o minore comporta l’inapplicabilità dell’agevolazione, con conseguentemente sottoposizione ad IVA dell’intero importo pattuito.
Va sottolineata la diversità concettuale con il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 30 (ed Legge Biagi) che si è limitato a definire e disciplinare gli aspetti civilistici del distacco di personale, senza occuparsi di quelli tributari che, pertanto, continuano ad essere regolati dalla L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 35.
Pertanto il distacco di personale che integra in astratto una prestazione di servizi soggetta all’IVA non può, in concreto, più essere considerato tale nel caso in cui il beneficiario rimborsi al concedente il solo costo del personale utilizzato.
Irrilevanti appaiono, dunque, le circostanze, di natura civilistica, relative alla distinzione dell’istituto del "distacco di personale" dal "prestito di personale" su cui si sofferma la sentenza impugnata e la ricorrente, con riferimento alle circostanze che escluderebbero il primo istituto desunte del mancato distacco fisico dei dipendenti della soc. Kelemata presso la ricorrente, il mantenimento del potere direttivo e gerarchico della prima nei confronti dei propri dipendenti e la responsabilità nei confronti della ricorrente dell’operato del proprio personale dipendente nonchè la temporaneità delle prestazioni.
Nella fattispecie la CTR ha rilevato, al riguardo che il pagamento "…indipendentemente dal conteggio percentuale operato dalle due aziende per la quantificazione dell’effettivo importo da corrispondere, si concretizza in pratica in un determinato e integrale rimborso delle somme dovute esclusivamente a titolo di prestazioni di lavoro, non una lira in meno o più", escludendo trattarsi di prestazioni di servizio soggette ad iva, ma di prestito di personale non assoggettabile ad iva.
Tale conclusione è documentata, in base alle risultanze emerse nei giudizi di merito, nelle fatture che prevedono quale causale "prestito di personale" e nel fatto che la Kelemata riversa sulla ricorrente, utilizzatrice del servizio, il costo relativo al salario lordo, ai permessi non retribuiti, alla quota TFR e ai contributi a carico dell’azienda.
La ricorrente censura anche, quale vizio di motivazione, l’omessa pronuncia in ordine al dedotto margine di utile conseguito dalla ricorrente nella prestazione del servizio,omettendo di allegare o riprodurre il prospetto riepilogativo degli addebiti, documento non esaminabile da questa Corte, da cui sarebbe desumibile il vizio lamentato.
Va, quindi, respinto il ricorso.
Essendosi consolidata la giurisprudenza in epoca successiva alla proposizione del ricorso sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Dichiara compensate le spese del grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2012

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