Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-01-2013) 06-05-2013, n. 19345

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 13 febbraio 2012 il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Napoli ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di S.V., A.A. e T.F. in ordine ai reati di abuso d’ufficio e violazione di domicilio commessa dal pubblico ufficiale, dei quali erano imputati in concorso fra loro.

1.1. Secondo l’ipotesi accusatoria lo S., nella sua veste di ufficiale giudiziario, unitamente all’esecutante A. e al di lui difensore T., abusando della sua qualità di pubblico ufficiale aveva eseguito un accesso nell’abitazione di G. V. per eseguire lo sfratto in mancanza di un titolo idoneo, in quanto la sentenza di rilascio era priva della formula esecutiva;

così operando aveva consentito all’ A. di trarre vantaggio, in danno del G., dall’acquisizione di informazioni sulla consistenza dell’appartamento, per la cui proprietà era in corso una controversia civile.

1.2. Ha ritenuto il g.u.p. che non fosse configurabile la violazione di domicilio, in quanto l’accesso degli imputati era avvenuto col consenso dell’avente diritto; che nessun ingiusto vantaggio fosse derivato all’ A., in quanto l’esecuzione da lui promossa dipendeva da una sentenza legittimamente emessa; che neppure vi fosse stata un’anticipazione dell’esecuzione rispetto al tempo previsto, in quanto il precetto era prossimo a scadere; che l’acquisizione di informazioni sull’appartamento non avesse alcun riflesso patrimoniale; che lo S., nella sua qualità di ufficiale giudiziario, fosse legittimato a svolgere il proprio compito nell’intero mandamento dell’isola di Ischia.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il G., nella sua qualità di parte civile, deducendo censure riconducibili a un solo motivo. Con esso lamenta che il g.u.p. si sia sostituito al giudice del dibattimento, emettendo una decisione sulla fondatezza delle imputazioni, invece di limitarsi a formulare una valutazione circa la sostenibilità dell’accusa in giudizio. Contrasta, altresì, le considerazioni svolte nella sentenza impugnata in ordine alla legittimità dell’operato dell’ufficiale giudiziario.

3. Si è gravato anche il pubblico ministero, denunciando carenza di motivazione in ordine alla ritenuta esclusione dell’ingiustizia del danno alla persona offesa e del vantaggio patrimoniale derivante agli interessati dalla liberazione dell’immobile, nonchè in ordine alla sussistenza di un titolo idoneo al rilascio.

4. Vi è agli atti una memoria difensiva nell’interesse dell’imputato S., con la quale ci si oppone all’accoglimento dei ricorsi, formulando altresì eccezione di inammissibilità di quello del pubblico ministero, in quanto proposto fuori termine, e di quello della parte civile, stante la ritenuta appellabilità della sentenza ex art. 428 c.p.p..

4.1. A sua volta la parte civile ha depositato memoria, ulteriormente illustrativa dei motivi di ricorso.

Motivi della decisione

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso del pubblico ministero, per tardività della presentazione, è fondata e merita accoglimento.

1.1. Secondo un principio ormai saldamente affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte Suprema (v. per tutte Sez. U, n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249670), il termine di impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, pronunciata all’esito dell’udienza preliminare, è quello di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e lo stesso decorre, per le parti presenti, dalla lettura in udienza della sentenza contestualmente motivata ovvero dalla scadenza del termine legale di trenta giorni, in caso di motivazione differita e depositata entro tale termine.

Resta fermo, altresì, l’ulteriore principio in base al quale il deposito della sentenza effettuato dopo la data come sopra stabilita non influisce sulla durata del termine per impugnare, ma soltanto sulla sua decorrenza, che coincide con la notifica dell’avviso ex art. 548 c.p.p., comma 2, in base al disposto dell’art. 585, comma 2, lett. c) dello stesso codice.

1.2. Nel caso di cui ci si occupa la sentenza di non luogo a procedere, deliberata il 13 febbraio 2012, è stata depositata il successivo 20 marzo, perciò fuori termine; l’avviso di cui all’art. 548 c.p.p., comma 2, è stato notificato al pubblico ministero il 23 marzo 2012, per cui il termine per impugnare, di quindici giorni da quest’ultima data, è venuto a scadenza il 7 aprile 2012: ne deriva la tardività del ricorso, formato il 17 aprile 2012 e successivamente depositato.

2. Non ha fondamento, di contro, l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile. Indiscussa la tempestività della sua proposizione, secondo la difesa dell’imputato S. il vizio consisterebbe nell’aver esperito il ricorso per cassazione avverso una sentenza appellabile ai sensi dell’art. 423 c.p.p.. Ma l’assunto – che fra l’altro trascura di prendere in considerazione il disposto dell’art. 568 c.p.p., comma 5, – non tiene conto della modifica all’assetto normativo introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 4 che ha soppresso la facoltà di appello avverso la sentenza di non luogo a procedere, rendendo esperibile il solo ricorso per cassazione.

3. Ammissibile per quanto suesposto, il ricorso della parte civile è tuttavia da rigettare in quanto infondato.

3.1. Giuridicamente corretto, e sorretto da logica motivazione, è il giudizio formulato dal g.u.p. nell’escludere risvolti di illiceità penale nell’operato dell’ufficiale giudiziario S.V.:

sia perchè il provvedimento di rilascio – ordinanza o sentenza che fosse – cui egli si apprestava a dare esecuzione era effettivamente esecutivo, essendo soltanto viziata da irritualità formale la copia in suo possesso (sicuramente esistente, perchè visionata – e contestata – dai presenti, come riferito nella querela); sia perchè, dopo avere raccolto a verbale le osservazioni inerenti alla eccepita irritualità per mancata apposizione della formula esecutiva, lo S. ottemperò all’invito ad uscire dall’abitazione del G., nella quale era entrato senza opposizione degli occupanti; sia, infine, perchè l’ipotesi di una sua incompetenza territoriale a dar corso agli atti esecutivi è risultata insussistente alla stregua della nota di servizio datata 12 giugno 2009, prodotta dalla difesa.

3.2. La sentenza qui impugnata si sofferma anche sulla posizione processuale dell’esecutante A.A. e del suo difensore T.V., per rimarcare l’insussistenza di un vantaggio patrimoniale a loro favore; ma sarebbe bastato osservare che le imputazioni a loro carico, basandosi sul concorso nei reati propri ascritti allo S., restavano travolte dalla ritenuta liceità dell’operato di costui.

3.3. Priva di fondamento è, altresì, la censura con la quale il ricorrente rimprovera al g.u.p. di essersi sostituito al giudice del dibattimento, anticipando il giudizio di innocenza degli imputati anzichè interrogarsi sulla sostenibilità dell’accusa in giudizio.

In realtà la sentenza da atto di una valutazione di segno negativo espressamente formulata in tale prospettiva, con l’osservare che, alla stregua di quanto considerato nella motivazione (come sopra riepilogato), "in ragione della deficienza degli elementi essenziali del delitto il richiesto dibattimento non potrebbe essere suscettibile di sviluppi positivi per l’accusa". In aggiunta a ciò va altresì ricordato che, per disposto dell’art. 425 c.p.p., comma 1, il giudice dell’udienza preliminare è incondizionatamente tenuto ad emettere sentenza di non luogo a procedere quando rilevi – in alternativa ad altre ipotesi – l’insussistenza del fatto oggetto d’imputazione. Proprio a quest’ultima conclusione è pervenuto nel caso di specie il g.u.p. di Napoli, in esito a motivata valutazione del materiale probatorio.

4. Al rigetto del ricorso della parte civile consegue la sua condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero e rigetta quello della parte civile, che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 11 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013
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