Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 26-07-2012, n. 13323

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Mu.An.Ma., M.C. e M.R., queste ultime due in proprio e quali eredi di M.B., con distinti ricorsi, poi riuniti, depositati il 18 febbraio 2009, hanno proposto nei confronti del Ministero della giustizia, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata di un giudizio civile (azione di risarcimento dei danni conseguenti all’illegittima detenzione di alcuni beni) instaurato dinanzi al Tribunale di Cassino, del quale erano stati inizialmente parti la Mu. e il Ma., e nel quale, a seguito del decesso di quest’ultimo, si erano costituite il 29 giugno 2006 le figlie C. e R..

La Corte d’appello di Perugia ha dichiarato i ricorsi inammissibili per tardività, rilevando che il giudizio presupposto era stato cancellato dal ruolo il 28 marzo 2008 e che, quindi, la domanda di equa riparazione avrebbe dovuto essere proposta entro il termine di sei mesi da detta data, eventualmente con la maggiorazione derivante dall’applicazione della sospensione dei termini durante il periodo feriale.

Per la cassazione di questo decreto Mu.An.Ma., M. C. e M.R. hanno proposto ricorso sulla base di un unico articolato motivo; l’amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso, le ricorrenti denunciano violazione e mancata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 degli art. 6, par. 1, art. 13 e art. 35, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonchè vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.

Le ricorrenti sostengono che la Corte d’appello avrebbe errato nel non considerare che il provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo non produce un effetto immediato di definizione della causa, che invece si verifica una volta che sia decorso il termine stabilito dall’art. 307 cod. proc. civ., entro il quale può essere effettuata la riassunzione della causa. Durante il decorso di tale termine il giudizio deve ritenersi pendente, sicchè la domanda di equa riparazione depositata il 18 febbraio 2009 doveva ritenersi tempestiva, atteso che il termine di riassunzione della causa cancellata dal ruolo il 28 marzo 2008 (termine che ratione temporis era di un anno), non era ancora scaduto e la causa doveva considerarsi ancora pendente.

Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di affermare che la domanda di equa riparazione può essere proposta durante la pendenza del giudizio presupposto, e che prima che sia decorso il termine stabilito dall’art. 307 c.p.c., comma 1, siccome può essere riassunto, il processo è da considerare in istato di pendenza (Cass. n. 6185 del 2010).

Ha dunque errato la Corte d’appello di Perugia nel ritenere che il termine di sei mesi per la proposizione della domanda di equa riparazione fosse decorso.

Il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del decreto impugnato.

Non essendo possibile decidere la causa nel merito, essendo necessari accertamenti di fatto in ordine allo svolgimento del giudizio presupposto, la cassazione deve essere disposta con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, alla quale è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012


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