Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 26-07-2012, n. 13324

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Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 11 maggio 2009 presso la Corte d’appello di Perugia, C.L. ha chiesto il riconoscimento dell’equa riparazione per la irragionevole durata di un processo, introdotto dinnanzi alla Corte dei Conti con ricorso depositato nel 1972.

L’adita Corte d’appello ha dichiarato inammissibile la domanda per tardività.

La Corte territoriale ha infatti rilevato che nel caso di specie doveva ritenersi essere intervenuta una decisione definitiva, rappresentata dalla sentenza emessa, a seguito di rinvio dalla sezione giurisdizionale centrale d’appello, dalla sezione giurisdizionale dell’Umbria il 23 ottobre 2007. Rispetto a tale decisione il termine di decadenza di sei mesi previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 veniva a scadenza il 24 maggio 2008, sicchè il ricorso, depositato l’11 maggio 2009, era tardivo.

Per la cassazione di questo decreto C.L. ha proposto ricorso sua base di un motivo; l’intimata amministrazione non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4. Tale disposizione stabilisce che la domanda di riparazione può essere proposta o durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva. Il ricorrente rileva che per sentenza divenuta definitiva deve intendersi la sentenza passata in giudicato, e cioè non più soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione. Nel caso di specie la sentenza emessa dalla sezione giurisdizionale per la Regione Umbria era stata depositata il 23 ottobre 2007 sicchè poteva ritenersi divenuta definitiva solo il 7 dicembre 2008, tenuto conto che anche nei giudizi pensionistici dinanzi alla Corte dei conti si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.

Il ricorso, depositato l’11 maggio 2009, doveva quindi ritenersi tempestivo, giacchè il termine di sei mesi dalla data del 7 dicembre 2008 veniva a scadere il 7 giugno 2009.

Il ricorso è fondato.

La Corte d’appello di Perugia, nel ritenere che la sentenza della sezione giurisdizionale per la Regione Umbria depositata il 23 ottobre 2007 fosse definitiva e che da tale data ricorresse quindi il termine di sei mesi previsto a pena di decadenza per la proposizione della domanda di equa riparazione, ha violato il citato L. n. 89 del 2001, art. 4 atteso che una decisione può ritenersi divenuta definitiva solo nel caso in cui la stessa sia passata in giudicato e non sia quindi più suscettibile di impugnazione con i mezzi ordinari. Nel caso di specie si trattava di sentenza che, ancorchè emessa in sede di rinvio a seguito di annullamento da parte della sezione giurisdizionale centrale d’appello, era ancora suscettibile A di impugnazione. La sua definitività, e cioè il passaggio in giudicato rilevante ai fini della proposizione della domanda di equa riparazione, andava dunque collocata al momento della scadenza del termine previsto per proporre l’impugnazione ordinaria, con una maggiorazione derivante dall’applicazione anche ai giudizi pensionistici di competenza della Corte dei conti della sospensione feriale dei termini processuali.

Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. In particolare, premesso che la domanda di equa riparazione è proponibile solo a far data dall’accettazione della clausola opzionale recante il riconoscimento da parte degli Stati contraenti della competenza della Commissione (oggi, della Corte europea dei diritti dell’uomo), avvenuta per l’Italia il 1 agosto 1973 (Cass. n. 16284 del 2009), deve rilevarsi che il processo presupposto è stato introdotto il 23 maggio 1972 ed è stato definito con sentenza del 23 ottobre 2007; esso ha quindi avuto una durata utile ai fini del riconoscimento dell’equa riparazione che si è protratta per trentaquattro anni e tre mesi.

Relativamente alla misura dell’equa riparazione per il danno non patrimoniale, va osservato che, in applicazione dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo relativamente a giudizi amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, questa Corte, per un giudizio amministrativo presupposto durato oltre dieci anni, è solita riconoscere un indennizzo di Euro 6.250,00 e, per un giudizio protrattosi per circa 34 anni, è solita riconoscere, a titolo di equa riparazione, un danno non patrimoniale di Euro 17.000,00.

Nel caso di specie si deve, quindi, riconoscere al ricorrente un indennizzo di Euro 17.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. n. 16367 del 2011).

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 17.000,00, oltre agli interessi legali dalla domanda; condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 965,00, di cui Euro 865,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012


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