Cons. Stato Sez. IV, Sent., 19-01-2011, n. 391

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 7429 del 2010, il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, n. 22879 del 6 luglio 2010 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da A.B. per l’ottemperanza del giudicato scaturente dalla sentenza n. 112/2008, resa inter partes dalla Sezione il 9 gennaio 2008 ed integralmente confermata dal Consiglio di Stato, sez. IV, con decisione n. 2800 del 4 maggio 2009, relativamente alla mancata promozione del ricorrente a generale di divisione per l’anno 2004.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, l’originario ricorrente A.B., ufficiale generale in s.p.e. della Guardia di finanza, aveva premesso di essere stato preso in esame nella procedura d’avanzamento a scelta, per l’anno 2004, al grado di generale di divisione. In esito alla procedura de qua, il ricorrente fu sì dichiarato idoneo all’avanzamento, ma non fu iscritto nel quadro d" avanzamento al grado superiore, essendo stato collocato al posto n. 17ter della graduatoria finale (con punti 28,27/50), ossia in posizione non utile alla promozione. Sicché questi adì il T.A.R. con il ricorso n. 5803/2005 RG, articolato in un gravame introduttivo e nell’atto per motivi aggiunti depositato il 6 ottobre 2006, impugnando tale giudizio e deducendo vari profili di censura, anche con riguardo ai controinteressati Gentili e Caprino. Il T.A.R., con sentenza n. 112 del 9 gennaio 2008, accoglieva in parte detto ricorso, annullando per quanto di ragione il giudizio d’avanzamento, con salvezza dell’attività ulteriore della pubblica amministrazione. La sentenza n. 112/2008 è stata ritualmente appellata dalle amministrazioni soccombenti, ma il Consiglio di Stato, sez. IV, con decisione n. 2800 del 4 maggio 2009, l’ha integralmente confermata.

In sede di riemanazione conseguente al predetto giudicato, la pubblica amministrazione ha sottoposto nuovamente il ricorrente B. a valutazione ora per allora. Tuttavia, la Commissione superiore di avanzamento ha collocato lo stesso al posto n. 10bis della graduatoria definitiva, con punti 28,52/30, ancora in posizione non utile all’invocato avanzamento.

Dal che è sorto un ulteriore ricorso al T.A.R. da parte del generale B., al fine d’ottenere, stante la mancata attribuzione al ricorrente dell’utilità giuridica colà stabilita, la piena ed integrale ottemperanza del giudicato scaturente dalla sentenza della Sezione n. 112/2008.

Costituitosi il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, ritenendo che nella reiterazione del giudizio l’amministrazione non avesse correttamente dato seguito al giudicato.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia la legittimità del proprio comportamento, richiamando le regole e le attribuzioni spettanti alla parte pubblica in sede di valutazione degli ufficiali.

Nel giudizio di appello, si è costituito A.B., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 28 settembre 2010, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 4435/2010.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con un unico motivo di diritto, concettualmente scindibile in due diverse fasi argomentative, la difesa erariale censura la sentenza gravata in relazione ai profili di merito, che saranno esaminati successivamente, ed in rapporto alla mancata corretta applicazione dei principi vigenti in tema di giudizio di ottemperanza relativo alle valutazioni di avanzamento degli ufficiali.

Sintetizzando il contenuto della memoria difensiva dell’Avvocatura, si afferma l’inammissibilità del ricorso in primo grado stanti le peculiarità dell’azione amministrativa, spettante alle commissioni di avanzamento. La difesa erariale rammenta come la formazione delle graduatorie e la consequenziale iscrizione nei quadri di avanzamento degli ufficiali siano il risultato di apprezzamenti di merito riservati in via esclusiva all’amministrazione militare e che tale natura rimane integra anche dopo l’intervento demolitorio giurisprudenziale, per cui la pretesa di conseguire l’avanzamento come conseguenza diretta della pronuncia del giudice amministrativo deve considerarsi un’illegittima limitazione della sfera di discrezionalità della pubblica amministrazione.

2.1. – La tesi dell’amministrazione, nella sua connotazione estrema, deve essere respinta.

Osserva la Sezione che gli ambiti di impiego del giudizio di ottemperanza nell’ambito dei giudizi di avanzamento dei militari possono agevolmente, e sinteticamente, essere ricostruiti sulla base delle norme positive e dell’applicazione fattane dalla giurisprudenza.

Nel concreto della fattispecie in scrutinio, l’azione di ottemperanza si muove all’interno di due binari concettuali, desumibili dalla legge.

In primo luogo, vi è da considerare l’obbligo dell’amministrazione di conformarsi al disposto giurisprudenziale, secondo un principio ora icasticamente definito dall’art. 112 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, relativo al processo amministrativo, che recita: "I provvedimenti del giudice amministrativo devono essere eseguiti dalla pubblica amministrazione e dalle altre parti". Non vi è quindi alcun dubbio che la decisione giurisdizionale debba essere portata ad esecuzione, e non solo in relazione all’effetto demolitorio, conseguente all’annullamento e quindi all’eliminazione dell’atto dal mondo giuridico, ma anche e soprattutto in rapporto all’effetto conformativo, ossia avendo riguardo alle ragioni che hanno portato il giudice amministrativo a ritenere non conforme a legge il comportamento della pubblica amministrazione.

In secondo luogo, vi sono le attribuzioni spettanti all’amministrazione militare, anche queste evincibili dalla disciplina positiva, ed in particolar modo dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 "Codice dell’ordinamento militare", che all’art. 1090, espressamente denominato "Giudizi annullati in sede di tutela amministrativa o giurisdizionale" (ed in questo ripetitivo del precedente art. 40 del D.Lgs. 30 dicembre 1997, n. 490) dispone che l’esecuzione delle sentenze deve avvenire tramite il rinnovo del giudizio, operato dagli stessi organi competenti.

Tra questi due limiti si colloca l’area di operatività del giudizio di ottemperanza, la cui funzione è quella di consentire il soddisfacimento della pretesa della parte, già riconosciuta in sede di annullamento, evitando l’insorgere di prassi elusive in fatto della decisione giurisdizionale e nel contempo rispettando le attribuzioni riservate per legge agli organi dell’amministrazione.

Occorre peraltro soffermarsi sul contenuto di tali attribuzioni. La circostanza che le stesse siano chiaramente riservate dalla legge alla stessa amministrazione militare non consente di sostenere che queste siano identiche nei due diversi momenti procedimentali, ossia quello dell’originaria valutazione del militare in avanzamento e quello della successiva rinnovazione del giudizio. Tra le due fasi, interviene, infatti, la pronuncia del giudice che è idonea non solo a conformare il successivo operato, ma anche direttamente ad incidere sui poteri della pubblica amministrazione. La riprova di tale rilevanza è desumibile dallo stesso comma 4 dell’art. 1090 del Codice dell’ordinamento militare, sopra citato, che prevede che "Se il titolo dell’annullamento contiene elementi tali da rendere automatica l’iscrizione in quadro del ricorrente, non è necessario procedere a una nuova valutazione". In questa situazione, il rinnovo del giudizio in senso favorevole diviene addirittura non solo automatico, ma determina altresì uno spostamento di competenza, in quanto gli adempimenti per la promozione non sono più svolti dagli organi ordinariamente attributari, ma direttamente dal Ministro che agisce d’ufficio.

In buona sostanza, se è vero che, quanto meno dal punto di vista statistico, all’esito del giudizio amministrativo rimangono comunque in capo all’amministrazione notevoli poteri, sussumibili nel concetto della discrezionalità, per dare esecuzione al decisum, e che normalmente da una decisione di accoglimento delle censure proposte avverso un giudizio di avanzamento non scaturisce un titolo che consenta ex se di conseguire la richiesta promozione, è altresì vero che la legge stessa considera la possibilità che la sentenza del giudice amministrativo contenga "elementi tali da rendere automatica l’iscrizione in quadro del ricorrente". È quindi proprio dalla legge che emerge la possibilità che la sentenza conformi in modo tanto stringente il successivo operato della pubblica amministrazione da rendere di fatto automatiche le attività successive, attribuendo addirittura ad altro organo le attribuzioni per la sua esecuzione e quindi implicitamente ritenendo venuta meno la stessa discrezionalità valutativa per l’esecuzione del disposto giurisdizionale.

Le osservazioni appena svolte impongono quindi di considerare la censura dell’appellante, per la sua eccessiva considerazione delle attribuzioni degli organi di valutazione della pubblica amministrazione, inaccoglibile. L’inammissibilità dell’azione in ottemperanza per l’esecuzione di una sentenza demolitoria del giudizio di avanzamento va, infatti, dichiarata nei casi in cui il ricorrente pretenda di conseguire, tramite l’esecuzione, un risultato diverso ed ulteriore rispetto a quello attribuitogli dalla sentenza di annullamento (ed è ciò che si è verificato in relazione ai numerosi precedenti giurisprudenziali citati nella memoria della difesa erariale). Al contrario, il giudizio deve essere considerato ammissibile non solo nei casi, statisticamente eccezionali, in cui la sentenza contenga i significativi elementi a cui fa riferimento il comma 4 dell’art. 1090 del Codice dell’ordinamento militare, ma anche qualora la successiva riedizione dell’attività amministrativa, operata tramite gli organi ordinariamente competenti, non si sia conformata alla decisione, nei limiti in cui questa motiva le ragioni dell’annullamento della precedente valutazione.

La censura va quindi respinta.

3. – Con la seconda fase argomentativa dell’unico motivo di diritto, l’amministrazione lamenta l’erroneità della sentenza, nella parte in cui ritiene che l’operato della commissione di avanzamento abbia sostanzialmente eluso il dettato giurisprudenziale. Deduce invece la difesa erariale che la nuova valutazione dell’attuale appellato si sia svolta rispettando da un lato i contenuti della sentenza ottemperanda, dall’altro le attribuzioni spettanti alla stessa pubblica amministrazione.

3.1. – La censura non può essere condivisa.

Premesso che la valutazione in sede di appello sulla sentenza ottemperanda, data da questa Sezione con decisione n. 2800 del 4 maggio 2009, è di sostanziale adesione a quanto deciso dal primo giudice (la decisione, infatti, nota "l’esattezza dei rilievi svolti dal T.A.R. in merito ai giudizi di rendimento, qualità morali, titoli preferenziali e qualità professionali"), la disamina dell’operato della commissione di avanzamento deve essere condotta facendo riferimento alle statuizioni contenute nel provvedimento del giudice di primo grado.

Nell’evocata sentenza del T.A.R. Lazio n. 112 del 2008 si leggono affermazioni molto puntuali in relazione ai singoli criteri di valutazione.

In merito all’andamento di carriera dell’appellato B., si legge come "… a parità di linea evolutiva nel raggiungimento dell’eccellenza anche se riferiti a periodi differenti nel tempo ma non nell’andamento delle rispettive carriere, i predetti controinteressati non mostrino elementi di spicco rispetto al ricorrente".

In merito alle risultanze emergenti dalla documentazione caratteristica di tutte le parti, la superiorità degli originari controinteressati risultava "… smentita proprio dal contenuto della relazione sul gen. B., da cui emergono, in un contesto operativo più sommesso ma ictu oculi non meno rilevante per le funzioni del Corpo, qualità e capacità di comando non inferiori a quelle dei di lui colleghi. Sicché v’è un sicuro indizio, preciso e concordante nei fatti e nei giudizi, d’effettiva sottovalutazione dell’operato del gen. B., del quale le Amministrazioni resistenti tendono a far risaltare…, ed in modo puntiforme, i soli aspetti meno significativi della di lui carriera, con ciò pervenendo al medesimo nocivo risultato, che esse tendono a stigmatizzare contro il ricorso in epigrafe, d’un giudizio negativo quale sommatoria di tante differenti vicende esaminate partitamente…".

In merito poi alla rilevanza dei corsi frequentati dalle parti, la sentenza sottolineava come il B. fu nominato "… docente… nei medesimi Corsi ed in quelli di PT per capitani, con ciò dimostrando attitudini e qualità di cultura tali da esser chiamato ad insegnare in quel medesimo contesto formativo che non l’ha visto discente. Sicché non solo la preferenza ex lege accordata al predetto titolo non può, in base ad un criterio di razionale proporzionalità e di congruenza che fonda la discrezionalità tecnica, esser considerata sic et simpliciter, ma va valutata, secondo un giudizio d’equa e bilanciata compensazione, con i predetti incarichi di docenza e con il superamento del Corso di Alta formazione presso la Scuola di perfezionamento delle Forze di Polizia (secondo, per ferma giurisprudenza, solo al Corso sup. PT). Per quanto il Corso di Alta formazione non fondi di per sé solo un’automatica pretesa alla promozione al grado superiore, essendo solo un titolo per l’avanzamento in carriera, esso in una con le docenze presso il Corso superiore di PT determina una situazione d’evidente parità con i controinteressati sul punto e non implica alcuna legittima situazione deteriore in capo al ricorrente. Dette vicende furono già apprezzate in sede di promozione al grado di generale di brigata, con un esito d’evidente poziorità del ricorrente rispetto agli altri due ufficiali…".

Parimenti, analoghi rilievi sono stati svolti in rapporto al conseguimento di ricompense d’ordine morale, dove si sottolineava come il B. avesse ottenuto, lungo l’arco della sua carriera fino alla data di chiusura dei libretti ed in relazione agli incarichi espletati, ricompense per numero e qualità armonicamente distribuite nel tempo e nei servizi.

Ancora in merito agli incarichi ricoperti dall’attuale appellato, il T.A.R. ebbe modo di affermare la "…non assoluta preminenza degli incarichi dei controinteressati presso il Comando generale o gli organi di governo…", in considerazione del fatto che "… tanto l’uno, quanto l’altro sono stati occupati in detti uffici per una frazione oggettivamente lunga della loro carriera, sì da non esser comparabile con l’attività operativa e territoriale del ricorrente…".

Conclusivamente, la sentenza ottemperanda conteneva precise indicazioni all’amministrazione sulle modalità con cui procedere alla nuova valutazione dell’originario ricorrente, evidenziando le erroneità dei giudizi espressi nella prima sede. In concreto, i poteri della pubblica amministrazione venivano pesantemente e legittimamente conformati dal giudizio, atteso che lo stesso aveva ritenuto carente la valutazione sotto molteplici profili.

A fronte di un tale portato, non può non notarsi come, in sede di esecuzione, la nuova valutazione operata dalla commissione superiore di avanzamento, svolta nella stessa situazione di fatto e di diritto, trattandosi d’un giudizio da rendere nel 2010 in relazione all’avanzamento per l’anno 2004, si è limitata ad utilizzare "aggettivi superlativi nelle schede di ciascun Commissario nei confronti del ricorrente e di aumentargli il punteggio, come se la sentenza ottemperanda le avesse imposto soltanto siffatte correzioni", come correttamente notato dal T.A.R.. In sostanza, la commissione non ha provveduto ad una rivalutazione dei candidati, procedendo ad una nuova ponderazione delle rispettive posizioni, ma ha unicamente rivalutato i titoli attribuiti all’ufficiale ricorrente, di fatto mettendo in ombra il contenuto conformativo della sentenza e reiterando in fatto il giudizio già precedentemente annullato.

Tali ragioni impongono di considerare corretta la valutazione operata dal T.A.R., respingendo anche la seconda parte delle censure proposte dall’amministrazione e confermando integralmente la sentenza gravata.

4. – L’appello va quindi respinto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 7429 del 2010;

2. Condanna il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza a rifondere a A.B. le spese del presente grado di giudizio che liquida in Euro. 4.000,00 (euro quattromila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:

Armando Pozzi, Presidente FF

Vito Poli, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore


Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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