Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-07-2012, n. 13293

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Svolgimento del processo
Con la sentenza qui impugnata la Corte d’appello di Palermo ha – per quanto ancora rileva – respinto il gravame della T.I. s.p.a. nella parte in cui era impugnata la statuizione della sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata accolta la domanda di revoca, ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2, (nel testo anteriore alla novella di cui al D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. in L. 14 maggio 2005, n. 80) del pagamento di L. 14.770.665 eseguito il 30 dicembre 1994 per canoni di locazione scaduti e IVA sui medesimi.
La Corte ha ritenuto non ostativa alla revoca la circostanza che i pagamenti afferissero a un rapporto di durata a prestazioni corrispettive ed ha escluso, altresì, che il pagamento dell’IVA sia sottratto alla revocatoria fallimentare.
La T.I. s.p.a. ha quindi proposto ricorso per cassazione con due motivi di censura. La curatela fallimentare si è difesa oralmente in udienza.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso si sostiene che i pagamenti dei canoni di locazione non erano soggetti a revocatoria fallimentare perchè la locazione era ancora in corso alla data dei medesimi.
1.1. – Il motivo è infondato. Di regola qualsiasi pagamento, ancorchè relativo a rapporti di durata a prestazioni corrispettive, è soggetto a revocatoria fallimentare. Ciò in considerazione della natura c.d. antindennitaria della revocatoria fallimentare, per la quale il pregiudizio che giustifica l’azione è in re ipsa e consiste nella lesione della par condicio creditorum (cfr., per tutte, Cass. Sez. Un. 7028/2006), onde è irrilevante che il pagamento oggetto di revoca sia il corrispettivo di una prestazione ricevuta dal solvens (cfr. Cass. 12358/1999, nonchè, in tema di pagamento di canoni di locazione finanziaria, Cass. 9908/1996). Nè rileva il fatto che il rapporto locativo sia ancora in corso alla data del pagamento;
rileverebbe, semmai, secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il rapporto sia proseguito anche dopo la dichiarazione di fallimento per subentro del curatore ai sensi della L. Fall., art. 80, (cfr.
Cass. 3983/2004, 6237/1991, nonchè la stessa Cass. 9908/1996, cit.), ma non è questo che viene dedotto dalla ricorrente.
2. – Con il secondo motivo si ripropone la questione della non revocabilità del pagamento per la parte relativa all’IVA sui canoni saldati.
2.1. – Il motivo è infondato, anche se va rettificata, sul punto, la motivazione in diritto della sentenza impugnata.
Invero la somma in questione corrisponde al credito di rivalsa spettante, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 18 al soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi imponibile: credito che è diverso e distinto da quello tributario dello Stato, esente da revocatoria ai sensi all’epoca dei fatti – dell’art. 51, comma 3 (ora art. 89, per effetto della modifica di cui al D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
3. – Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

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