Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-01-2013) 26-06-2013, n. 27983

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/



Svolgimento del processo

Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catania ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe, emessa dal Giudice di pace di Noto all’esito del processo svoltosi nei confronti di P. G., imputato di lesioni personali, in ipotesi commesse in danno di S.C.. Ad avviso del Giudice di pace non vi sarebbe dubbio circa la riferibilità materiale della condotta all’imputato, tuttavia – essendo emerso che la persona offesa era intervenuta per dividere il P. e il di lei marito, protagonisti di un diverbio per questioni di vicinato – risultava plausibile che la contusione e le escoriazioni riportate dalla donna fossero state a lei cagionate dal prevenuto in difetto di dolo, "in quanto è notorio che in caso di lite possano essere provocate ai terzi che intervengono per sedare la stessa lesioni di vario tipo, ma senza che vi sia l’elemento psicologico di volerle provocare".

Il ricorrente si duole tuttavia di un totale travisamento dei fatti da parte del giudicante, nonchè di mancanza di motivazione quanto all’esclusione dell’elemento soggettivo (essendo stata recepita "in maniera acritica ed illogica la tesi difensiva dell’azione involontaria"). In particolare, il P.g. territoriale fa presente che la S., deponendo quale testimone nel corso del dibattimento, aveva dichiarato che il P. le aveva sferrato un pugno alla testa e le aveva piegato con forza una mano, mentre la donna tentava di dividere il marito dallo stesso imputato.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il Giudice di pace di Noto, infatti, espone quale presunto fatto notorio una regola di esperienza che tale non è, senza peraltro spiegare in basi a quali emergenze istruttorie la regola in questione dovrebbe ritenersi applicabile al caso di specie: così facendo, viene a connotare di manifesta illogicità la motivazione della sentenza, dal momento che la testimonianza della persona offesa avrebbe dovuto semmai escludere la fallacia di una argomentazione fondata su una sorta di id quod plerumque accidie. Ammesso infatti che si possa accreditare quale patrimonio di comune conoscenza il dato che un litigante, affrontando il proprio antagonista, possa provocare lesioni non volute a chi intervenga per comporre il dissidio (e senza dunque voler affrontare il tema della riferibilità psicologica di quelle lesioni a chi le produsse, quanto meno a titolo di dolo eventuale), nel caso in esame non avrebbe dovuto riconoscersi spazio ad una simile evenienza: la S. aveva infatti offerto una descrizione della condotta violenta del P., tale da imporre una conclusione opposta, facendone emergere la chiara intenzionalità.

Ricorre pertanto nella fattispecie concreta un caso di chiaro travisamento della prova, nei termini già evidenziati dalla giurisprudenza di questa Corte: non ci si trova dinanzi, infatti, ad un caso in cui il giudicante si sia limitato ad offrire una interpretazione di dichiarazioni testimoniali o di altre risultanze istruttorie, difforme da quella ritenuta preferibile dal ricorrente (v. ad esempio Cass., Sez. 3, n, 46451 del 07/10/2009, Carella), bensì ad una ipotesi di "palese e non controvertibile difformità tra i risultati obbiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito medesimo ne abbia inopinatamente tratto" (v. Cass., Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia e n. 37756 del 07/07/2011, Iannazzo).

La sentenza impugnata deve pertanto essere oggetto di annullamento, con conseguente rinvio per nuovo esame al Giudice di pace di Noto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di pace di Noto per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2013


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