Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 29-01-2013) 19-06-2013, n. 26817

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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 02/07/2012 il GIP del Tribunale di Napoli applicava ad D.E. la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.S. siccome indagato di partecipazione al un’associazione per delinquere organizzata dai titolari delle imprese funebri e dai loro dipendenti e partecipata dai medici necroscopici nonchè infermieri per lo più addetti alle sale mortuarie, finalizzata alla realizzazione di reati di falso e corruzione, tesi ad ottenere una maggiore celerità nelle operazioni cimiteriali di competenza delle imprese funebri; e dei reati scopo specificamente indicati.

In particolare, era chiamato a rispondere dei reati di cui al capo 1), ai sensi dell’art. 416 c.p., commi 1, 2, 3 e 5, per avere organizzato, assieme ad altri, quali titolari e/o dipendenti di imprese funebri, un’associazione per delinquere finalizzata:

– alla irregolare gestione delle attività effettuate all’interno delle varie strutture costituenti il Cimitero di (OMISSIS), tesa ad ottenere, mediante la commissione quotidiana di un numero imprecisato di atti corruttivi – il cui onere economico è tuttavia sostenuto dai privati cittadini e/o favorendo atti concussivi e di abuso d’ufficio commesso dei pubblici ufficiali ivi preposti, "corsie preferenziali" loro riservate nelle operazioni amministrative ed esecutive dei servizi funerari, operazioni altrimenti ostacolate sia loro stessi che a privati cittadini;

– alla falsità in atti, tesa ad ottenere la commissione di un numero imprecisato di atti corruttivi – il cui onere economico e tuttavia sostenuto dai privati cittadini – una maggiore celerità nelle operazioni funerarie di loro competenza, ciò facendo attestare falsamente, ai medici ASL preposti alla formazione delle certificazioni necroscopiche, la constatazione del decesso di taluno, constatazione mai di fatto avvenuta, nonchè, talvolta, anche le circostanze temporali del decesso stesso;

– alla rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio, tesa ad ottenere, mediante la commissione di un numero imprecisato di atti corruttivi – il cui onere economico e tuttavia sostenuto dai privati cittadini – una maggiore facilità nell’accaparrarsi i servizi funerari o l’incarico l’espletamento della relativa documentazione, ciò facendosi rivelare, dagli addetti all’organizzazione di primo soccorso o a strutture ospedaliere nonostante l’obbligo alla segretezza dettate dai doveri d’ufficio al quale questi sono tenuti, notizie circa i decessi avvenuti presso le abitazioni o presso le strutture ospedaliere.

Rivestendo il D.E., incaricato delle imprese funebri consorziate nella "Soc. Consortile A R.L Imprese Funebri Città di Napoli Società Consortile a r.l,", il ruolo di partecipe all’organizzazione, collaborando i promotori della stessa nelle varie fasi dell’attività criminosa, consistente nel sistematico pagamento, talvolta effettuato personalmente, di somme di denaro (cd mazzette) destinate ai pubblici ufficiali affinchè favorissero le attività dell’impresa ;

e di cui al capo 16) ai sensi degli art. 81 cpv., 319, 321 e 479 cod. pen., con riferimento all’ipotesi di falso ideologico ascritto alla dr.ssa A.M.T., che aveva formato un certificato necroscopico falso attestante l’avvenuta costatazione personale del decesso di S.S., in cambio della corresponsione da parte del D. di una non meglio specificata somma di danaro, comunque quantificabile nell’ordine di centinaia di Euro;

di cui al capo 31), ai sensi degli artt. 81 cpv., 319, 321 e 479 cod. pen., con riferimento all’ipotesi di falso ideologico ascritto al dr. M.A., che aveva formato un certificato necroscopico falso attestante l’avvenuta costatazione personale del decesso di D.L.A. in cambio della corresponsione da parte del D. di una non meglio specificata somma di danaro, comunque quantificabile nell’ordine di centinaia di Euro;

e di cui al capo 38), ai sensi degli artt. 81 cpv., 319, 321 e 479 cod. pen., con riferimento all’ipotesi di falso ideologico ascritto al dr. C.C.A., che aveva formato un certificato necroscopico falso attestante l’avvenuta costatazione personale del decesso di B.A. in cambio della corresponsione da parte di Incoronato Vincenzo di una non meglio specificata somma di danaro, comunque quantificabile nell’ordine di centinaia di Euro.

2. Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta in favore dell’indagato, il Tribunale di Napoli, sostituiva la misura della custodia in carcere con quella dell’obbligo di presentazione, tutti i giorni della settimana tra le ore 18,00 e le ore 19,00, all’autorità di PG territorialmente competente in relazione al domicilio del predetto e, per l’effetto, disponeva l’immediata scarcerazione dello stesso se non detenuto per altra causa.

3, Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’indagato, avv. Lumeno dell’ O., ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di seguito indicate.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente eccepisce nullità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, in relazione all’art. 309 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c), art. 273 cod. proc. pen. e art. 416 cod. pen.. Si duole, al riguardo, che il giudice del riesame, travalicando i limiti della contestazione, aveva modificato ultra petitum gli elementi fattuali dell’addebito, configurando una sola associazione per delinquere il luogo delle tre contestate dal pubblico ministero. A dire del ricorrente, il potere d’integrazione della motivazione del tribunale del riesame non poteva spingersi al punto di modificare l’incolpazione indicata dal pm nella sua richiesta. In ogni caso mancavano elementi dimostrativi della partecipazione dell’indagato alla consorteria delinquenziale, che peraltro annoverava tra i promotori titolari d’imprese di onoranze funebri in evidente posizione antagonistica, se non addirittura conflittuale, rispetto ai quali non era ipotizzabile l’esistenza di un "comune programma criminoso" e, dunque, di un accordo con gli stessi.

Il secondo motivo eccepisce nullità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 in relazione all’art. 309 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 1, art. 273 cod. proc. pen. ed artt. 110 e 416 cod. pen.. Deduce, al riguardo, che mancava nel provvedimento impugnato l’indicazione di elementi comunque dimostrativi della partecipazione dell’indagato alla consorteria delinquenziale; e che dalle risultanze processuali era dato evincere che esso istante si trovava in posizione di piena autonomia rispetto alle aziende di onoranze funebri e si limitava al disbrigo delle pratiche burocratiche propedeutiche allo svolgimento dei funerali e della successiva sepoltura delle salme.

Il terzo motivo eccepisce nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3 in relazione all’art. 309 c.p.p., art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c) e e) bis, art. 273 c.p.p.. Si duole, in particolare, del fatto che il giudice del riesame aveva omesso di valutare la memoria difensiva prodotta all’udienza camerale del 26 luglio 2012 nell’interesse di D.E. contenente rilievi dimostrativi dell’insussistenza del reato di cui all’art. 479 c.p., con riferimento all’attestazione di constatazione de visu dall’avvenuto decesso, che avrebbe, semmai, potuto integrare la meno grave ipotesi delittuosa dell’omissione di atti d’ufficio.

2. La prima censura è priva di fondamento. Non è, infatti, condivisibile il rilievo difensivo secondo cui il giudice del riesame abbia esorbitato dai limiti della sua cognizione nel ravvisare nel compendio investigativo una sola associazione per delinquere, in luogo della frammentaria prospettazione accusatoria, recepita nell’ordinanza custodiale, che individuava distinti nuclei associativi, a seconda dell’attività svolta dai soggetti coinvolti, ai capi 1) 2), 3) e 4). In proposito, si osserva che, secondo indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice, il giudice dei riesame – se può modificare la qualificazione giuridica data dal P.M. al fatto per cui si procede, giacchè tale modifica non incide sull’autonomo potere del pubblico ministero di esercizio dell’azione penale (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6, 11.3.2003, rv. 225216; id.

Sez. 1, 14,7,1997, n. 4864, rv. 208724 sulla scia dell’interpretazione di Sez. U, n. 16 del 19/06/1996) – non può, invece, modificare il capo d’imputazione attraverso il mutamento del fatto storico (cfr. Cass. sez. 1, 27.2.1996, rv. 204307). Insomma, il limite invalicabile dei suoi poteri è rappresentato dal fatto delineato nell’incolpazione provvisoria, costituendo ineludibile parametro di riferimento, in rapporto al quale commisurare l’idoneità del materiale investigativo ad assumere il coefficiente di gravità indiziaria tale da legittimare il titolo di custodia cautelare.

Nel caso di specie, non può fondatamente ritenersi che il fatto, nella sua oggettività, sia stato modificato, essendo piuttosto evidente che sia stato letto ed inquadrato in prospettiva globale ed unitaria, secondo una ragionevole angolazione, certamente più aderente alla realtà fenomenica di un’articolata aggregazione associativa. Dal complesso delle risultanze investigative erano, infatti, emerse collaudate metodiche delinquenziali al servizio degli interessi delle imprese funebri (il cd. sistema), riconducibili ad una vera e propria organizzazione fondata su regole ben precise, puntuale ripartizione dei ruoli, predeterminazione di settori di competenza, contributo stabile e continuativo di determinati professionisti operanti nel settore medico-legale. Nella prospettiva accusatoria era dato individuare un collante, sul piano organizzativo- funzionale, tra le distinte associazioni che non si ponevano, tra loro, come compartimenti stagni, ma costituivano un unicum. Il trait d’union era costituito dal richiamo – nella stessa formulazione del capo sub 3) (ed anche di quello sub 4) – al ruolo di partecipe all’associazione promossa ed organizzata dai medesimi promotori ed organizzatori dell’associazione di cui ai capi che precedono.

La seconda censura si colloca, invece, alle soglie dell’ammissibilità. Ed infatti, il rilievo è comunque privo di fondamento, in quanto l’impianto motivazionale della pronuncia impugnata reca puntuale indicazione delle risultanze investigative, costituite segnatamente da intercettazioni telefoniche e dalle ammissioni di coindagati, in forza delle quali risulta ragionevole e plausibile l’addebito mosso all’indagato con riferimento alle ipotesi di reato oggetto d’imputazione provvisoria.

Identica valutazione va espressa in ordine al terzo motivo, riguardante la mancata considerazione di memoria difensiva considerato che il compendio delle risultanze investigative è stato motivatamente ritenuto idoneo anche in direzione dell’addebito di concorso nel reato di falso ideologico di cui all’art. 479 c.p., con riferimento all’attestazione del medico-legale di constatazione de visu dall’avvenuto decesso, che escludeva, eo ipso, la possibilità di configurazione della meno grave ipotesi delittuosa dell’omissione d’atti d’ufficio, a carico del sanitario. Siffatte considerazioni davano conto, per implicito, della ritenuta inconsistenza delle deduzioni difensive volte a sostenere, invece, l’insussistenza dell’ipotesi delittuosa dell’art. 479 cod. pen. per pretesa innocuità dell’azione.

3. Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2013
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