Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 26-07-2012, n. 13340

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

rilevato che, con ricorso alla Corte d’appello di Venezia, S.H., quale erede di C.L., proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio in materia pensionistica instaurato dal suo dante causa dinanzi alla Corte dei Conti;

che con il decreto indicato in epigrafe la Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole di tre anni, e considerato che il giudizio presupposto era stato instaurato unitamente a numerose altre persone con presumibile notevole affievolimento della partecipazione emotiva del C. considerando anche la posta in gioco, ha liquidato il danno non patrimoniale per la residua durata irragionevole di circa tre anni e sei mesi in Euro 1.800,00 (pari a Euro 500,00 circa per anno), e quindi condannato il resistente al pagamento della somma di Euro 600,00 – pari alla quota ereditaria di un terzo spettante alla ricorrente – oltre interessi legali, compensando le spese in considerazione del limitatissimo accoglimento della domanda;

che avverso tale decreto la S. ricorre per cassazione formulando due motivi;

che il Ministero dell’Economia e Finanze non ha depositato difese;

considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

rilevato che la ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6, par. 1 C.E.D.U.) nonchè il vizio di motivazione, per essersi la Corte di merito, nel liquidare l’indennizzo, discostata irragionevolmente dai parametri applicati comunemente dalla Corte Europea e da questa Corte;

con il secondo motivo censura, sotto il profilo della violazione dell’art. 92 c.p.c., la statuizione sulle spese;

ritenuto che il primo motivo di ricorso è fondato, atteso che la determinazione, operata dalla Corte di merito, di una somma pari a 500,00 Euro per ogni anno di ritardo, peraltro motivata dalla inapprezzabile presunzione di una sofferenza fortemente affievolita dalla partecipazione al giudizio insieme con un gran numero di altri ricorrenti o dalla imprecisata posta in gioco, non rispetta l’obiettivo di assicurare un serio ristoro, al quale la Corte Europea ha fatto costante riferimento;

che il collegio considera che uno scostamento rispetto al parametro base europeo di mille/00 Euro per anno di non ragionevole durata del processo, ma non al di sotto della soglia di settecentocinquanta/00 Euro per anno, sia giustificato, anche alla stregua dei più recenti orientamenti della Corte europea (cfr. Volta et autres e. Italia, 16 marzo 2010; Falco et autres e. Italia, 6 aprile 2010), quando ricorrano circostanze quali quelle qui evidenziate ed una durata del processo che non abbia superato di oltre tre anni quella ordinaria, mentre per il periodo ulteriore uno scostamento da quel parametro di mille euro non si giustifichi (cfr. in tal senso, ex multis, Cass. n. 22869/2009; n. 1893/2010; 19054/2010);

che pertanto si impone la cassazione del decreto impugnato, restando assorbito in tale pronuncia il secondo motivo di ricorso; che, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito alla stregua dei criteri indicati: considerato che il giudizio si è protratto per ulteriori tre anni e sei mesi circa oltre quello di ragionevole durata, deve liquidarsi in favore della ricorrente un’equa riparazione pari (alla quota di un terzo di Euro 2.750,00 e quindi) a Euro 920,00 alla quale devono aggiungersi gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda di indennizzo;

che, quanto alle spese del giudizio di merito, la compensazione in misura pari alla metà – quota che si liquida come in dispositivo – si giustifica tenendo presente il sensibile ridimensionamento della pretesa;

le spese di questo giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e Finanze al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 920,00 oltre interessi legali su detta somma dalla domanda; condanna inoltre il Ministero al rimborso in favore della ricorrente della metà delle spese del giudizio di merito, compensata tra le parti la residua quota, spese liquidate per l’intero in complessivi Euro 775,00 – di cui Euro 445,00 per onorari e Euro 280,00 per diritti, e delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 525,00 – di cui Euro 100,00 per spese, oltre – per entrambi i gradi – spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Anna Rita Moscioni che se ne è dichiarata antistataria.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012


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