Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-07-2012, n. 13087

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

01. La Corte di giustizia, con sentenza del 25 settembre 2003 C- 437/01, ha stabilito che, per i prodotti obbligatoriamente esenti da accisa armonizzata, gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà, prevista dall’art. 3, n. 2 della direttiva 92/12/Cee, di mantenere o di istituire imposte nazionali che perseguono fini specifici e che, conseguentemente, lo Stato italiano, tenendo in vigore, con il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, comma 1, un’imposta sul consumo degli oli lubrificanti, ha violato gli obblighi ad esso imposti.

02. Sorto contenzioso tra la Compagnia Generale Trattori e l’Agenzia delle dogane sul rimborso delle somme versate dal 1999 al 2003 a titolo di accisa sugli oli lubrificanti, la CTR – Piemonte, con sentenza del 3 marzo 2008, notificata il 18 aprile 2008, ha accolto l’appello della contribuente e ha accolto le domande amministrative di rimborso avanzate da essa il 22 gennaio e l’8 aprile 2004.

03. Ha motivato la decisione ritenendo che: a) l’omessa comunicazione delle domande di rimborso anche all’Agenzia delle entrate non comportava l’inammissibilità delle istanze stesse, atteso che la L. n. 428 del 1990, art. 28, comma 4, era stato abrogato dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14 e, in ogni caso, contrastava con i principi comunitari di equivalenza dei rimedi e di effettività della tutela;

b) il termine decadenziale biennale, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, decorreva solo dalla precitata sentenza comunitaria del 25 settembre 2003 e, dunque, non era spirato.

04. Il 17 giugno 2008 propone ricorso per cassazione, affidato a tre mezzi, l’Agenzia delle dogane; la Compagnia Generale Trattori resiste con controricorso, eccependo preliminarmente la tardività dell’avverso ricorso. L’Avvocatura dello Stato replica con memoria, allega certificato postale di notifica della sentenza d’appello e deposita, inoltre, rituale istanza di trattazione, ai sensi della L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 26 mod. dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 212, art. 14, comma 1.

Motivi della decisione

05. In rito, il ricorso è ammissibile: erra la difesa della controricorrente nell’eccepirne la tardività. Esso, infatti, è stato consegnato dall’avvocatura erariale all’ufficiale giudiziario per l’inoltro alla contribuente il 17 giugno 2008 (v. relata), nel pieno rispetto del termine breve per ricorrere contro la sentenza d’appello, che risulta essere notificata dalla parte privata e pervenuta al fisco il 18 aprile 2008 (v. certificato).

06. Nel merito, con il primo motivo (corredato da idoneo quesito), la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 4 (legge comunitaria 1990) e dell’art. 14 TUA, con riferimento anche all’art. 6 St. Contr. e all’art. 12 preleggi. Sostiene che l’art. 29, comma 4 cit., è ancora vigente, atteso che nessuna disposizione l’ha espressamente abrogato (es. art. 68 TUA) e che esso integra, senza alcuna incompatibilità logica e giuridica, l’art. 14 TUA sopravvenuto nel 1995, tanto che l’art. 29 è stato addirittura modificato, pur sotto altri profili, dalla legge comunitaria 2006 (L. n. 13 del 2007, art. 21). Rileva, inoltre, che l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle entrate dell’istanza di rimborso avanzata all’Agenzia delle dogane, previsto dall’art. 29, comma 4 cit., si applica sia ai rimborsi di derivazione comunitaria sia rimborsi di natura nazionale, così come è evidente nel richiamo testuale al comma 2 e al comma 3 dello stesso art. 29; sicchè il ridetto obbligo di comunicazione non contrasta con i principi comunitari di equivalenza dei rimedi e di effettività della tutela.

07. Pertanto, con idoneo quesito, chiede a questa Corte di stabilire se l’istanza di rimborso dei tributi riconosciuti incompatibili con norme comunitarie deve essere comunicata, a pena di inammissibilità, quando la relativa spesa abbia concorso a formare il reddito d’impresa, anche all’ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi nell’esercizio di competenza, ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 4, da ritenersi ancora in vigore anche dopo il TUA, e se l’omessa comunicazione possa essere sanata da un inoltro tardivo fatto il 7 febbraio 2005 unitamente ad una istanza di autotutela avanzata dopo la reiezione delle domande di rimborso da parte dell’ufficio doganale competente.

08. Con il secondo motivo (corredato da idoneo quesito), la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 2 TUA e del D.M. n. 689 del 1996, art. 1, comma 2, lett. h). Sostiene che il biennio decadenziale, contrariamente all’assunto dei giudici d’appello e in coerenza con il dato normativo e la giurisprudenza comunitaria, decorre dalla data dei pagamenti, sicchè la contribuente è decaduta dal richiedere rimborsi per quanto pagato prima dei due anni antecedenti all’istanza del 22 gennaio 2004 e, in particolare, per tutte le somme versate negli anni 1999, 2000, 2001.

09. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di "contraddittoria e insufficiente motivazione circa un punto controverso decisivo della controversia", assumendo che, nella sentenza d’appello, non vi sarebbe "nessuna risposta alle tesi esposte dall’Agenzia nei suoi atti defensionali, ai motivi di diritto che sono stati posti a base delle difese di merito".

10. Procedendo logicamente in ordine inverso, il terzo mezzo è inammissibile. La censura trascura infatti che il vizio motivazionale di cui all’art. 360, n. 5, deve riguardare l’accertamento di un fatto e più precisamente la motivazione circa le ragioni per cui un fatto può o non può considerarsi provato. Nulla di tutto ciò è leggibile nel mezzo in esame, riferito "ai motivi di diritto che sono stati posti a base delle difese di merito".

11. Il secondo mezzo è, invece, fondato. L’art. 14, comma 2 TUA, prevede che "l’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata", stabilisce che "il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento". Dunque, la contribuente è decaduta dal richiedere rimborsi per quanto pagato prima dei due anni antecedenti all’istanza del 22 gennaio 2004 e, in particolare, per tutte le somme versate negli anni 1999, 2000, 2001.

12. La Corte di giustizia nella sentenza del 10 settembre 2002 C- 216/99 e C-222/99, ha chiarito che il diritto comunitario non vieta a uno Stato membro di opporre alle azioni di ripetizione di tributi riscossi in violazione del diritto comunitario un termine nazionale di decadenza che deroghi al regime ordinario dell’azione di ripetizione dell’indebito tra privati, assoggettata a un termine più favorevole, purchè detto termine di decadenza si applichi allo stesso modo alle azioni di ripetizione di tali tributi basate sul diritto comunitario e a quelle basate sul diritto nazionale e, inoltre, non renda in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (cfr. "ex multis" Cass. 5480 e 18276/2004, per l’imposta su operazioni di raccolta di capitali; S.U. 3458/1996, Cass. 7178/2004 e 10665/2003, per la tassa societaria d’iscrizione nel r.d.i.).

13. Nella specie l’art. 14, ottemperando alla delega prevista dalla L. n. 427 del 1993, art. 1, comma 4, espressamente disciplina la semplificazione, lo snellimento e l’omogeneizzazione delle procedure in materia di recuperi e di rimborsi delle accise, uniformando le precedenti disomogenee disposizioni, nell’ottica di una sollecita e razionale azione amministrativa, anche in vista degli incombenti obblighi comunitari (Cass. 16469 /2004). Inoltre, disciplinando in via generale i rimborsi delle accise, non contempla alcun trattamento discriminatorio riguardo ai rimborsi di derivazione comunitaria.

14. Peraltro, il termine biennale di decadenza dal pagamento non è inconsueto nel sistema tributario italiano, trattandosi del medesimo termine previsto, ad esempio, dalla disposizione sussidiaria e residuale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, operante anche in tema di tributi armonizzati (cfr. Cass. 12045 e 23515/2008, 7181/2009, 12433/2011).

15. Infine, non va dimenticato che, colui il quale abbia effettuato il versamento relativo ad una imposta ritenuta contrastante con una direttiva comunitaria, ha la possibilità di formulare la domanda di rimborso anche prima che alla direttiva stessa venga data attuazione (Cass. 18276/2004).

16. Di recente, Cass. 22282/2011, in caso identico a quello odierno, ha fatto decorrere il termine di decadenza non dal pagamento, ma dalla sentenza della Corte di Giustizia del 25 settembre 2003 C- 437/01, in dichiarata applicazione dei principi recentemente affermatisi in materia di "overruling".

17. Tale decisione riporta quanto affermato dalle Sezioni Unite (15144/2011) e cioè che il mutamento della precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia, che porti a ritenere esistente, in danno di una parte del giudizio, una decadenza od una preclusione prima escluse, non opera nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una disciplina conforme alla legge del tempo.

18. Cass. 22282/2011 ne ha tratto la conseguenza che il contribuente non fosse incorso in alcuna decadenza nel richiedere il rimborso di quanto già versato a titolo d’imposta di consumo sugli oli lubrificanti e di contributo di riciclaggio e di risanamento ambientale, dichiarati non conformi al diritto comunitario dalla Corte di Giustizia CE con pronuncia in data 25 settembre 2003 C- 437/01, posto che il termine per esercitare il diritto decorreva dall’epoca della decisione della Corte di Giustizia CE e non dal pagamento del tributo.

19. A tale tesi, questo Collegio ritiene di non poter dare continuità. In primo luogo, non pare pertinente il richiamo alla giurisprudenza delle Sezioni Unite sul c.d. "overruling", che, corò è evidente, riguarda solo la materia processuale (cfr. anche S.U. 24413/2011). In tal senso, si sono espresse anche le sezioni semplici, da un lato non ravvisando l’esigenza di tutela dell’affidamento delle parti su questioni non aventi natura processuale (Cass. 22790/2011), dall’altro precisando in dettaglio i requisiti per la rilevanza dell’"overruling" (Cass. 28967/2011).

20. L’ultima decisione richiamata ha infatti chiarito: "Affinchè un orientamento del giudice della nomofilachia non sia retroattivo come, invece, dovrebbe essere in forza della natura formalmente dichiarativa degli enunciati giurisprudenziali, ovvero affinchè si possa parlare di prospective overruling, devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso;

che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte".

21. La prima e la terza di tali condizioni, entrambe basilari, non ricorrono nel caso in esame. Infatti, la Corte di Giustizia CE, con la pronuncia in data 25 settembre 2003 C-437/01, si è limitata a stabilire: a) che, per i prodotti obbligatoriamente esenti da accisa armonizzata, gli Stati membri non possono avvalersi della facoltà, prevista dall’art. 3, n. 2 della direttiva 92/12/CEE, di mantenere o di istituire imposte nazionali che perseguono fini specifici; b) che, conseguentemente, lo Stato italiano, tenendo in vigore, con il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, comma 1, un’imposta sul consumo degli oli lubrificanti, ha violato gli obblighi ad esso imposti.

22. Null’altro ha statuito il giudice comunitario, che giammai si è occupato delle modalità di rimborso delle imposte pagate e dei termini decadenziali previsti dal diritto interno. Dunque, non v’è alcuna regola "overruled" in punto di decadenza (anche a voler prescindere dalla natura sostanziale e non processuale della decadenza stabilita dalla legge fiscale in favore dell’amministrazione finanziaria e a carico del contribuente).

23. Il c.d. affidamento incolpevole sul diritto vigente, invocato con riferimento alle sentenze della Corte di Giustizia, non ha alcun rilievo: in realtà non si comprende su che cosa il contribuente abbia fatto affidamento nè che cosa abbia tradito l’affidamento stesso. Comunque il contribuente italiano che, in esecuzione di una norma interna (D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, comma 1), ha effettuato il versamento relativo ad una imposta ritenuta contrastante con una direttiva comunitaria, ha la possibilità di formulare la domanda di rimborso anche prima che alla direttiva stessa venga data attuazione nello Stato italiano, purchè essa direttiva sia incondizionata e precisa, e sia trascorso un tempo ragionevole dalla sua emanazione. In tale ipotesi, infatti, il giudice nazionale ha il potere-dovere di disapplicare la norma interna, e riconoscere la fondatezza della pretesa di rimborso, anche se il legislatore nazionale abbia emanato norme incompatibili con la direttiva (cfr. in generale C.G., sent. 22 giugno 1989, C-108/88, 30 e 31; v. nel settore tributario Cass. 18276/2004 e S.U. 3458/1996).

24. Nel caso in esame non v’è dubbio che l’art. 3, n. 2 della direttiva 92/12/CEE fosse disposizione "self executing" rispetto al difforme D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 62, comma 1, semmai essendo configurabile, in ipotesi, per complessità o difficoltà ricostruttiva o interpretativa della disciplina, un mero (e giuridicamente irrilevante) ostacolo di fatto all’esercizio del diritto (cfr. in tesi generale Cass. 22790/2011). E proprio per ovviare, in qualche modo a siffatti ostacoli di mero fatto, i ricorsi alla Corte di Giustizia sono resi pubblici sulla Gazzetta Uff. CE (nella specie 2/2/2002). Del resto, analoghi e incontestati principi operano anche riguardo al diritto interno, non potendo neppure la pronuncia d’incostituzionalità svolgere effetto nei confronti di rapporti già definiti per decadenza, giudicato, etc. (cfr. ex multis Cass. 5978/2006).

25. Infine, il primo mezzo pone fondatamente due questioni: la prima riguarda la vigenza dell’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate la domanda di rimborso delle accise avanzata all’Agenzia delle dogane. L’art. 29, comma 2 della "legge comunitaria" per il 1990 stabilisce: "I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti". Il comma 4 dello stesso articolo prevede: "La domanda di rimborso dei diritti e delle imposte di cui ai commi 2 e 3, quando la relativa spesa ha concorso a formare il reddito d’impresa, deve essere comunicata, a pena di inammissibilità, anche all’ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi dell’esercizio di competenza".

26. L’imposta sul consumo degli oli lubrificanti, censurata dalla Corte giustizia con la sentenza del 25 settembre 2003 C-437/01 per violazione delle direttive europee 92/81 e 92/12, rientra pacificamente nella disciplina dettata dai comma 2 e comma 4 dell’art. 29 della "legge comunitaria" per il 1990, articolo che, non solo non è stato testualmente abrogato dall’art. 68 TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995), ma è stato addirittura in parte modificato dalla "legge comunitaria" per il 2006 (L. n. 23 del 2007, art. 21).

27. Nè l’obbligo di comunicazione della domanda di rimborso, a pena d’inammissibilità, anche all’ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi dell’esercizio di competenza può dirsi implicitamente abrogato, per incompatibilità logica e giuridica, dal sopravvenuto art. 14 TUA atteso che il precetto secondo cui stabilisce "il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento" non contrasta con quello secondo cui "la domanda di rimborso … deve essere comunicata, a pena di inammissibilità, anche all’ufficio tributario che ha ricevuto la dichiarazione dei redditi". Si tratta, infatti, di mera integrazione dei due precetti per "le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie". La "ratio legis" complessiva è data dalla necessità che, avviata la procedura di rimborso delle imposte di consumo presso la competente Agenzia delle dogane, anche l’Agenzia delle entrate debba essere informata per i riflessi sui redditi dichiarati dell’esercizio di competenza.

28. Peraltro, il contestato adempimento ulteriore, imposto dal ridetto art. 29, comma 4, si applica allo stesso modo, sia alle azioni di ripetizione di tributi basate sul diritto comunitario di cui al comma 2, sia a quelle basate sul solo diritto nazionale di cui al comma 3 (riguardante "chi ha indebitamente corrisposto diritti doganali all’importazione, imposte di fabbricazione, imposte di consumo o diritti erariali" D.L. n. 688 del 1982, ex art. 19, "quando i tributi riscossi non rilevano per l’ordinamento comunitario").

Risultano, quindi, osservati principi comunitari di equivalenza dei medi e di effettività della tutela.

29. Nè rileva lo Statuto del contribuente, nella parte in cui (art. 6, comma 2) afferma: "L’amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito …

richiedendogli di integrare … gli atti prodotti che impediscono il riconoscimento, seppure parziale, di un credito". Va, infatti, data continuità al principio secondo cui, non esistendo un principio generale di contraddittorio in materia fiscale, l’avviso bonario con cui, ai sensi dell’art. 6, s’invita il contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti mancanti, deve essere inviato dall’amministrazione finanziaria nei soli casi in cui sussistono rilevanti incertezze (Cass. 795/2011 e 26316/2010, sull’avviso bonario di cui al comma 5).

30. Una volta affermata la necessità della comunicazione all’Agenzia delle entrate della domanda rimborso dell’accisa sugli oli lubrificanti, resta da risolvere la seconda questione sollevata nel primo mezzo, e cioè se sia efficace la comunicazione effettuata dalla contribuente all’Agenzia delle entrate solo dopo il provvedimento di diniego dell’Agenzia delle dogane, ma contestualmente all’istanza di annullamento in autotutela del 7 febbraio 2005.

31. Il collegamento delle citate disposizioni, in materia di rimborsi, non lascia dubbi sul fatto che, per poter concretamente operare il coordinamento tra i due diversi Uffici coinvolti e dare un senso alla sanzione legale dell’inammissibilità dell’istanza fatta all’Agenzia delle dogane, l’obbligatoria comunicazione di essa all’Agenzia delle entrate debba essere fatta dalla parte contribuente contestualmente, o al più tardi prima del provvedimento di diniego e, se non ancora intervenuto, non oltre il biennio decadenziale.

32. Nè potrebbe rilevare l’allegazione di una comunicazione postuma a una istanza avanzata dalla parte contribuente per conseguire dal Fisco un provvedimento in via di autotutela, attesa la discrezionalità da cui l’attività di autotutela è connotata in tesi generale (S.U. 3698/2009) e la mancanza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto stesso (Cass. 11457/2010).

33. Il ricorso va, quindi, accolto limitatamente al primo e al secondo mezzo e la sentenza d’appello va cassata senza rinvio, con il rigetto del ricorso introduttivo, non essendovi ulteriori accertamenti in fatto da compiere. Nell’evoluzione della vicenda processuale si ravvisano giusti motivi per compensare le spese delle fasi di merito, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primi due mezzi, dichiara inammissibile il terzo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; condanna la parte contribuente alle spese del giudizio di legittimità liquidate, a favore dell’Agenzia delle entrate, in Euro 12.000 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito; compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2012


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