Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-01-2013) 06-05-2013, n. 19346

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Nell’ambito di una più ampia attività di indagine, riguardante l’operato dell’associazione mafiosa denominata "ndrangheta" e, in particolare, della cosca facente capo a C.S., si è inserito il procedimento volto ad accertare le responsabilità penali connesse al fallimento della società Planet Food s.r.l., della quale B.F.L. era amministratrice di diritto, mentre a A.S.A., M.A. e S. D. è stata attribuita la qualità di amministratori di fatto.

1.1. L’attività investigativa, sviluppatasi in gran parte attraverso l’analisi della relazione del curatore e di molteplici conversazioni intercettate, ha condotto alla formulazione di un’imputazione provvisoria a carico degli amministratori, di diritto e di fatto, per il delitto di bancarotta distrattiva, documentale e preferenziale, nonchè a carico di C.S., P.C., P. D. e Cr.Mi. per la sola bancarotta preferenziale, quali destinatari dei pagamenti eseguiti in violazione della par condicio creditorum. A tutti sono contestate le aggravanti di cui alla L. Fall., art. 219 e al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7 convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 1991, n. 203.

1.2. L’ipotesi di bancarotta preferenziale, che sola interessa in questa sede, si riferisce alla scelta degli amministratori di riservare un trattamento privilegiato a taluni fornitori, in considerazione della loro organicità alla cosca De Stefano – Tegano, provvedendo al pagamento di quanto ad essi dovuto a discapito delle ragioni dei restanti creditori. Il materiale indiziario valorizzato in tale direzione è consistito nelle conversazioni intercettate e nella prova logica tratta dalla mancata insinuazione al passivo dei creditori così favoriti. L’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 è stata ravvisata sotto il profilo dell’agevolazione dell’attività criminale della "ndrangheta", infiltratasi nel settore della grande distribuzione ad opera delle cosche Crucitti e Tegano, che si erano ingerite nella gestione finanziaria della società poi fallita.

1.3. La gravità del compendio indiziario e la valutazione delle esigenze cautelari, rapportate al pericolo di reiterazione dei reati (presunto e ritenuto in concreto), hanno indotto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ad emettere ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dei soggetti coinvolti ed in particolare, per quanto qui d’interesse, nei confronti di P.D.. Il provvedimento è stato confermato dal Tribunale in sede di riesame con ordinanza in data 5 gennaio 2011.

2. Il P.D. ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

2.1. Col primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza del principio giuridico in base al quale il creditore beneficiato dal pagamento preferenziale non risponde a titolo di concorso nel reato di bancarotta, se non quando emerga un suo contributo determinante nel consentire la violazione della par condicio creditorum, non bastando a tal fine la mera consapevolezza della condotta altrui.

Contesta che la mancata insinuazione al passivo fallimentare possa costituire prova dell’avvenuto soddisfacimento del credito. Nega la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice.

2.2. Col secondo motivo il P.D. contrasta l’applicabilità dell’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7 non emergendo dall’ordinanza impugnata l’indicazione di dati fattuali donde possa evincersi che lo scopo della condotta contestata fosse quello di agevolare l’associazione mafiosa.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso muove da premesse condivisibili, là dove rileva che, perchè possa configurarsi il concorso del creditore soddisfatto nel reato di bancarotta preferenziale, occorre non soltanto che esista agli atti la prova dell’avvenuto pagamento, ma altresì che la condotta del creditore non sia consistita nella passiva accettazione di quanto versatogli, ma abbia recato un fattivo contributo alla consumazione del reato, determinando – o rafforzando – nel debitore il proposito di favorirlo a discapito degli altri creditori, in violazione del principio della par condicio; occorre, altresì, che vi sia la consapevolezza dello stato di dissesto in cui versa il debitore.

1.1. Tali principi, peraltro, risultano essere stati applicati dal giudice di merito, per cui non sussiste la violazione di legge denunciata dal ricorrente. Ed invero: i crediti vantati dal P. D., così come da altre persone gravitanti nell’orbita della cosca mafiosa Tegano – De Stefano, in base agli esiti delle intercettazioni sono risultati avere avuto le loro causali non soltanto nelle forniture commerciali soggette a fatturazione, ma altresì in finanziamenti operati nell’ambito del progetto di inserimento nel settore imprenditoriale della distribuzione commerciale; sicchè, anche dando per ammesso – benchè documentato con strumenti probatori atipici ritenuti non conducenti dal Tribunale, quali la produzione di un estratto di registro contabile e una dichiarazione in forma scritta – il mancato pagamento di un credito derivante da rapporto commerciale, resterebbe inspiegabile, se non con l’avvenuto soddisfacimento del creditore, la mancata insinuazione del P.D. nel fallimento della Planet Food per il recupero dei molteplici investimenti, da lui – come da altri – effettuati in ogni occasione in cui le pressioni degli istituti di credito spingevano S.D. e A.S.A. a invocare un intervento esterno che dotasse la società della necessaria liquidità; anche di ciò il giudice del riesame ha tratto convincimento dal tenore delle conversazioni telefoniche, di cui l’ordinanza impugnata da compiutamente conto riproducendo le relative trascrizioni.

Ancora in base agli elementi desunti dalle stesse fonti indiziarie il Tribunale ha ritenuto che vi fosse stata, da parte degli amministratori di fatto della Planet Food, la pianificazione di un personale piano di rientro dei debiti soltanto in favore di determinati soggetti, al cui novero apparteneva l’odierno ricorrente:

la cui posizione essi dimostravano di voler tenere ben distinta da quella degli altri creditori, proprio a motivo della loro appartenenza alla "ndrangheta".

E circa l’atteggiamento, in particolare, del P.D. l’ordinanza impugnata si sofferma sugli elementi – anch’essi tratti dalle conversazioni captate – dimostrativi della sicurezza da lui dimostrata circa il fatto che, in un modo o nell’altro, i gestori della società debitrice avrebbero ripianato il debito nei suoi confronti; nonchè delle pressioni esercitate da lui, ma anche – nell’interesse di entrambi – dal fratello P.C., allo scopo di ottenere i pagamenti, con la particolare efficacia derivante dalla sua appartenenza alla consorteria mafiosa: pressioni accettate con rassegnazione dal S., pur nella consapevolezza – resa evidente dal tenore delle conversazioni captate – dello stato di insolvenza ormai irreversibile in cui si trovava a quel punto la società.

1.2. Alla stregua di quanto fin qui annotato, devesi riconoscere che il Tribunale ha compiutamente motivato circa la sussistenza di un corposo compendio indiziario dimostrativo della sussistenza di tutti gli elementi propri della bancarotta preferenziale, nonchè del consapevole concorso esterno dell’odierno ricorrente.

2. Anche in ordine all’applicabilità dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 la motivazione dell’ordinanza impugnata soddisfa i requisiti di consequenzialità logico-giuridica, ai quali soltanto deve essere parametrato il controllo di legittimità.

2.1. Si legge, invero, nel provvedimento essersi appurata, in virtù delle emergenze investigative, la sussistenza di un evidente interesse delle consorterie ndranghetiste, presenti sul territorio reggino, a conseguire il controllo, diretto o indiretto, del settore della grande distribuzione alimentare; e ciò lungo due direttici: la prima consistita nel l’accaparrarsi il monopolio di fatto delle forniture commerciali alle ditte operanti in quel settore e infiltrarsi, per tale via, nel controllo delle relative scelte gestionali; la seconda consistita nello sfruttamento della propria straordinaria liquidità per fornire agli imprenditori in difficoltà un pronto finanziamento, così da porsi nella condizione propria del creditore. Con specifico riferimento al caso concreto, il Tribunale ha ravvisato nel continuo finanziamento delle attività della Planet Food da parte del P.D., e nel suo diretto interessamento per il pagamento di alcuni fornitori, i segni eloquenti di un fortissimo legame di cointeressenze economico- finanziarie intessuto, per il suo tramite, dalla cosca di cui egli era espressione.

2.2. Da tutto ciò quel collegio ha tratto la configurabilità dell’aggravante contestata sotto il profilo della finalità di avvantaggiare la cosca di appartenenza.

3. Conclusivamente il provvedimento impugnato, la cui motivazione si fonda su continui e insistiti richiami al materiale indiziario raccolto, con argomentare immune da vizi logici e giuridici, resiste al controllo di legittimità.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

4.1. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013


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