Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 29-01-2013) 24-07-2013, n. 32396

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con atto d’impugnazione personale l’imputato M.M. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato la sentenza in data 21.4.2008 del Tribunale di Cassino, con cui è stato riconosciuto colpevole del reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza in favore dei due figli W. e A. affidati alla moglie separata e poi divorziata T.P.. Condotta per lift quale il M. è stato condannato, in concorso di attenuanti generiche, alla pena condizionalmente sospesa di tre mesi di reclusione ed Euro 300,00 di multa e al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore delle costituite parti civili (i due figli).

2. Con il ricorso l’imputato deduce un unico motivo di censura, lamentando violazione dell’art. 129 c.p.p. e art. 157 c.p., per omessa declaratoria della intervenuta prescrizione del reato ascrittogli, verificatasi in epoca precedente la pronuncia di secondo grado, atteso che l’imputazione indica come data del commesso reato quella del 25.1.2003, corrispondente alla data di presentazione della querela da parte della moglie separata avente diritto alla corresponsione della somma di Euro 400,00 mensili a titolo di partecipazione per il mantenimento dei due figli (come da provvedimento adottato dal giudice civile della separazione coniugale). Ad avviso del ricorrente, quindi, la permanenza del reato deve considerarsi cessata alla suddetta data con conseguente prescrizione del reato fin dal (OMISSIS).

Aggiunge il ricorrente, implicitamente adducendo violazione anche del disposto dell’art. 649 c.p.p., di essere stato condannato per la medesima condotta criminosa (art. 570 c.p., comma 2, n. 2) con sentenza del Tribunale di Cassino del 9.11.2009, divenuta irrevocabile, che ha preso in esame un periodo di consumazione del reato compreso tra il (OMISSIS).

3. L’impugnazione proposta da M.M. deve essere rigettata per infondatezza dei motivi di ricorso.

3.1. La data, riportata in imputazione, della proposizione della querela della T. (id est denuncia, il reato ascritto all’imputato essendo procedibile di ufficio in quanto commesso in pregiudizio dei figli minorenni) non individua la data di consumazione del reato e non esaurisce lo spettro temporale dell’accusa, come suppone il ricorrente, perchè il fatto reato attribuitogli risulta connotato da contestazione c.d. aperta.

Caratterizzata, cioè, dal protrarsi della consumazione del reato (avente natura permanente) fino al perdurare dell’omissione contributiva del M. ovvero fino alla cessazione – in tutto o in parte – dell’obbligo contributivo genitoriale su di lui gravante iussu iudicis.

Come si desume dalla sentenza di primo grado, l’omissione dell’imputato nel versare alla moglie separata la somma mensile stabilita dal giudice civile si è protratta (salvi sporadici e occasionali versamenti) fino a tutto il 2006 ed è cessata con riferimento al solo figlio più grande nel 2004, avendo questi cominciato a lavorare e ad assicurarsi una parziale autosufficienza economica, ed è proseguita negli anni successivi con riguardo all’altro figlio minore, divenuto maggiorenne nel 2006 e rimasto a vivere con la madre perchè privo di qualsiasi autonoma fonte di reddito. Ancor più puntualmente l’impugnata sentenza di appello ha precisato che la condotta di reato è "stata in atto fino alla deposizione della parte offesa", che ha puntualizzato in dibattimento il perdurante contegno omissivo dell’imputato. Vale a dire fino alla data del 26.11.2007. Dal che discende in tutta evidenza che il reato ascritto all’imputato non era prescritto alla data della sentenza di appello ed è tuttora ben lontano dall’ipotizzato effetto estintivo (destinato a maturare soltanto il 26.5.2015).

3.2. Quanto alla prospettata parziale violazione del principio del ne bis in idem ex art. 649 c.p.p., è agevole rilevare che l’ipotizzata violazione di legge, per altro non dedotta con i motivi di appello, in primo luogo non risulta sorretta da idonei elementi dimostrativi, il ricorrente non essendosi neppure curato di produrre copia della precedente sentenza di condanna. In secondo luogo, proprio tenendo conto dello stesso assunto del ricorrente, la precedente sentenza non copre se non in minima parte la ben maggiore estensione temporale della condotta criminosa oggetto dell’impugnata sentenza di appello emessa nell’odierno distinto procedimento penale.

Nulla impedisce, d’altra parte, al ricorrente di richiedere in sede esecutiva (art. 671 c.p.p.) l’applicazione della disciplina della continuazione tra i fatti reato, omologhi e/o in parte sovrapponili ratione temporis, giudicati con le due separate sentenze definitive (v.: Cass. Sez. 5^, 6.5.2011 n. 24954, Brunetto, rv. 250920; Cass. Sez. 5^, 11.12.2012 n. 5099/13, Bisconti, rv. 54654).

Al rigetto dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta la sentenza impugnata e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *