Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-07-2012, n. 13286

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bari, in accoglimento della domanda proposta da D. S.L. nei confronti dell’ANAS per ottenere la liquidazione dell’indennità di occupazione legittima ed il risarcimento dei danni subiti per la perdita di alcune porzioni di un terreno di sua proprietà, sito in (OMISSIS), occupato dall’ente in forza di decreto prefettizio del 24.2.89 e irreversibilmente trasformato in difetto di emissione del decreto di esproprio, condannò il convenuto al pagamento della somma complessiva di L. 338.699.809, comprensiva degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, determinata, sul presupposto della natura edificabile del terreno, ai sensi dell’allora vigente L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis.

L’appello proposto da ANAS s.p.a. contro la decisione fu parzialmente accolto dalla Corte d’Appello di Bari, che, tuttavia, tenuto conto della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità del citato art. 5 bis, condannò l’appellante al pagamento della somma di Euro 173.694,38.

La Corte territoriale – respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal D.S. sul rilievo che l’udienza di prima comparizione era stata indicata in una data (10.1.2002) anteriore alla notifica dell’atto, eseguita il 14.10.2002 – affermò che le porzioni occupate, che nell’originario piano di fabbricazione ricadevano in zona F, andavano valutate come edificabili, dovendosi tener conto sia della loro maggiore potenzialità edificatoria rispetto ai suoli agricoli circostanti, sia della perdita di chance subita dal D.S. per non averle potute commercializzare secondo la destinazione urbanistica loro impressa a seguito dell’approvazione del nuovo PRG. Rilevò, ancora, che la mancata proposizione da parte del D.S. di appello incidentale non consentiva di oltrepassare a somma determinata dal Tribunale ma che, tenuto conto che il danno andava liquidato in misura corrispondente al valore venale dei suoli, restava assorbito il motivo d’appello con il quale l’ANAS aveva lamentato la liquidazione del danno da perdita di valore del fondo residuo. Osservò, infine, che l’appellante non si era doluta della determinazione del periodo di occupazione legittima operata dal Tribunale, ma che l’indennnità andava rideterminata sulla base del minor valore indicato dal ctu e che sulla stessa non era dovuta la rivalutazione monetaria.

L’ANAS s.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sorretto da cinque motivi.

D.S.L. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale.

Motivi della decisione

1) L’eventuale nullità della notifica del ricorso risulta sanata, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., u.c., dalla tempestiva proposizione del controricorso.

2) In ordine logico, deve essere preliminarmente esaminato il ricorso incidentale, fondato su di un unico motivo, con il quale il D. S., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 164, 180 (ante riforma) c.p.c. e art. 70 bis disp. att. c.p.c., lamenta che la Corte territoriale, abbia respinto l’eccezione di inammissibilità del gravame e non gli abbia concesso neppure un rinvio, al fine di rimetterlo in termini per la proposizione dell’appello incidentale, nonostante l’atto di citazione in appello, notificatogli il 14.10.02, contenesse l’invito a comparire all’udienza del 10.1.2002.

Il motivo è infondato.

L’errata indicazione della data dell’udienza di comparizione, perchè anticipata rispetto a quella di notifica, non integra infatti un’ipotesi di nullità della citazione stessa qualora, come è avvenuto nel caso di specie e come è stato accertato dalla Corte territoriale, l’errore sia, per la sua intrinseca grossolanità, immediatamente riconoscibile, con l’uso dell’ordinaria diligenza, come errore meramente materiale, in relazione al quale il convenuto (o l’appellato) possa facilmente rendersi conto, tenendo presenti i termini a comparire, che l’anno indicato è quello immediatamente successivo alla notifica, ovvero possa, quando la causa sia stata iscritta a ruolo, facilmente attivarsi per conoscere la data esatta di comparizione, anzichè – sottraendosi, anche inconsapevolmente, al dovere di lealtà processuale di cui all’art. 88 c.p.c. – omettere tanto ogni accertamento, quanto la stessa costituzione in giudizio per poi inopinatamente eccepire la nullità della citazione sul presupposto della mancanza di certezza della data di comparizione, nonostante tale certezza potesse e dovesse essere facilmente acquisita, (cfr, in termini, Cass. 12456/2002, nonchè Cass. n. 13691/011).

Va aggiunto che, essendo stato il giudizio introdotto in data anteriore all’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, il D. S. aveva termine per proporre l’appello incidentale, ai sensi dell’art. 343 c.p.c. non ancora riformato, sino all’udienza di comparizione: a fronte della rituale notifica dell’atto di citazione in appello, il controricorrente avrebbe pertanto dovuto chiarire perchè l’errata indicazione della data della prima udienza – che non gli ha impedito di costituirsi tempestivamente nel procedimento di secondo grado – gli avrebbe precluso di impugnare la sentenza in via incidentale.

3) Con il primo motivo di ricorso ANAS lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto applicabile alla fattispecie in esame la L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90.

Il motivo va dichiarato inammissibile per difetto di interesse della ricorrente all’impugnazione sul punto: la Corte territoriale, pur avendo erroneamente richiamato le predette norme, effettivamente applicabili ai soli procedimenti in corso alla data della loro entrata in vigore, si è infatti, in realtà, limitata a prendere atto della sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis e del conseguente venir meno dei criteri riduttivi di liquidazione del danno adottati dal primo giudice.

4) Con il secondo motivo, ANAS, denunciando violazione dell’art. 5 bis citato, contesta la ritenuta natura edificabile dei terreni;

osserva che, alla data dell’occupazione, essi ricadevano in zona F, destinata a verde pubblico e ad attrezzature, e che la Corte di merito ha erroneamente tenuto conto della potenzialità edificatoria acquisita dai suoli a seguito dell’approvazione del nuovo PRG. Il motivo deve essere respinto, previa correzione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 3, della motivazione in base alfa quale il giudice d’appello ha ritenuto, conformemente a diritto, che i suoli avessero natura edificatoria.

E’ la stessa ricorrente a riconoscere che, nel corso del periodo di occupazione legittima, è stato approvato il nuovo PRG, che ha modificato la destinazione dei terreni per cui è causa, includendoli in zona edificabile.

La Corte di merito ha escluso che di tale mutamento potesse tenersi conto ai fini dell’accertamento della loro condizione urbanistica, ma ha rilevato che, già in base all’originario piano di fabbricazione, i suoli avevano una potenzialità edificatoria ben distinta da quella delle zone prettamente agricole, e che inoltre (versandosi in fattispecie risarcitoria) occorreva considerare anche il danno da perdita di chance subito dal D.S. per non averli potuti commercializzare secondo il maggiore indice di fabbricabilità loro impresso da nuovo PRG. In realtà, la Corte territoriale avrebbe potuto (e dovuto) limitarsi a prendere atto che i terreni andavano qualificati come edificatori, tale essendo la loro destinazione urbanistica alla data del verificarsi del fatto acquisitivo (coincidente con la data di scadenza del periodo di occupazione legittima).

Il Giudice delle leggi, con la sentenza n. 442/93, ha infatti evidenziato che una lettura costituzionalmente orientata della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3 impone di interpretarlo ne senso che l’indennità debba essere quantificata tenendo conto delle caratteristiche dell’area espropriata al momento in cui il proprietario ne è privato, e non al momento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.

E questa Corte, in coerenza con tale pronuncia, ha costantemente affermato che l’accertamento delle possibilità legali ed effettive di edificazione del suolo ablato prescinde dall’incidenza del vincolo preordinato all’esproprio, ma tiene conto del regime urbanistico dell’area alla data di adozione del decreto di espropriazione o di consumazione del fatto acquisitivo (Cass. S.U. n. 818/99, nonchè, fra molte, Cass. nn. 5909/05, 7755/04, 11729/03, 9808/03 e, in fattispecie di occupazione acquisitiva, Cass. n. 6635/02).

5) Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di omessa pronuncia della sentenza impugnata, che non avrebbe esaminato il motivo d’appello con il quale essa aveva lamentato l’errata determinazione, da parte del primo giudice, del periodo di durata dell’occupazione legittima.

La censura va dichiarata inammissibile, per difetto del requisito dell’autosufficienza.

Infatti, a fronte dell’affermazione, contenuta nella parte motiva della sentenza, secondo cui "nessuna delle parti si è doluta dell’individuazione del periodo di occupazione legittima fatta dal Tribunale", la ricorrente avrebbe dovuto riportare integralmente in ricorso il motivo d’appello con il quale aveva contestato l’accertamento compiuto dal primo giudice, onde consentire a questa Corte di valutare l’effettiva ricorrenza del vizio denunciato.

4) Con il quarto ed il quinto motivo, che sono fra loro connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, la ricorrente lamenta, infine, rispettivamente, violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito riconosciuto un danno da perdita di chance di cui il D.S. non aveva mai richiesto la liquidazione e la cui sussistenza non risultava in alcun modo provata.

I motivi, che trovano fondamento in un’errata interpretazione della sentenza impugnata, vanno dichiarati inammissibili.

Infatti, secondo quanto si è già rilevato in sede di esame del secondo mezzo di censura, la Corte territoriale non ha mai liquidato la predetta voce risarcitoria, ma vi ha semplicemente fatto cenno per giustificare, con un’ulteriore (ancorchè superflua) argomentazione, il riconoscimento del danno in misura corrispondente al valore di mercato dei terreni considerati come edificabili.

La reciproca soccombenza delle parti giustifica la declaratoria di integrale compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012
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