Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 26-07-2012, n. 13326

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Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 5 gennaio 2009 presso la Corte d’appello di Perugia, D.L.A. e C.V. proponevano nei confronti del Ministero della giustizia domanda di equa riparazione, assumendo di avere subito un danno non patrimoniale per la irragionevole durata di un giudizio civile per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa, iniziato nel gennaio 1997 e conclusosi, dopo la proposizione del ricorso per cassazione e a seguito di transazione, il 20 maggio 2008, termine entro il quale il ricorso avrebbe dovuto essere iscritto a ruolo.

L’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda inammissibile perchè proposta dopo il decorso del termine di decadenza di sei mesi stabilito dalla L. n. 89 del 2001, art. 4; termine che, non essendo il ricorso per cassazione mai stato iscritto a ruolo, neanche ai fini di una decisione di improcedibilità dello stesso, doveva essere identificato con riferimento alla sentenza della Corte d’appello, che, essendo stata depositata il 12 marzo 2007, doveva ritenersi passata in giudicato il 26 aprile 2008, tenuto conto del periodo di sospensione feriale dei termini processuali.

Per la cassazione di questo decreto D.L.A. e C. V. hanno proposto ricorso sulla base di due motivi; l’intimata Amministrazione ha depositato memoria ai fini della partecipazione alla discussione in pubblica udienza.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con il primo motivo del ricorso i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 327 e 369 cod. proc. civ. e della L. n. 89 del 2001, art. 4.

La Corte d’appello, sostengono i ricorrenti, avrebbe errato nel ritenere che il termine di decadenza potesse decorrere dalla data del passaggio in giudicato della sentenza di appello, senza tenere conto della intervenuta rituale e tempestiva notificazione del ricorso per cassazione, indebitamente omologando in tal modo situazioni tra loro non omogenee quali quella della mancata proposizione della impugnazione e quella in cui la impugnazione è invece stata tempestivamente notificata.

In particolare, rilevano i ricorrenti, con la notifica del ricorso inizia a decorrere il termine per il deposito, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., sicchè rispetto alla scadenza di detto termine avrebbe potuto iniziare a decorre il termine di decadenza di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 divenendo la sentenza impugnata definitiva solo nel caso in cui il ricorso non fosse stato depositato tempestivamente. Nella specie, essendo stato notificato il ricorso il 30 aprile 2008, il termine di venti giorni iniziava a decorrere da tale data, con la conseguenza che solo alla data del 20 maggio 2008, per effetto del mancato deposito del ricorso e della mancata iscrizione a ruolo, la decisione di appello avrebbe potuto essere considerata definitiva.

Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano vizio di motivazione censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la sentenza della Corte d’appello fosse passata in giudicato il 26 aprile 2008 nonostante la notifica del ricorso per cassazione e ha ritenuto necessario il deposito del ricorso anche al limitato fine di una dichiarazione di improcedibilità.

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, è infondato e va rigettato.

La proposizione del ricorso per cassazione si articola in due fasi:

la prima, finalizzata alla notificazione del ricorso alla controparte entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata ovvero entro il termine di sei mesi (un anno, secondo la disciplina ratione temporis applicabile) dalla pubblicazione della sentenza impugnata; una seconda fase, finalizzata al deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte di cassazione, da effettuare entro il termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.

Riguardato da punto di vista del giudice di legittimità e ai fini dell’insorgere dell’obbligo di pervenire alla decisione sul ricorso in un termine ragionevole, il procedimento impugna torio può ritenersi compiuto solo con il deposito del ricorso, nel senso che solo con tale adempimento sorge per il giudice di legittimità l’obbligo di provvedere. Ove il deposito del ricorso con l’iscrizione a ruolo dello stesso non avvenga non può dunque ritenersi che un giudizio di impugnazione sia pendente e che quindi di detto giudizio, o del termine necessario per il deposito, possa tenersi conto ai fini della individuazione del termine di decadenza della domanda di equa riparazione che, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4, comma 1, può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva.

Correttamente, dunque, la Corte d’appello ha ritenuto che il termine di decadenza per la proposizione, nel caso di specie, della domanda dovesse essere individuato nel termine di sei mesi decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza di appello, non essendo stato iscritto a ruolo il ricorso per cassazione pure notificato alla controparte, e che conseguentemente la domanda stessa fosse inammissibile perchè proposta oltre il termine di sei mesi di cui al citato art. 4.

Il ricorso va dunque rigettato.

Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, avendo la difesa erariale depositato memoria ai fini della partecipazione alla discussione in pubblica udienza, ma non avendo in concreto dato seguito al preannunciato proposito.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012


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