Cons. Stato Sez. IV, Sent., 19-01-2011, n. 385

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 4949 del 2009, il Comune di Mondragone propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione quinta, n. 2025 del 17 aprile 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da G.D.N. per l’annullamento del decreto n. 15 del 21.9.2006, a firma del capo ripartizione dell’Ufficio Urbanistica del Comune di Mondragone, con cui è stata disposta l’occupazione d’urgenza anticipata dei terreni di proprietà del ricorrente; della delibera di Giunta Comunale n. 206 del 12.9.2006 con la quale si è autorizzata l’occupazione d’urgenza ex art. 22 bis D.P.R. n. 327/2001; di tutti gli atti presupposti, preordinati e connessi e tra cui la determina dirigenziale n. 433 del 20.9.2006, la delibera di Giunta Comunale n. 289 del 7.10.2004 di approvazione progetto preliminare relativo all’ampliamento del cimitero comunale in project financing, la delibera di Giunta Comunale n. 160 del 28.6.2006 di approvazione progetto definitivo relativo all’ampliamento del cimitero comunale in project financing.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere proprietario di un appezzamento di terreno nel Comune di Mondragone alla località "Pisciolle" dell’estensione di HA 0.62.15, catastalmente identificato al foglio 17, particelle 159 e 5018, sul quale insiste un oliveto per la produzione di olive da olio e impugnava, chiedendone l’annullamento, il decreto n. 15/2006 in epigrafe con cui è stata disposta l’occupazione anticipata del terreno de quo nell’ambito della procedura d’esproprio prevista per l’ampliamento del cimitero comunale in project financing.

Preso atto che nel citato provvedimento erano stati richiamati gli atti procedimentali pregressi della procedura culminata nella disposta occupazione, dichiarata urgente ai sensi dell’art. 22 bis D.P.R. n. 327/2001, a sostegno del gravame l’interessato deduceva le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 22 bis D.P.R. n. 327/2001. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed assenza dei presupposti;

2) Incompetenza per violazione dell’art. 6 D.P.R. 8.6.2001, n. 327, attesa la mancata istituzione dell’Ufficio Unico per le espropriazioni;

3) Eccesso di potere per inesistenza del vincolo preordinato all’esproprio. Violazione degli artt. 9, 10, 11, 17 e ss. D.P.R. n. 327/2001. Illegittimità derivata sulla procedura di approvazione del progetto di ampliamento del cimitero comunale. Violazione degli art. 3, 7, 8 e ss. legge 7.8.1990, n. 241.

Costituitosi il Comune di Mondragone, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, annullando gli atti sia in relazione alla mancata dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di urgenza, sia in relazione all’inesistenza del vincolo preordinato all’esproprio.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia la correttezza del proprio operato, insistendo per l’accoglimento dell’appello.

La stessa sentenza viene gravata dalle società E.C. di L.F. & C. s.a.s. e Società di progetto C.M. s.r.l., con autonomo ricorso iscritto al n. 5740 del 2009.

In entrambi i giudizi si è costituito G.D.N., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 7 luglio 2009, relativa al ricorso n. 4949/2009, l’istanza cautelare veniva rinunziata.

All’udienza del 22 settembre 2009, relativa al ricorso n. 5740/2009, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 4697/2009.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

Motivi della decisione

1. – In via preliminare, va disposta la riunione dei due appelli, in quanto proposti contro la stessa sentenza.

2. – In relazione all’appello proposto dal Comune di Mondragone, occorre prendere preliminarmente in esame l’eccezione di tardività sollevata dalla parte appellata, che evidenzia il superamento del termine di legge di cui all’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971.

2.1. – La doglianza è fondata e va accolta.

Afferma la norma appena evocata che: "Il termine per la proposizione dell’appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi di cui al comma 1 è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza".

Nel caso in esame, la sentenza risulta notifica il martedì 28 aprile 2009, per cui il termine finale per la proposizione dell’appello veniva a scadere il giovedì 28 maggio. Dagli atti emerge invece come l’appello sia stato notificato il 5 giugno 2009, ed è quindi effettivamente tardivo e quindi irricevibile.

Dalla declaratoria di tardività del ricorso in appello, consegue altresì la declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum presentato dallo stesso Comune nel diverso ricorso n. 5740/2009, proposto da E.C. di L.F. & C. s.a.s. e Società di progetto C.M. s.r.l..

È del tutto pacifico in giurisprudenza che l’intervento ad adiuvandum sia ammissibile solo a tutela di posizioni giuridiche collegate o dipendenti da quella del ricorrente principale, risultando uno strumento utile alla tutela di situazioni che, in sé, non potrebbero essere garantite tramite l’impugnazione. Tale situazione consente allora la partecipazione al processo anche di soggetti aventi un mero interesse di fatto, rispettivamente all’accoglimento o alla reiezione dell’impugnativa proposta dal ricorrente, sempre qualora si faccia valere una posizione diversa da quella del ricorrente e da questa condizionata.

Nel caso in specie, invece, il Comune aveva diretta legittimazione ad impugnare, come ha effettivamente fatto, senza poter fruire del diverso strumento dell’intervento ad adiuvandum. Infatti, stante la diversità di funzioni e ragioni che distinguono la legittimazione ad impugnare direttamente con la minore posizione che autorizza l’intervento porta ad escludere che tra le due situazioni vi sia un rapporto di continenza, dovendosi invece sottolineare come le due discipline siano del tutto separate e la loro erronea sovrapposizione si traduce, di fatto, in un’elusione del termine di decadenza nella proposizione delle impugnazioni.

Tali ragioni comportano pertanto che deve essere dichiarata l’inammissibilità anche dell’intervento ad adiuvandum proposto dal Comune di Mondragone nel ricorso n. 5740/2009.

3. – Venendo alle censure espresse nel ricorso proposto da E.C. di L.F. & C. s.a.s. e Società di progetto C.M. s.r.l., deve parimenti procedersi all’esame dell’eccezione proposta dalla difesa dell’appellato, che sottolinea il difetto di legittimazione delle società e quindi la carenza dell’interesse al ricorso.

3.1. – La censura non può essere condivisa.

Le due società appellanti hanno allegato idonea documentazione al loro atto di appello che dimostra l’esistenza di un concreto interesse all’accoglimento del ricorso. Infatti, sebbene le appellanti non risultino in senso tecnico come controinteressate, in quanto non evocate nei provvedimenti gravati e quindi non aventi titolo alla notifica della sentenza di primo grado, tuttavia le stesse subiscono un pregiudizio concreto dal provvedimento giurisdizionale di primo grado.

A tal fine è sufficiente evidenziare come le stesse abbiano allegato il contratto di concessione stipulato con il Comune di Mondragone in data 17 maggio 2005 ed avente ad oggetto l’affidamento della concessione di progettazione definitiva, progettazione esecutiva, esecuzione e gestione dell’ampliamento del cimitero comunale.

Non appare quindi dubitabile l’esistenza di un concreto interesse all’annullamento della sentenza gravata, che direttamente incide sulla pretesa delle citate società al conseguimento dell’utile d’impresa sperato.

4. – Venendo ora al merito dell’appello, questo non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

5. – Con il primo motivo di diritto, viene dedotto error in iudicando e falsa applicazione dell’art. 21 della legge T.A.R., con conseguente inammissibilità del ricorso di primo grado. La censura viene articolata in relazione alla mancata evocazione nel giudizio davanti al T.A.R. delle due società attualmente appellanti, illegittimamente pretermesse in quanto controinteressate.

5.1. – La doglianza non può essere condivisa.

Come si è sopra osservato, la legittimazione delle due società alla proposizione del ricorso deriva dalla stipulazione di un negozio di carattere concessorio con il Comune di Mondragone.

Al contrario, in relazione alle posizioni nascenti dai provvedimenti principalmente gravati in primo grado, deve rilevarsi, come sopra già evidenziato, come le due appellanti non siano contemplate in tali atti e quindi, poiché soggetti non evocati nel provvedimento e non facilmente individuabili, non possono essere considerate controinteressate in senso tecnico.

Queste non avevano quindi alcun titolo alla notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, che quindi si è svolto a contraddittorio integro.

6. – Con il terzo motivo di diritto, viene dedotta la violazione ed erronea interpretazione dell’art. 22 bis del d.P.R. n. 327 del 2001. Afferma la difesa appellante che le ragioni dell’occupazione d’urgenza erano evincibili sulla base degli atti di causa, con riguardo alla circostanza che il ricorrente di primo grado sia stato l’unico soggetto a non cedere bonariamente il proprio immobile. Il che è elemento ex se idoneo a giustificare l’adozione della procedura di cui all’art. 22 bis.

6.1. – La doglianza non ha pregio.

Occorre evidenziare come la norma in questione, ossia l’art. 22 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, come introdotto dall’art. 1 D.Lgsl 27 dicembre 2002 n. 302, prevede, al comma I, che "Qualora l’avvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza, tale da non consentire, in relazione alla particolare natura delle opere, l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’ articolo 20, può essere emanato, senza particolari indagini e formalità, decreto motivato che determina in via provvisoria l’indennità di espropriazione, e che dispone anche l’occupazione anticipata dei beni immobili necessari".

Accanto a tale previsione generale, l’urgenza è inoltre prevista direttamente dalla norma per gli interventi di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e quindi in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici, e qualora il numero dei destinatari della procedura espropriativa sia superiore a 50.

Nel caso in esame, la giurisprudenza formatasi in relazione alle modalità applicative dell’art. 22 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 si è consolidata nel senso che l’onere motivazionale dell’amministrazione si debba estendere alle oggettive ragioni che denotano la supposta urgenza, in modo che una puntuale analisi dei presupposti può essere esclusa solo qualora evincibile da altri elementi del procedimento. Pertanto, perché possa legittimamente farsi luogo ad occupazione di urgenza ai sensi dell’art. 22 bis, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, occorre che l’amministrazione motivi congruamente in ordine alle oggettive ragioni che denotano la conclamata urgenza dell’intervento, potendo tale obbligo motivazionale escludersi nei soli casi in cui questa risulti in re ipsa dalla natura stessa dell’intervento (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 22 maggio 2008, n. 2459).

Appare pertanto corretta la valutazione operata dal giudice di prime cure, quando evidenzia come il Comune di Mondragone, per giustificare l’occupazione anticipata, si è limitato a fare un riferimento generico alla sussistenza di presupposti per disporre l’occupazione d’urgenza "per le motivazioni addotte dal promotore dell’espropriazione sia nella delibera di G.C. n. 206 del 12.9.2006, sia nella determina dirigenziale n. 433/LLPP R.G. 1628II 10 del 20.9.2006".

Tale considerazione non viene scalfita neppure accogliendo la prospettazione della difesa appellante. Secondo questa, la motivazione dell’urgenza sarebbe evincibile dalla circostanza che nella determina n. 433/06, il Comune di Mondragone afferma espressamente che "il suolo di proprietà del sig. D.N.G…. è posto tra l’attuale cimitero e i suoli di altri proprietari che, nell’ambito della procedura espropriativa, li hanno ceduti bonariamente". Emerge da tali considerazioni che le ragioni dell’occupazione d’urgenza sono state determinate, da un lato, dalla collocazione topografica del bene, e dall’altro, dalla circostanza che, mentre con gli altri proprietari l’amministrazione è riuscita a trovare un accordo, con l’attuale appellato tale evento non si è verificato.

L’argomento del Comune non appare quindi rispondere alle ragioni di cui all’art. 22 bis. In merito al primo profilo, ossia alla collocazione topografica del bene, non è dato cogliere come questo possa determinare un’urgenza, atteso che si tratta di un elemento presupposto dell’intero procedimento e che giustifica semmai l’importanza dell’apprensione del bene, ma non di certo la sua urgenza. In merito al secondo profilo, ossia al mancato perfezionamento di un accordo bonario, deve evidenziarsi come questo sia una mera eventualità e che quindi l’appellato, non addivenendo all’accordo, abbia semplicemente agito nell’esercizio delle facoltà spettanti per legge. Da questa scelta, consentita dall’ordinamento, non è dato cogliere il collegamento con il sorgere dell’urgenza qualificata, di cui spettava la prova al Comune.

La motivazione addotta dal Comune di Mondragone è quindi solo apparente, utilizzando a sostegno della sua scelta elementi eterogenei e non idonei a dare prova dell’esistenza di alcuna ragione d’urgenza.

7. – Il rigetto del motivo di appello di cui sopra consente di non esaminare il quarto motivo di doglianza, con cui ci si duole dell’erronea considerazione dell’inesistenza del vincolo preordinato all’esproprio.

Ciò in base ad una doppia considerazione.

In primo luogo, la sentenza gravata giustifica l’annullamento del decreto di occupazione d’urgenza sulla base di due diverse argomentazioni, la prima relativa alla motivazione della necessità ed urgenza di procedere all’apprensione del bene, la seconda in relazione alla sussistenza del presupposto dell’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio. Pertanto, assodata la fondatezza della prima ragione, l’eventuale accoglimento del motivo di appello in relazione al secondo punto non porterebbe comunque all’annullamento della sentenza.

In secondo luogo, ed in relazione ad eventuali altri effetti secondari ed ulteriori della sentenza gravata che potrebbero essere eliminati dalla pronuncia demolitoria in appello, occorre evidenziare come il T.A.R., sebbene si soffermi sull’esistenza o meno del citato vincolo preordinato all’esproprio, afferma espressamente in dispositivo di annullare solo ed unicamente il decreto di occupazione d’urgenza n. 15 del 21 settembre 2006. Pertanto, essendo l’amministrazione vincolata unicamente a quanto espressamente deciso e non ulteriormente impugnato, devono ritenersi fatti salvi gli atti posti a monte del procedimento in quanto, sebbene direttamente impugnati in primo grado, non sono stati cancellati dal T.A.R..

Non esistono quindi ulteriori statuizioni, anche implicitamente lesive, sulle quali pronunciarsi in sede di appello.

8. – L’appello iscritto al n. 4949 del 2009 va quindi dichiarato inammissibile, mentre l’appello iscritto al n. 5740 del 2009 va respinto. Sussistono peraltro giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito ai ricorsi in epigrafe, così provvede:

1. Dispone la riunione dei ricorsi n. 4949 del 2009 e n. 5740 del 2009;

2. Dichiara inammissibile l’appello n. 5740 del 2009;

3. Respinge l’appello n. 4949 del 2009;

4. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – con la partecipazione dei signori:

Armando Pozzi, Presidente FF

Vito Poli, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Vito Carella, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere, Estensore
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