Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 28-01-2013) 05-04-2013, n. 15861

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 4 maggio 2012 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, confermando il provvedimento assunto dal locale giudice per le indagini preliminari, ha disposto che S.M. G. rimanesse sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari, quale indagata – in concorso con F.D., Fo.De. e D.M.C. – per il delitto di cui al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 quinquies, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356; con l’aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 1991, n. 203.

1.1. Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta sorretta da grave compendio indiziario, la S. aveva fittiziamente assunto la formale contitolarità delle quote della società "Medma Trans s.a.s.

di Fortugno Demetrio & C", di cui era invece, in realtà, unico titolare il di lei marito F.D.; e ciò al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, agevolando al contempo la cosca mafiosa di appartenenza dello stesso F.D. attraverso la protezione del suo patrimonio.

1.2. Le fonti indiziarie valorizzate nell’ordinanza sono consistite nelle conversazioni intercettate; negli accertati trasferimenti di denaro fra F.D. e il capo cosca P.F., classe (OMISSIS); nell’esito di una perquisizione presso la società Medma Trans; nelle risultanze delle dichiarazioni dei redditi presentate dai soggetti interessati; nelle propalazioni della collaboratrice di giustizia P.G..

2. Ha proposto personalmente ricorso per cassazione la S., affidandolo a due motivi.

2.1. Col primo motivo la ricorrente contesta la configurabilità del reato di trasferimento fraudolento di valori e dell’aggravante ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7; evidenzia che, al momento della costituzione della società, il proprio marito era a piede libero a seguito dell’annullamento dell’ordinanza cautelare che lo aveva ritenuto partecipe dell’associazione mafiosa, nell’ambito dell’indagine definita "All Inside"; sostiene essere del tutto carente la dimostrazione della propria consapevolezza circa l’illecita provenienza del bene, nonchè della volontà di ostacolare eventuali misure di prevenzione patrimoniali: misure che, infatti, erano mancate anche in seguito nei confronti di F.D..

Quanto alla contestata aggravante, la ricorrente rileva la mancanza, nell’ordinanza impugnata, della spiegazione delle ragioni per cui essa avrebbe inteso agevolare la cosca Pesce piuttosto che il proprio marito.

2.2. Il secondo motivo ribadisce la denuncia di violazione di legge con riferimento alla citata L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, supportandone l’illustrazione con richiami giurisprudenziali.

3. Con nota qui pervenuta il 24 gennaio 2013 il difensore della ricorrente segnala che questa Corte, con sentenza del 21 gennaio 2013, ha accolto il separato ricorso proposto da F.D. contro l’ordinanza emessa nei di lui confronti sui medesimi presupposti.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

1.1. L’accusa sulla quale si fonda l’emissione del provvedimento restrittivo nei confronti della S. delinea la responsabilità di costei a titolo di concorso, ex art. 110 c.p., nel delitto di trasferimento fraudolento di valori contestato a F.D..

Presupposto di tale responsabilità è non soltanto la disponibilità del beneficiario del trasferimento a rendersi titolare fittizio del bene in accordo col cedente, ma altresì la partecipazione alla finalità illegittima di "eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648 bis e 648 ter c.p.", secondo il lessico del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 quinquies, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 giugno 1992, n. 356.

1.2. Nella proiezione accusatoria riguardante la fattispecie in esame, il fine perseguito sarebbe consistito nel sottrarre le quote della società "Medma Trans s.a.s. di Fortugno Demetrio & C." al vincolo patrimoniale che sarebbe potuto derivare dall’adozione di una misura di prevenzione nei confronti del marito della ricorrente:

misura non emessa fino al momento dell’atto di disposizione in favore della S., ma di prevedibile emissione a motivo della pericolosità sociale del F. in dipendenza della sua condizione di indagato, raggiunto da gravi indizi di appartenenza alla consorteria mafiosa denominata cosca Pesce.

1.3. E’ di tutta evidenza, alla stregua di quanto fin qui annotato, che l’emissione del provvedimento coercitivo a carico della S. richiedeva un’esplicita motivazione non soltanto in ordine alla fittizietà dell’intestazione delle quote sociali a suo nome, ma altresì in ordine alla condivisione, da parte di costei, delle finalità elusive che – secondo lo schema logico testè individuato – avevano il loro presupposto nella prevista imminenza di una misura di prevenzione patrimoniale.

1.4. Orbene, su quest’ultimo aspetto la motivazione del provvedimento qui impugnato è vistosamente carente, in quanto dedita in misura preponderante – e quasi esclusiva – a descrivere la posizione di F.D. nella duplice veste di affiliato all’aggregato mafioso e di titolare di fatto della Medma Trans s.r.l., addentrandosi poi nella disamina dell’atteggiamento psicologico della S. soltanto per osservare che costei, "in qualità di coniuge del F., era certamente al corrente delle vicende processuali del proprio marito, non escludendosi che, proprio per il rapporto di coniugio, la stessa abbia accettato l’intestazione fittizia della società in questione": con ciò esprimendo una valutazione meramente congetturale e priva di specifici riferimenti alle ragioni che potessero consentire alla S. – ma anche allo stesso F. – di presumere il prossimo inizio di una procedura di prevenzione, così da configurare il dolo specifico proprio del reato ipotizzato.

2. Il rilevato deficit motivazionale impone l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio allo stesso Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2013.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2013


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