Cons. Stato Sez. IV, Sent., 19-01-2011, n. 383 Contratti collettivi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’appello in esame le dirigenti sopra indicate, hanno impugnato la sentenza del Tar Lazio contenente declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Il Tar ha ritenuto che "" l’atto impugnato, costituito dalla autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri alla sottoscrizione del Contratto collettivo di lavoro del personale dirigenziale con la eliminazione dell’art.23 inerente la concessione di un "premio per la professionalità acquisita" in analogia al precedente premio di anzianità, non costituisce atto immediatamente lesivo ma rappresenta….un atto di tipo preparatorio…non idoneo a fondare….un apposito ricorso".

Dinanzi al Tar le attuali appellanti, che coincidono con due dei tre ricorrenti in primo grado, avevano chiesto l’annullamento del disconoscimento ad opera del ccnl dirigenti -settore I.C.E. del "premio per la professionalità acquisita";

1) "del provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 gennaio 1997, recante l’autorizzazione del Governo alla sottoscrizione del testo del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dell’area dirigenziale e delle tipologie professionali dell’I.C.E. (periodo 1.1.1994/31.12.1997 per gli aspetti normativi e 1.1.1994/31.12.1995 per gli aspetti economici, concordato il 20.12.1996 con le organizzazioni sindacali);

2) dell’autorizzazione definitiva della Presidenza del Consiglio dei MinistriDipartimento Funzione Pubblica del 23 maggio 1997 n. 15700/97/7.515, registrata dalla Corte dei conti in data 20 maggio 1997 – atti di Governo – registro n. 107, foglio n. 17, con cui senza avviare le procedure per la registrazione con riserva, si e" proceduto alla definitiva sottoscrizione del testo del c.c.n.l. personale dirigente I.C.E. sottoscritto in data 20 dicembre 1996"

3) "di ogni altro atto comunque collegato, ivi comprese la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 settembre 1994 (a11.5) e la pronuncia della Corte dei Conti sez. controllo Stato 15 maggio 1997 con la quale la Corte ha ammesso al visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 gennaio 1997 concernente l’autorizzazione al Governo alla sottoscrizione del testo del C.C.N.L. del personale dell’area dirigenziale dell’I.C.E. relativo al periodo 1994/97, con l’esclusione dell’articolo 23.

Con l’odierno appello si chiede la riforma della sentenza impugnata, contestando, da un lato, la inoppugnabilità dell’autorizzazione governativa, ritenendo errata la qualificazione di "atto preparatorio" e, dall’altro, l’avvenuta violazione delle norme contrattuali previgenti, non modificate dal contratto in questione, da cui deriva la disparità di trattamento con il personale ICE non dirigenziale che a differenza dai dirigenti continua a percepire il "premio" in parola in base al c.c.n.l. autorizzato dalla Pres.Cons. dei Ministri in data 7 maggio 1996.

All’udienza del 14 dicembre 2010 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.

Per una maggiore comprensione della vicenda all’esame pare opportuno riferire brevemente i suoi antecedenti per come emergono dagli atti del giudizio.

Il contratto di lavoro del personale dirigente dell’ICE, sottoscritto il 25 luglio 1991, prevedeva, all’articolo 7, la corresponsione di un beneficio economico spettante al compimento del 25° e 35° anno di servizio effettivo prestato presso l’Istituto.

La predetta clausola contrattuale, con alcune modifiche intese a svincolare il beneficio dalla sola anzianita" di servizio ed a subordinarlo comunque ad una valutazione di rendimento (v.nota Pres. Con.Min. -Dip. Funzione Pubblica in data 7 maggio 1997), fu riprodotta nell’ipotesi di accordo per il personale dirigente dell’ICE per il periodo 1.1.94/31.12.97, siglato fra Amministrazione ed Organizzazioni Sindacali.

La sottoscrizione definitiva del contratto era soggetta ad autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi degli artt. 73 comma 5 e 53 comma 1 del D.Lgs. 3.2.1993 n.29, che venne concessa con provvedimento del 22.1.1997.

In sede di esame e pronuncia sul visto e conseguente registrazione del predetto decreto, la Sezione di Controllo della Corte dei Conti, con deliberazione n. 102/97 del 1 !L.5.1997 dichiarò illegittimo l’articolo 23 della ipotesi contrattuale contenente il predetto beneficio.

Conseguentemente tale articolo venne espunto dal contratto.

Le appellanti, sostenendo, in sede amministrativa, che l’articolo 7 del previgente contratto sarebbe rimasto in vigore, non essendo elencato tra quelli espressamente abrogati dall’articolo 25 del nuovo contratto, hanno ritenuto fondata la propria pretesa; in via subordinata hanno sostenuto la spettanza del rateo maturato alla data del 31.12.1993, qualificandolo come retribuzione differita.

A tale riguardo la stessa Corte dei Conti ha affermato "Sempre in connessione alla materia disciplinata dallo stesso art. 23 va – da ultimo – precisato, a livello logicosistematico, che non può permanere la validità giuridica dell’art.7 del precedente CCNL del personale dirigente dell’ICE, relativo all’istituto del premio di anzianità".(Ad Sezione Controllo delib.102/97 pag.4)

In ogni caso, ha sostenuto a sua volta il Ministero del TesoroRagionaria Generale dello Stato, con nota prot.n. 153906/1998) "il richiamato articolo 25 dispone l’abolizione di tutte le norme previgenti incompatibili, nè l’elencazione degli articoli aboliti può ritenersi tassativa".

Ciò premesso, il collegio ritiene, anzitutto, che la sentenza di primo grado sia certamente errata per aver affermato tout court l’inammissibilità dell’impugnazione dell’autorizzazione alla sottoscrizione del contratto in parola, volendo in contrario confermare in ordine al punto in esame la decisione di questa Sezione n.9389/2010 (adottata nella camera di consiglio tenutasi ad esito della stessa odierna pubblica udienza) attesa l’assoluta identità del profilo qui in questione con quello ivi esaminato, e condividendola pienamente anche con riferimento ai limiti entro i quali tale impugnazione è consentita.

La sentenza di primo grado non può per ciò stesso essere confermata.

Occorre quindi passare all’esame del merito della questione emergente dall’impugnazione proposta dalle predette dirigenti dell’I.C.E.

Il collegio non ritiene che l’appello meriti l’accoglimento.

L’eliminazione del "premio" in parola dal contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dell’area dirigenziale e delle tipologie professionali I.C.E. periodo 1994/1997, appare invero, giustificata sotto un triplice aspetto.

Anzitutto, per incompatibilità di tale compenso con il trattamento economico complessivo riconosciuto ai dirigenti con il contratto 19941997 in parola, di cui prende atto il citato art.25 di esso che, come già rilevato, dispone l’abolizione di tutte le norme previgenti incompatibili e quindi anche dell’art.7 del previgente contratto, per vero inutilmente invocato dalle appellanti.

Abolizione che, inoltre, sia aggiunto per rafforzare quanto poc’anzi ritenuto, non contrasta con alcuno dei limiti a cui deve soggiacere la contrattazione collettiva (v.sentenza citata di questa Sezione)

In secondo luogo, la discussa abolizione del "premio" appare coerente con le prescrizioni contenute nella direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 5 settembre 1994, non oggetto di specifica deduzione difensiva seppure richiamata espressamente dall’autorizzazione impugnata, che pone il divieto di incrementi automatici della retribuzione non collegati al merito, venendo consentiti solamente, nel rispetto dei vincoli derivanti dalle disponibilità finanziarie, sistemi retributivi ed incentivi svincolati dalla progressione per anzianità.

Infine, per l’insussistenza della lamentata disparità di trattamento con il personale I.C.E. non dirigente, al quale il premio in parola è stato riconosciuto con il contratto collettivo nazionale del 1996.

Infatti con l’art.2, comma 1, lett.c, n.5) della delega conferita con la legge n.421 del 23.10.1992, è stata introdotta la disciplina di "un’apposita, separata area di contrattazione per il personale dirigenziale", che non può essere messa a tacere prospettando, come pretenderebbero le appellanti, commistioni di trattamenti retributivi perseguite attraverso la richiesta di estensione applicativa di voci del contratto dei non dirigenti I.C.E., dalla quale oltretutto, se accolta, deriverebbe un vulnus ai rigorosi limiti imposti alla spesa pubblica, il cui controllo sistematico rientra tra gli obiettivi strategici della svolta ordinamentale realizzata con la "privatizzazione" del pubblico impiego introdotta dalla legge appena richiamata, e che rappresenta per questo giudice un vincolo ineludibile nell’ interpretazione delle norme del contratto collettivo di lavoro dei dirigenti del medesimo Istituto.

L’appello deve quindi essere respinto, con la conseguente riforma della sentenza impugnata alla luce della motivazione di rigetto che precede.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge con diversa motivazione.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese di causa che si liquidano per entrambi i gradi di giudizio in euro 5.000,00

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente FF

Vito Poli, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere, Estensore

Vito Carella, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere
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