Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-07-2012, n. 13284

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Milano con decreto n. 1328 depositato il 14 maggio 2010 ha respinto il reclamo proposto dalla società X s.p.a. avverso precedente decreto del Tribunale di Milano n. 15628 del 15/10-30/12.2009 che aveva disposto il rigetto dell’omologa del concordato preventivo, da essa proposto, che prevedeva la cessione dei beni con suddivisione dei creditori in cinque classi, pronunciato in accoglimento dell’opposizione proposta dall’Agenzia delle Entrate e da Equitalia Esatri s.p.a., costituitesi nel giudizio di omologa per lamentare l’omessa collocazione dei rispettivi crediti in apposita classe, ed il mancato computo del voto contrario all’approvazione della proposta di concordato, trasmesso nel termine stabilito, ai fini del calcolo delle maggioranze. La società X s.p.a. impugna il decreto della Corte d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui hanno resistito l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Esatri con controricorso. Il curatore fallimentare non ha spiegato difese. La ricorrente ha depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.- Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione della L. Fall., artt. 160, 161, 177, 178, 180.
1.-1.- Contesta la legittimazione dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia ESATRI a spiegare intervento nel giudizio di omologazione, erroneamente ammesso dal Tribunale prima e quindi confermato dalla Corte d’appello, in quanto soggetti rientranti nella categoria residuale di ogni altro interessato. Avendo partecipato all’adunanza dei creditori svoltasi il 26 gennaio 2009, in cui non espressero voto contrario, le anzidette creditrici non potevano proporre opposizione all’omologazione. Con la successiva dichiarazione pervenuta in data 6 febbraio 2009 l’Agenzia delle Entrate espresse voto contrario alla transazione fiscale ma non al concordato, e se tale dichiarazione s’intende rivolta al concordato, deve essere dichiarata tardiva in quanto pervenuta dopo l’adunanza.
1.-2.- In quanto astenute, nei venti giorni successivi all’adunanza le stesse avrebbero potuto far pervenire solo le adesioni al concordato e non anche voto contrario.
1.3.- Avendo espresso dichiarazione di voto, seppur inammissibile, non avrebbero potuto annoverarsi nella categoria residuale di ogni altro interessato.
1.-4.- Comunque non avevano interesse ad opporsi all’omologa in considerazione del "congelamento" nella distribuzione dell’attivo che si verificherebbe in ogni caso sino al definitivo accertamento del crediti tributari.
2.- Col secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 160, 161, 76 e 180, e correlato vizio di motivazione. Censura l’affermazione della Corte del merito circa la irregolare formazione delle classi per non essere stata inserita nel piano concordatario una classe apposita per la parte degradata a chirografo dei crediti privilegiati del fisco e l’impossibilità dell’automatico inserimento in un’altra classe, nonchè per la mancata determinazione del credito erariale. Assume che al momento della formazione delle classi era in atto il contenzioso tributario e per l’effetto non sarebbe stato possibile inserire in una classe quei crediti, in quanto presunti.
3.- Col terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 160, 161, 76 e 180 e 183 ter, e correlato vizio di motivazione. La censura è indirizzata avverso l’asserita mancanza delle condizioni di fattibilità del piano, desunta dalla Corte del merito dalla mancata approvazione della transazione fiscale che ne rappresentava l’indefettibile presupposto.
La proposta di concordato non prevedeva che il piano fosse condizionato all’accettazione della transazione fiscale e l’avverbio "condizionatamente" compare nella sola relazione dell’esperto. Ad ogni buon conto, soggiunge la ricorrente, la circostanza non incide sulla fattibilità del piano in quanto i crediti oggetto della proposta di transazione non sono stati ancora accertati.
Difatti, nelle precedenti fasi del concordato, nessuno degli organi della procedura prospettò siffatto rapporto di subordinazione, ravvisato d’ufficio dal solo giudice dell’omologa.
4.- Col quarto motivo la ricorrente denuncia ancora violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 160, 161, 76 e 180, e correlato vizio di motivazione, e censura il rilievo del Tribunale, condiviso dalla Corte d’appello, circa l’irregolarità del procedimento conseguente alla modifica del piano determinatasi dopo l’approvazione per effetto della transazione intervenuta con la società Renco, il cui credito era inserito in apposita classe che ne prevedeva il pagamento nella misura del 65%. Il vantaggio scaturente dalla transazione per il ceto creditorio è evidente, e quindi devesi escludere che la cancellazione di quella classe abbia compromesso la regolarità del voto, non producendo appunto effetto peggiorativo.
I resistenti deducono l’inammissibilità del ricorso per genericità delle censure e mancanza di autosufficienza, e comunque l’infondatezza delle riferite censure.
Esclusa in linea preliminare l’inammissibilità del ricorso, atteso il sufficiente grado di specificità delle censure in cui si articola, il primo motivo pone questione di diritto che va risolta nei sensi che seguono.
La Corte territoriale ha affermato la legittimazione dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia ESATRI s.p.a. ad intervenire nel giudizio di omologazione, contestata dalla reclamante che ne aveva negato la qualifica di dissenzienti in quanto si erano astenute nell’adunanza del 26 gennaio 2006 cui entrambe avevano partecipato, e la successiva dichiarazione contraria alla transazione fiscale, depositata il successivo 6 febbraio dall’Agenzia delle Entrate, seppur fosse stata interpretata quale voto contrario alla proposta di concordato, era tardiva e perciò nulla, e la dichiarazione di voto contrario al concordato fatta pervenire da Equitalia il 16 febbraio era tardiva in quanto pervenuta oltre i 20 giorni successivi all’adunanza. Ha ritenuto i suddetti creditori portatori d’interesse qualificato all’opposizione, siccome rientranti nella categoria residuale di qualsiasi interessato prevista dalla L. Fall., art. 180, comma 2, locuzione non necessariamente riferibile a soggetti diversi dai creditori, non giustificandosi esegesi restrittiva con riferimento ai creditori non dissenzienti, e comunque ancora muniti di pieno potere d’accertamento.
L’assunto merita di ulteriore esplicitazione.
Premesso che le suddette dichiarazioni non precludono la collocazione delle menzionate creditrici nella categoria residuale di "qualsiasi interessato", che il disposto della L. Fall., art, 180, comma 2 legittima alla opposizione all’omologazione, dal momento che la locuzione è suscettibile di comprendere i creditori che non abbiano votato favorevolmente alla proposta, posto che la limitazione a partecipare in sede oppositiva al giudizio di omologazione è riferibile solo a coloro che l’hanno approvata, ne deriva che la partecipazione consentita, nell’area dei creditori, non è solo riconosciuta ai dissenzienti, che la norma considera a pieno titolo legittimati, ma anche a quelli che non avendo dissentito – per non aver preso parte all’adunanza fissata per il voto, o perchè non convocati, o ancora perchè non ammessi al voto, o infine perchè astenuti – intendano contrastare la omologazione, prospettando l’interesse diretto e attuale al giudizio, in riferimento al trattamento loro riservato dalla proposta.
In sostanza, a fronte della duplice categoria, dei creditori non legittimati all’opposizione e di quelli ammessi, si pone il "tertium genus" dei soggetti interessati, il quale è suscettibile di essere implementato anche dai creditori non votanti, non essendo la espressione "creditori dissenzienti" significativa della "mens legis" di circoscrivere ai "creditori solo in quanto dissenzienti" – cioè che hanno votato contro la proposta – la legittimazione all’opposizione, ma piuttosto della indicazione di una categoria specifica, che già risulta dal voto, di aventi titolo a contrastare la omologazione avendo contrastato la approvazione, al di là e in aggiunta a chiunque altro, a qualunque titolo, abbia interesse ad opporsi.
E a nulla rileva, con riguardo ai creditori astenuti in sede di voto, che abbiano successivamente all’adunanza, nei 20 giorni concessi per esprimere la adesione, manifestato il loro dissenso, giacchè se essa non vale, a causa della tardività, a farli annoverare nella categoria dei creditori dissenzienti considerata dall’art. 180, giova includerli in quella degli interessati, innegabilmente riconoscibile essendo l’interesse a partecipare al giudizio di omologazione di coloro che ritengano di trovare pregiudizio alle proprie ragioni nella omologazione del concordato e per i quali non sussiste l’ostacolo costituito dal voto favorevole in sede di adunanza.
La censura espressa nel motivo in esame è pertanto infondata.
In ordine agli ulteriori profili di critica esposti nel proseguo, il mezzo in esame risulta inammissibile. Introduce infatti questione circa lo scrutinio sulla convenienza della proposta che è rimasto del tutto estraneo alla verifica condotta in ben altra prospettiva dalla Corte del merito, nonchè infondato laddove circoscrive la nozione di regolarità al mero controllo circa il calcolo della maggioranza. La regolarità, sulla quale, giova ribadire, in ogni caso deve indagare il giudice dell’omologa, va riferita alla legittimità sia formale che sostanziale della procedura, ed impone pertanto il riscontro dell’assenza nella proposta che recepisce il piano concordatario di violazioni di legge che certamente la regola della maggioranza non potrebbe convalidare – Cass. n. 18987/2011, n. 18864/2011. L’esito di tale indagine è fatta segno di critica nei successivi due motivi del ricorso, che pongono questioni connesse e pertanto possono essere esaminati congiuntamente. Premesso in linea generale che la regolare costituzione delle classi è verificabile d’ufficio in sede d’omologa, l’esigenza della previsione di un’apposita classe riguardante i crediti dell’erario rappresentati nella proposta di transazione fiscale non approvata dai competenti organi, assume rilevo marginale alla luce dell’affermazione contenuta nel decreto impugnato che la debitrice "non avrebbe potuto esimersi dal fornire indicazioni in termini d’incidenza percentuale sul totale del debito tributario, della somma di Euro 2.500.000,00 formante oggetto della transazione fiscale; ciò al fine di consentire la verifica del rispetto delle condizioni cui il novellato L. Fall., art. 160 subordina la possibilità di soddisfare in modo non integrale i crediti privilegiati, nella misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato della liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni e ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. — e la non alterazione dell’ordine dei privilegi". In relazione a tale passaggio, nucleo fondante il rigetto dell’omologa da parte del giudice del reclamo, le contestazioni mosse dalla ricorrente nei motivi in esame non spiegano incidenza alcuna. Su tali punti, cui il giudice del merito ha riscontrato i cennati profili di criticità, non interferiscono nè la verifica della funzione attribuita dalla proponente alla transazione fiscale nella proposta, ovvero quella percepita sulla base della sua rappresentazione nella relazione dell’esperto dai creditori chiamati ad esprimere il loro voto sul concordato; nè il suo esito, che in punto di fatto risulta negativo; nè infine l’obbligatorietà ovvero la facoltatività della stessa transazione ai fini dell’omologazione del concordato preventivo laddove esso sia stato comunque approvato dalla maggioranza del restante ceto creditorio (cfr. a tal riguardo Cass. n. 22931/2011 cui si aderisce in piena condivisione). In nessuno di tali argomenti si sostanzia critica pertinente alla ratio decidendi che contesti l’asserita decisività, ai fini della regolarità della stessa procedura di concordato, della necessità d’informare l’intero ceto creditorio circa l’incidenza della somma proposta al fisco sull’intera esposizione tributaria, e la sua ricaduta sul trattamento riservato ai crediti privilegiati oltre che a quelli chirografari. Il nucleo di quella ratio risiede infatti, all’evidenza, nell’affermazione che la mancata interlocuzione dell’amministrazione finanziaria nella procedura e la conseguenza di tale inerzia sul credito della stessa non elidono l’esigenza della preventiva informazione dell’intero ceto creditorio circa gli effetti di quella esposizione su quella complessiva, dovendo la proposta indirizzata al ceto creditorio rappresentare la esatta e completa situazione debitoria. In questa prospettiva l’affermazione della Corte del merito circa l’esigenza della formazione di una classe specifica per i crediti tributari va interpretata nel senso che, attesa la funzionalità della procedura concorsuale di concordato preventivo rispetto alla sistemazione della crisi dell’imprenditore, è necessario che il credito erariale, a seconda della sua natura, venga inserito nelle classi omogenee previste nella proposta concordataria ovvero in una specifica classe ad esso riservata.
Nè giova assumere, come fa parte ricorrente, che la mancata considerazione dei crediti erariali derivò dal fatto che erano stati contestati giudizialmente, al di fuori della modesta quota riconosciuta di Euro 48.902,00 poichè la ammissibilità al voto dei soggetti titolari di crediti controversi – in forza del provvedimento del giudice delegato, L. Fall., ex art. 176 suppone che i crediti siano compresi nella previsione del trattamento che il debitore riservi al ceto creditorio, per la ipotesi che risultino confermate o modificate in sede giurisdizionale l’esistenza e la entità di quelle pretese, prefigurando per ciascuna di esse soluzioni esdebitatorie differenziate, in modo tale da consentire che la espressione del voto sia consapevole dei condizionamenti che la proposta è esposta a ricevere dal risultato di quei giudizi.
Diversamente opinando non solo verrebbe meno l’interesse al voto, ed anzi il voto, cui il creditore presunto fosse ammesso, risulterebbe pregiudizialmente di segno contrario alla proposta, per la assenza di previsioni di soddisfo, anche parziale, in suo favore, a fronte di una classificazione specifica ed esclusiva dei creditori considerati dal debitore, come è avvenuto nella specie; ma il debitore sarebbe incentivato alla contestazione, nei riguardi di crediti non accertati in via definitiva e soprattutto di quelli di maggior peso sul piano delle aspettative di soddisfo, lasciandoli fuori dalla proposta e ponendo i suoi beni a disposizione degli altri creditori, sollecitati all’approvazione proprio dalla circoscritta area delle passività indicate, senza alcuna previsione per quelle controverse.
Circostanza questa che ostacolerebbe le aspettative di soddisfo in sede di esecuzione del concordato, per il concorso dei creditori il cui accertamento sia medio tempore sopravvenuto.
Ma al di là delle anomalie funzionali che si innesterebbero in una procedura concorsuale, i cui principi inderogabili sono scritti nella L. Fall., art. 160, comma 2 – rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione; soddisfo dei privilegiati, in senso lato, in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione dei beni sottoposti a prelazione – resta insuperabile l’esigenza che la proposta di concordato preventivo si conformi ai due criteri fissati dal legislatore (art. 160 riservato ai creditori concorsuali attraverso la suddivisione in classi:
1) – quello della omogeneità delle posizioni giuridiche, che consente la articolazione dei livelli, delle modalità e dei tempi di soddisfo in ragione della qualità delle pretese creditorie, chirografarie; privilegiate – quest’ultime eventualmente distinte in ragione della specifica causa di prelazione, correlata ai beni presenti nella massa attiva del concordato e dunque conformate al principio della parità di trattamento in relazione alla possibilità di realizzo dei beni soggetti a prelazione; pretese creditorie contestate, nella misura o nella qualità; pretese assistite da garanzie esterne alla massa attiva; pretese sostenute da titolo esecutivo provvisorio, ecc; criterio volto a garantire sul piano formale le posizioni più o meno avanzate delle aspettative di soddisfo;
2) – quello della omogeneità degli interessi economici, in relazione alla fonte e alla tipologia socio-economica del credito (banche, fornitori, lavoratori dipendenti, ecc), criterio volto a garantire sul piano sostanziale la par condicio.
Al cospetto di tali principi e criteri la tesi che la L. Fall., art. 160, non contemplando classi di "presunti creditori" (f. 23 del ricorso), consenta di escluderli dalla procedura, è priva di qualunque consistenza, non solo perchè pregiudica gli interessi di coloro che non dispongono ancora dell’accertamento definitivo dei loro diritti, ma perchè falsa le previsioni del piano di soddisfo dei crediti t certi e non consente agli ammessi al voto di esprimere, valutazioni prognostiche corrette, in difetto della conoscenza dell’area completa delle passività, comprese quelle sub iudice, in ordine alle quali, in luogo di essere ignorata, la classe avrebbe dovuto essere predisposta, con l’analisi e la prospettazione delle eventualità di successo delle contestazioni e la indicazione della misura del soddisfo e lasciata così al voto dell’adunanza dei creditori.
Le considerazioni che precedono conducono all’assorbimento del quarto motivo.
Tanto premesso, deve disporsi il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in favore dell’Agenzia delle Entrate in complessivi Euro 8.000,00 oltre spese prenotate a debito, e in favore di EQUITALIA Esatri in Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *