Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-01-2013) 06-05-2013, n. 19316

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 8 luglio 2011 il Tribunale di Torino, confermando la decisione assunta dal locale giudice di pace, ha riconosciuto N.L. responsabile del delitto di lesione volontaria lievissima in danno di O.V.; ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge e al risarcimento dei danni in favore della parte civile.

1.1. Ha ritenuto il giudicante che il certificato medico acquisito, in una con l’ammissione stessa dell’imputato di aver avuto un litigio con O.G. e O.V., desse conforto alle dichiarazioni di questi ultimi, secondo cui il N. aveva colpito la persona offesa con un bastone, cagionandole contusioni multiple.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso inosservanza dei criteri di valutazione della prova e carenza di motivazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto basato su motivi non consentiti. Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di violazione di legge e vizi della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

1.1. Il Tribunale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad accreditare l’ipotesi accusatoria. A tal fine ha valorizzato le dichiarazioni rese dalla persona offesa, rese attendibili anche dai riscontri apportati dal certificato medico prodotto e dalla stessa ammissione dell’imputato, di aver avuto un litigio con O.G. e O.V..

1.2. Della linea argomentativa così sviluppata il ricorrente denuncia genericamente la difformità dai criteri di valutazione della prova, senza tuttavia specificare sotto quale aspetto sarebbero stati violati i precetti di cui all’art. 192 cod. proc. pen.; onde il suo tentativo di accreditare una diversa ricostruzione del fatto (neppure precisata nella concreta dinamica), assertivamente confortata da una deposizione testimoniale, si risolve nella prospettazione di una rilettura del materiale probatorio, che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione. Al riguardo non sarà inutile ricordare che, per consolidata giurisprudenza, pur dopo la modifica legislativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di controllo sulla motivazione – la rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti; e il riferimento ivi contenuto anche agli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" non vale a mutare la natura del giudizio di legittimità come dianzi delimitato, rimanendovi comunque estraneo il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (così Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, Cugliari, Rv.

233780; v. anche le più recenti Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile, Rv. 245103; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv, 253099).

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2013


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